di Rudolf Nureyev
Valentina Bonelli
Carattere ed esotismo di un classico imperiale.
L’omaggio a Rudolf Nureyev, nell’anno che segna l’ottantesimo anniversario della nascita e il venticinquesimo dalla scomparsa prosegue anche a luglio con cinque rappresentazioni di Don Chisciotte, uno dei veri cavalli di battaglia della Compagnia, in repertorio alla Scala dal 1980 con Nureyev protagonista accanto a Carla Fracci, applaudito anche nel 2016 – anno che coincideva con il 400° anniversario della morte di Cervantes – alla Scala e a Tokyo, e in procinto di essere protagonista, assieme a Giselle, di due importanti tournée internazionali in autunno. Accanto ai due anniversari legati a Nureyev, il 2018 è l’anno delle celebrazioni dei 200 anni dalla nascita di Marius Petipa; la ripresa di Don Chisciotte permetterà, nell’incontro curato da Valentina Bonelli con l’ausilio di contributi video, di evidenziare i legami fra Petipa e Nureyev, nel segno dell’eredità e della originalità. «Per Marius Petipa – commenta Valentina Bonelli – Don Chisciotte era un titolo amatissimo perché gli ricordava la giovinezza scapestrata vissuta in Spagna, prima del glorioso mezzo secolo da maître de ballet dei Teatri Imperiali russi. Come ricorda nelle sue Memorie, proprio in Andalusia Petipa aveva appreso quelle esotiche danze nazionali che profonderà nell’originaria produzione del 1869 per il Teatro Bol’šoj di Mosca e in quella del 1871 revisionata in una cornice più classica per il pubblico aristocratico di San Pietroburgo. Vedere il suo balletto “sfigurato” dall’allievo Aleksandr Gorskij, che a partire dal 1900 lo allestirà a Mosca e San Pietroburgo secondo gli stilemi d’avanguardia della “nuova scuola”, sarà per l’anziano maestro un colpo durissimo; ma proprio attraverso la versione di Gorskij, più volte rimaneggiata da dotati coreografi dell’epoca sovietica, il balletto è giunto sino a noi. Rudolf Nureyev, che appena ventunenne aveva danzato al Teatro Kirov di Leningrado la produzione sovietica discesa da quella di Petipa, contribuì a far conoscere e amare in Occidente questo classico, con una versione perfettamente nel suo stile, che se non epurava le danze di carattere le ammantava di un più algido classicismo, indulgeva nell’impervio virtuosismo di pas de deux e variazioni e velava di inquietudine gli snodi drammaturgici.»
Critico di danza e storico di balletto, Valentina Bonelli ha tradotto in italiano e curato le Memorie di Marius Petipa (Gremese 2010), libro vincitore del premio “Danza & Danza”, e i Diari (1903-1907) di Marius Petipa (DNZ Media, 2018). Ha scritto “Le ballerine italiane a San Pietroburgo” in La danza italiana in Europa nell’Ottocento (Aracne 2013) ed è autrice del libro di balletto per l’infanzia Ballerina (Red 2010). Collabora dal 2000 con la rivista Vogue Italia, dal 2013 con il bimestrale Danza & Danza, dal 2015 con il mensile Amadeus dove firma la rubrica di danza ed è corrispondente dall’Italia per le riviste di danza Danstidningen (Svezia) e Shinshokan (Giappone). Firma presentazioni e saggi per i principali teatri e festival italiani di danza, tiene seminari di Storia del balletto e ha vinto il premio “L’Italia che danza” 2012 per la sezione giornalismo.
Ingresso libero fino ad esaurimento posti