Esiste una sottile continuità, casuale o meno, fra l’ultimo spettacolo visto al Teatro dell’Opera di Roma pochi giorni fa prima della pausa estiva, e il primo che apre la stagione 2018 alle Terme di Caracalla: come La Bohème secondo Alex Ollè dimenticava Parigi per trasferirsi un una periferia metropolitana contemporanea, anche La Traviata di Verdi, nel nuovo allestimento pensato da Lorenzo Mariani per lo scenario mozzafiato delle Terme, abbandona la capitale francese di fine Ottocento per trasferirsi nella Roma fellinina degli Anni Cinquanta, nel pieno della dolce vita.
In scena dal 3 luglio (ore 21, per 9 recite fino al 20 luglio), La Traviata secondo Mariani inaugura ufficialmente la stagione d’opera alle Terme di Caracalla dopo i soldi out degli Extra (di lusso), da Paolo Conte a Ennio Morricone, e rispecchia perfettamente la nuova “politica” inaugurata da qualche anno a questa parte nel cartellone estivo del teatro.
“Il nuovo allestimento che apre la stagione d’opera estiva rispecchia i caratteri specifici che abbiano ricercato per gli spazi di Caracalla – spiega il Sovrintendente del Teatro capitolino, Carlo Fuortes – Puntiamo alla qualità degli allestimenti, alla popolarità anche storica per il pubblico di un luogo che vanta una sorta di equivalente nell’Arena di Verona, ma anche il piacere, quello di ritrovarsi in un luogo magico e respirarne l’atmosfera”.
Qualità, popolarità e piacere sono quindi i cardini fondamentali in un programma che non può ignorare i grandi spazi di Caracalla (con i suoi 4000 posti) che attirano non solo i romani, ma anche molti turisti.
“Una scelta che ci ha dato grandi soddisfazioni – è il bilancio di Fuortes – dato che dal 2013, da quando abbiamo posto l’attenzione su questi aspetti, ad ora, gli incassi sono praticamente triplicati. Siamo passati da 1.5 milione e mezzo introiti con la speranza concreta e la previsione di chiudere quest’anno a 5 milioni”.
“Un titolo come La Traviata soddisfa esattamente tutte le caratteristiche richieste dalla stagione estiva” ”, ribadisce il Sovrintendente, pronto quindi a richiamare il newyorkese Lorenzo Mariani, già regista di uno spumeggiante e coloratissimo Barbiere di Siviglia in stile hollywoodiano nella stagione estiva 2014 (poi ripreso nel 2016) che rispecchia perfettamente gli aspetti di “popolarità, qualità, piacere” senza dimenticare la spettacolarità che il pubblico, soprattutto estivo, non pare disdegnare.
E se realizzare uno spettacolo per gli spazi di Caracalla è sempre molto difficile e impegnativo, il regista “ha risolto tutto in modo molto brillante spostando l’azione nella Roma della Dolce Vita degli Anni Cinquanta” anticipa il Sovrintendente.
Insomma, sarà una Traviata totalmente diversa rispetto alla Traviata dei record di Sofia Coppola-Valentino, ormai entrata del repertorio del Costanzi dal 2015 e ripresa a ogni stagione con enorme successo: l’idea di trasferire l’opera di Verdi nella Roma fellininana, prepotentemente entrata nell’immaginario collettivo, nasce dalla consapevolezza di Mariani che in fondo la storia si ripete e che la Parigi di fine Ottocento e la Roma degli anni Cinquanta sono due società altrettante feroci e spietate.
“La Traviata rappresenta una delle storie più crudeli e violente da cui si può imparare molto – esordisce il regista spiegando la genesi del suo allestimento – Violetta lotta per vivere una vita piena e libera, ma la sua è una battaglia persa. Sono partito dalle fonti e ho riletto Dumas, percepito emozioni quasi insopportabili in un mondo così privo di speranze. E ho pensato proprio a come avrei potuto dipingere questo mondo così privo di speranze”.
La molla, ancora una volta, scatta grazie al cinema che esercita un fascino inequivocabile e non indifferente su tutto il lavoro di Mariani.
“Mi è venuta in mente una frase del film 8 e mezzo di Fellini che si dice si riferisce proprio alla Dolce vita: il medico chiede al regista in crisi Mastroianni, alter ego di Federico, se la pellicola in preparazione non sia un “altro film senza speranza” riferendosi proprio alla Dolce vita” spiega il regista spiegando anche che lo stesso commento sulla cupezza della Dolce vita sia stato rivolto a Fellini anche dal produttore Angelo Rizzoli.
“Nonostante le apparenze – continua il regista – la Dolce vita è un ritratto spietato della Roma e dell’Italia degli anni Cinquanta esattamente come lo è la Parigi di fine Ottocento che divora le persone fino a distruggerle ed è la storia della vittima di una società cinica e falsa. Un ritratto atroce mascherato attraverso la festosità e la frenesia della società”.
Il rischio di banalizzare un’opera così popolare è altissimo, ma Mariani ha puntato anche sulla qualità della musica, affidandosi alla ricercata bacchetta del Maestro Yves Abel, al terzo podio alle Terme di Caracalla dopo la doppia Madame Butterfly della Fura dels Baus (2015 e 2016) e il Barbiere diretto da Mariani.
“Sono felice di lavorare con un’orchestra che tanto bene conosce Verdi” dice il direttore spiegando come da un punto di vista musicale abbia “cercato di sottolineare il contrasto fra le scene pubbliche all’insegna delle pazzie e delle follia e le scene private intimiste e personali di taglio completamente diverso”.
Indispensabile un cast, qui doppio per le nove recite in programma, all’altezza della situazione, non solo da un punto di vista vocale, ma anche interpretativo per rendere credibile l’incontro di “due giovani che vivano – spiega Mariani – una travolgente passione inaspettata”.
Un doppio cast che vede la presenza di Kristina Mkhitaryan che si alterna a Valentina Varriale (4, 6 e 8 luglio), sempre più presente al Costanzi dopo il lavoro a “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma.
Nel ruolo di Alfredo Germont si alterneranno Alessandro Scotto di Luzio e Giulio Pelligra (4, 6, 8, 17 e 20 luglio), nel ruolo di Germont Fabián Veloz e Marcello Rosiello (4, 6 e 8 luglio), Roberto Accurso è il Barone Douphol, Graziano Dallavalle il dottor Grenvil, mentre Irida Dragoti, Flora Bervoix, Rafaela Albuquerque, Annina e Murat Can Güvem, Gastone, arrivano dal progetto “Fabbrica”. In scena il Coro del Teatro dell’Opera di Roma diretto dal Maestro Roberto Gabbiani.
“Al momento di allestire il lavoro – prosegue Mariani – ci si trova davanti alla missione impossibile di sposare lo spettacolo con i monumenti. È impossibile gareggiare con loro perché si è già perso in partenza. E se nel Barbiere abbiamo cercato di mantenerli sullo sfondo in stile cartolina, nella Traviata abbiamo cercato di integrarli di integrarli con le proiezioni nella storia dei protagonisti”.
L’obiettivo è di riuscire a coniugare anche nelle scene (di Alessandro Camera) “empatia per la storia di Violetta in una società spietata e senza speranza con l’intento di fare qualcosa” e senza dimenticare lo spettacolo assicurato anche dal primo atto ambientato a Via Veneto con tanto di paparazzi e con tutta l’eleganza e la raffinatezza della Roma anni 50 nei costumi di Silvia Aymonino che citano il glamour e il lusso della moda delle sorelle Fontana.
“Sono tanti i teatri che rinunciano alle produzioni in questo periodo anche per ragioni economiche. L’Opera di Roma è in totale controtendenza e diventa punto di riferimento in ambito culturale perché ha avuto coraggio in questi anni ed è stata premiata – osserva Mariani – nella cultura più ci fermiamo, più gli altri ci sorpassano”.
E l’auspicio è di trovare il coinvolgimento della platea intera.
“Spero che il pubblico si diverta, ma che soprattutto, si commuova”. Non resta che verificare. Vedere per credere.
Dopo la prima di martedì 3 luglio che apre la stagione, La traviata di Verdi sarà replicata anche mercoledì 4, giovedì 5, venerdì 6, sabato 7, domenica 8, venerdì 13, domenica 15, venerdì 20 luglio. Info e biglietti su operaroma.it.