Se cercate lo spettacolo, non rimarrete delusi: La Traviata di Verdi in scena alle Terme di Caracalla di Roma che apre la stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma, non tradisce le aspettative di un pubblico pronto a godersi la più eseguita (probabilmente) delle opere al mondo.
Il ricco e dispendioso allestimento (in scena fino al 20 luglio e che sarà ripreso anche nel cartellone 2019 di Caracalla) porta la firma inconfondibile di Lorenzo Mariani, regista newyorkese che torna a Caracalla dopo Il Barbiere in stile hollywoodiano del 2014 e cede ancora al fascino del cinema tanto da trasferire la storia di Violetta Valery dalla Parigi di fine Ottocento alla Roma felliniana della dolce vita.
Uno spostamento che, assicura il regista, nasce dalla consapevolezza che in fondo nonostante siano trascorsi 100 anni, la società parigina e quella romana sono identiche: sono due mondi senza speranza che nella loro crudeltà e nel loro cinismo finiscono per stritolare dietro le suadenti apparenze, uomini e donne.
Ed è questa anche la “fine” di Violetta Valery, trasformata in una star del cinema con il nome che troneggia sulla gigantesca locandina cinematografica sul palco delle Terme di Caracalla:
Catapultata in scena fin dall’ouverture, Violetta, pensosa e angosciata, appare schiacciata dal peso del suo personaggio e dalla società, assediata dai paparazzi felliniani che la inseguono costantemente con i flash: lei, vinta, si “veste” del suo personaggio, e fra tacchi alti e occhiali da sole si trasforma nella diva che si offre in pasto alla società. Intorno a lei nel primo atto è tutto un pullulare di dolce vita della Via Veneto, una passerella senz’anima: bellissimi i costumi di Silvia Aymonino che ricrea tutta l’eleganza degli Anni Cinquanta-Sessanta nei modelli, le stampe, le stole di pelliccia o gli occhiali da diva.
Mariani reinterpreta e manipola a suo piacimento ogni tema e ogni scena, ma sempre in modo coerente con l’idea collettiva dello spettacolo: dall’evocata Via Veneto del primo atto, Violetta si sposta poi nella sua camera da letto e riflette pensosa; il secondo atto viene ambientato in una lussuosa villa di Capri con tanto di sdraio e gazebo, poi in un simil locale in stile dolce vita fra spogliarelliste in guepiere, reggicalze e pellicce, ricreando l’atmosfera felliniana delle feste e del travestimento e nel terzo atto, quando tutto è perduto, Violetta muore fra le “macerie” della sua locandina che la travolge.
Il regista si riserva massima libertà cercando di coniugare tutti gli aspetti, spettacolarità e dramma, e mentre il senso intimo del dramma prova ad emergere nelle scene private, la spettacolarità viene garantita dalla tendenza a riempire il palco in ogni dove, quasi a sovraffollarlo di oggetti e di azione, coinvolgendo nelle scene di Alessandro Camera anche le maestose strutture delle Terme con tanto di proiezioni, ma quasi a celare i personaggi principali.
Lo spettacolo è assicurato, ma di tanto in tanto poco collimano la tendenza alla verosimiglianza e la totale fantasia in altri momenti (con un scenario apocalittico nel terzo atto, senza letto e Violetta quasi sempre in piedi).
Non tradizionale nel senso stretto del termine, ma senza tradire le aspettative degli spettacoli pensati per le Terme di Caracalla rispettandone pienamente lo spirito, questa Traviata felliniana viene forse penalizzata dalla lunghezza eccessiva dei tempi (con tre cambi di scena) che quasi spezzano la continuità della musica e del dramma. Sul palco si distingue la direzione d’Orchestra del maestro Yves Abel (che tornerà al Costanzi per il Flauto magico a ottobre) attento a sottolineare il taglio diverso della musica fra i momenti pubblici e privati e confermando quanto viene proposto in scena.
Due i cast in scena: l’Opera punta sul suo talento di Fabbrica, Valentina Varriale, Violetta vocalmente all’altezza della situazione (si alterna con la bravissima Kristina Mkhitaryan) che duetta con l’Alfredo di Giulio Pelligra, meglio dal secondo atto in poi (si alterna con Alessandro Scotto di Luzio), ottimo Giorgio Germont di Marcello Rosiello (che si alterna con Fabián Veloz), brava Irida Dragoti, Flora Bervoix che come Rafaela Albuquerque (Annina) e Murat Can Güvem (Gastone) fanno parte del progetto “Fabbrica”.
Ancora tre repliche, venerdì 13, domenica 15, venerdì 20 luglio. Info e biglietti su operaroma.it.