Il fermento e la partecipazione di un vasto pubblico alle celebrazioni rossiniane ci spinge a fare un salto nel passato, per trovare un artista marchigiano dell’800, amico ed estimatore di Rossini, che contribuì a diffondere nel mondo le opere rossiniane e a riscoprire quelle che già alla metà dell’800 erano scomparse dai teatri. Mario Tiberini, nato a San Lorenzo in Campo (PU) l’8 settembre 1826, debuttò come tenore contraltino nel ruolo di Idreno in Semiramide nel 1851 al Teatro Argentina di Roma.
Come Conte d’Almaviva portò Il Barbiere di Siviglia a Cuba, negli States (dove venne presentato come discendente dell’imperatore Tiberio), in Europa e ovviamente in Italia per ben 18 anni, dal 1855 al 1873, nei teatri di Barcellona, Milano, Berlino, Napoli, Trieste, Madrid, Siviglia, Lisbona.
Dopo il 1859 Tiberini si esibì quasi sempre insieme alla moglie, il soprano bergamasco Angiolina Ortolani (scoperta da Donizetti), che Tiberini aveva sposato in quell’anno a Barcellona. A Barcellona la Ortolani, che aveva un buon metodo di canto rossiniano ma un timbro vocale non proprio adatto a Rosina, inserì nella scena della lezione di musica il Bolero de La Juive di Halévy, che dovette bissare. Al Teatro alla Scala di Milano il 21 febbraio 1861 Tiberini “nella difficile parte del Conte d’Almaviva fu applaudito freneticamente per la grazia del canto e per la squisitezza dell’accento”.
Filadelfia, New York e solo Bergamo in Italia lo accolsero come protagonista di Otello. Dal 1859 al 1869 i teatri di Torino, Trieste, Venezia, Firenze, Madrid lo ingaggiarono per L’Assedio di Corinto, Guglielmo Tell, La donna del lago, Mosè, Stabat Mater, Le Comte Ory.
Le otto recite del Guglielmo Tell al Teatro Regio di Torino dal 15 febbraio al 20 marzo 1860 si alternavano con le quattordici recite di Lucia di Lammermoor di Donizetti e i coniugi Tiberini cantavano in entrambe le opere. “La Ortolani è sempre cantante corretta ed elegante, il Tiberini è insuperabile nei pezzi di grazia e di sentimento e, dove si richiede forza, trova modo di farsi applaudire senza fare inutile spreco di voce” (L’Opinione del 23 febbraio 1860).
Una curiosità che fa capire la tempra delle donne di una volta: La Ortolani era all’ottavo mese di gravidanza alla prima del Tell, cantò fino al giorno prima della nascita del primogenito Arturo che avvenne il 13 marzo e tornò a cantare una settimana dopo il parto.
Un riconoscimento speciale inoltre va riservato ai coniugi Tiberini per aver riportato in palcoscenico, dopo anni di oblio, Matilde di Shabran. Nel 1859 al Gran Teatro del Liceu di Barcellona per sei recite Tiberini fu un Corradino dalla “gola agile e idonea a lanciare variazioni e gorgheggi…pochi tenori potrebbero competere con lui nell’esecuzione del canto rossiniano”; Matilde era naturalmente l’Angiolina che il tenore aveva sposato dieci giorni prima. E da allora Matilde di Shabran rimarrà in auge in tutta Europa con la coppia Tiberini fino al 1875. Era diventata il loro cavallo di battaglia. “Il signor Tiberini possiede l’arte del canto e lo stesso Rossini non potrebbe desiderare miglior interprete” (Frassoni: Due secoli di lirica a Genova), a Trieste restò in cartellone due mesi per diciotto recite “una vera festa, quale da lungo tempo non s’era veduta in questo teatro” scrive Carlo Bottura, a Parigi al Théâtre des Italiens “Tiberini ha entusiasmato gli spettatori, molti pezzi vennero replicati” (La Gazzetta musicale di Milano), al San Carlo di Napoli tredici furono le recite nel 1869, poi fu la volta di Madrid, Cadice, Vienna, Lisbona, Venezia, Udine.
Le due opere clou del repertorio rossiniano di Mario Tiberini sono dunque Matilde di Shabran e Il Barbiere di Siviglia.
E poi tanti concerti rossiniani, molti per le famose beneficiate a favore di enti o imprese, non ultime quella per la spedizione dei Mille e quella per la costruzione della statua a Daniele Manin a Venezia.
Rossini aveva stima di Tiberini che chiamava “il celebre tenore”, come si evince da una lettera, inviata da Rossini ad un signore di Spoleto per ordinare tartufo e vino santo. Così scrive: “Per il così detto vino santo di Trevi è bene ch’essa sappia che il celebre tenore Tiberini mi mandò alcuni piccoli fiaschetti in nome di un dilettante di musica di Spoleto, senza indicarmi il nome! Io riconoscente mandai un ritrattino fotografico al detto Tiberini onde lo facesse tenere a detto dilettante qual segno di mia gratitudine al donatore di quel vin santo trovato delizioso dai Parigini!”
Essere definito “celebre” da Rossini e più tardi “superbo” da Verdi non è poco. Non mi risulta che altri cantanti d’opera marchigiani dell’epoca abbiano avuto questo privilegio. E non dimentichiamo la contesa per l’ingaggio di Tiberini nel 1869 tra Verdi e Marchetti, il compositore marchigiano di Bolognola che dovrebbe essere riportato agli onori del palcoscenico, come è stato fatto con Tiberini, che l’associazione musicale a lui intitolata ricorda da 27 anni col noto Premio Lirico Internazionale Tiberini d’oro, conferito ai più importanti artisti del panorama lirico mondiale e con la pubblicazione di un libro sulla strepitosa carriera del tenore dei due mondi.