Un “domatore” istituzionale e una donna ribelle sono i protagonisti de La Bisbetica domata di Shakespeare con la traduzione, l’adattamento e la regia di Loredana Scaramella, nuovo appuntamento della stagione estiva del Silvano Toti Globe Theatre, il teatro del Bardo riprodotto nel cuore di Roma, in scena dal 31 agosto (al 16 settembre).
Una versione moderna, collocata alla fine degli Anni Trenta, ma che mantiene inalterato lo sfacciato e l’impertinente gioco della guerra dei sessi, ma anche lo specchio fra l’arte e il potere nella vivacità dei dialoghi shakespeariani.
“È ancora possibile in quell’epoca l’idea di una doma della femmina, ma la donna ha gli strumenti per opporsi e la battaglia dei sessi vive un momento cruciale, particolarmente appassionante” sottolinea la Scaramella che mantiene lo stesso quadro della commedia del Bardo con la beffa ai danni dell’ubriacone Sly.
La taverna di Shakespeare viene subito trasformata in una pensione-ristorante che ospita l’arrivo di un gruppo di musicisti e attori di avanspettacolo che invadono la scena con tanto di valigie, biciclette, un baule armadio.
Ma è ancora l’uomo di potere a proporre ai commedianti una pièce di suo gradimento tenendo per sé il ruolo del protagonista Petruccio interpretato da Mauro Santopietro che è invaghito dell’eccentrica cantante Carlotta, qui Carlotta Proietti. Fra musical, kabarett tedesco e varietà, va in scena un’esuberante e irresistibile, ma divertente guerra dei sessi sullo sfondo del potere della contaminazione fra teatro e realtà.
L’allestimento romano segna anche il debutto nella prosa teatrale di Gabrio Gentilini, attore e performer, al primo banco di prova con un testo del Bardo dopo lo studio a New York presso il The Acting Studio e dopo il debutto nella fiction televisiva: 29 anni, nato a Forlì, Gentilini vanta già un curriculum notevole come protagonista del teatro musicale italiano, dopo aver interpretato tanti musical diversi e tanti ruoli importanti inclusi quelli di Johnny Castle in Dirty Dancing (2014-2015), al Teatro Nazionale di Milano, all’Arena di Verona e al Gran Teatro di Roma e del mitico Tony Manero-John Travolta ne La Febbre del Sabato Sera (2012-2013).
Nella Bisbetica domata di Loredana Scaramella, Gabrio Gentilini debutta nel duplice ruolo del servitore Curzio e del vecchio mercante Vincenzo.
Abbiamo parlato con Gabrio proprio a ridosso del suo debutto per conoscere qualcosa in più delle sue esperienze nel musical, dei suoi studi a New York e del suo approccio al teatro.
Dopo anni di musical, arriva la prosa in teatro. Come vivi questo debutto importante nella prosa alle prese con Shakespeare e proprio nel Globe, il suo teatro “originale”, qui nel cuore di Roma?
Approdare al mondo della prosa era un sogno che volevo realizzare da tempo. Riuscire a farlo diventare realtà proprio in questo scenario così prestigioso e suggestivo, mi fa sentire veramente privilegiato, onorato ed estremamente grato.
Qual è la tua opera preferita di Shakespeare e qual è ruolo di Shakespeare che vorresti interpretare?
Ho nel cuore “Molto rumore per nulla”, che da adolescente, interpretando il giovane Claudio, misi in scena con Qaos, la mia allora compagnia amatoriale di Forlì. Certamente, con la maturità e l’esperienza giuste, mi piacerebbe interpretare la grande figura di Amleto. E anche Iago nell’Otello non mi dispiacerebbe affatto.
Raccontaci un dettaglio, qualcosa che caratterizza i tuoi due personaggi nella Bisbetica, Curzio e Vincenzo e il taglio che hai voluto offrire loro.
Il ruolo del domestico Curzio è quello di rappresentare l’atmosfera della casa del protagonista Petruccio, che la regista Scaramella ha immaginato a tinte noir e grottesche; questo viene reso con la sua gestualità e vocalità che suggeriscono ambiguità sessuale, esoterismo e commedia: quasi un incontro tra Frankenstein Junior e Rocky Horror Picture Show.
Il ruolo dell’anziano Vincenzo l’ho approcciato essenzialmente tramite la postura e la vocalità; la sfida sarà rendermi credibile e non macchiettistico in un ruolo dall’età molto lontana dalla mia.
Attore, cantante, ballerino, performer: sei molto eclettico, ma qual è la forma artistica che ti resta più congeniale?
Sicuramente attore. Dietro ogni storia che racconto, che sia col movimento o con la voce, canto o parola, c’è sempre il desiderio di dare vita ed espansione a nuove parti di me, attraverso l’interpretazione di un personaggio, che plasmo partendo da un approccio attoriale e del tutto personale.
Svelaci il musical a cui sei più affezionato e il tuo ruolo preferito.
“La Febbre del sabato sera” dove interpretavo Tony Manero. Riguardando quell’esperienza, ritrovo tutte le spinte interne che mi hanno aiutato ad emergere come giovane protagonista e il coraggio che mi accompagna ad andare avanti su questa strada artistica. Tony Manero mi ha dato l’opportunità di mettermi in gioco sotto molteplici aspetti, non solo artistici e creativi, e mi ha fatto intuire quanto sia importante formarsi anche come uomo, per reggere la pressione di stare in prima linea in un grande show con tutte le conseguenze, positive e non, che ne susseguono.
Raccontaci qualcosa dei tuoi studi, della formazione a New York: è molto diversa rispetto all’Italia?
Ho avuto il piacere di perfezionare la mia tecnica attoriale presso il The Acting Studio di New York nel 2016. L’approccio americano è quello di far sì che la recitazione sia naturale ed autentica ma allo stesso tempo densa di emozioni. Si distacca quindi da quell’impostazione fatta di intonazioni, scelte stilistiche ed estetiche che spesso vengono imposte nelle Accademie Italiane. È una recitazione che si nutre del momento, del qui e dell’ora e permette all’artista di creare istante dopo istante la propria performance senza predefinirla in maniera meccanica e ripetitiva.
Dal musical alla televisione al doppiaggio, alla prosa: che cosa ti piace di più e quali sono i tuoi “maestri”?
Recitare in generale. Che sia a teatro o di fronte alla telecamera. Ci sono tante figure dello spettacolo da cui mi lascio ispirare. Ma devo dire che a farmi da maestre sono le esperienze di grandi personaggi, non importa di quale campo, che sono riusciti grazie al loro successo a lanciare messaggi importanti.
Nell’approccio recitato invece, da circa tre anni mi interesso e pratico il metodo Meisner, che ho avuto il piacere di affrontare con il Direttore del The Acting Studio di NY James Price. Tra l’altro recentemente ho organizzato una Masterclass sul metodo Meisner a Roma con acting coach proprio lo stesso James. E visto il grande successo stiamo già pensando a una seconda edizione.
Il tuo giudizio sugli adattamenti contemporanei dei classici, sempre più frequenti: come ti poni e come hai approcciato l’allestimento della Scaramella?
Quando l’idea è azzeccata e sa valorizzare la storia di un grande classico, magari risaltandone tematiche che risultano del tutto attuali, è sempre bello vedere riadattamenti in altri contesti ed epoche. Nel caso di questo allestimento la Scaramella pone la vicenda alla fine degli anni ‘30 del ‘900, nel pieno dell’avanspettacolo: in quell’epoca le donne comuni guardavano molto alle ragazze dello spettacolo come esempi di emancipazione e indipendenza rispetto all’uomo e credo che questo permetta di inserire facilmente la vicenda di Caterina la Bisbetica, ampliandone i confini e con l’inserimento di numeri musicali che prendono i colori del varietà e le ombre del kabaret tedesco.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Un altro testo teatrale, inedito questa volta. Altro non posso dire al momento, ma spero di ritrovarvi presto qui per raccontarvelo assieme ad altre novità.
Sul palco, fra gli altri, anche Sara Putignano (Bianca), Roberto Mantovani (Battista), Giulio Cavallini (Lucenzio), Diego Facciotti (Ortensio) e le musiche dal vivo del quartetto William Kemp. L’appuntamento con la Bisbetica domata è dal 31 luglio al 16 settembre, ore 21.15 al Silvano Toti Globe Theatre di Roma, info www.globetheatreroma.com.