È necessario fare. L’essere umano è un animale organizzato. Tutti fanno, tutti si muovono, si agitano, si affannano per fare qualcosa, per portare a termine degli impegni, imposti ed auto imposti. Chi non fa non è degno di interesse da parte della società. Si fa a gara a chi ha le giornate più piene, a chi si trastulla in inutili commissioni. Il Nullafacente invece va controtendenza. La sua missione è quella di stare fermo mentre gli altri agiscono, ma nonostante ciò, nel momento in cui decide di non fare, sta prendendo una posizione, sta agendo, impegnandosi appunto nel non fare. Così passano le loro giornate il protagonista di questa vicenda, scritta e interpretata da Michele Santeramo, e sua moglie, malata terminale. Intorno ai due personaggi invece si accavallano le voci e le azioni del fratello di lei, del proprietario di casa, disperato perché i due coniugi non pagano l’affitto, e del dottore. Si crea così una dicotomia di forze, un confronto continuo tra le due parti e un ostinarsi da parte del Nullafacente di non cedere alle pressioni di chi invece vorrebbe che agisse per lavorare e pagare così gli insoluti e per poter comprare le medicine alla la moglie. Il Nullafacente però non si fa influenzare, la moglie morirà, questo è l’unico evento inevitabile, e allora perché ritardare di pochi giorni, mesi, questo decadimento senza soluzione? Perché, si interroga e domanda alla moglie, voler rompere un’armonia e un equilibrio raggiunto per affannarsi a ritardare l’inevitabile? Da qui nasce la riflessione su come sia giusto impiegare il tempo che rimane a ogni essere umano prima dell’inesorabile fine; la morte è l’unica certezza in una vita che sembra solo un’illusione, un gioco bizzarro ad ostacoli di cui non conosciamo a pieno le regole e al quale non si vince arrivando per primi. Noi siamo così solo pedine superflue, scaraventate in questo pianeta per un capriccio e uno scherzo, l’unico modo di ribellarsi è quello di cambiare le regole del gioco. In questo contesto il protagonista della vicenda è l’unico personaggio lucido, che prende una decisione profonda, ma al contempo, destinata a fallire. L’obiettivo cruciale di questo uomo è quello di fare in modo che il mondo esterno non minacci e non si intrometta in quello scorrere lento delle giornate, tutte uguali a se stesse, tutte incentrare su un incontro con il proprio io, senza alcuna intromissione esterna, per cogliere a pieno e godere di ogni attimo della propria esistenza. La missione è destinata a fallire, le intromissioni esterne sono troppe, l’uomo è debole.
Il testo di Santeramo, diretto da Roberto Bacci, porta lo spettatore a interrogarsi su questi quesiti,con leggerezza e una punta di ironia. Lo spettatore ride anche, ma in modo amaro, pur imponendosi di credere di non essere coinvolto, di assistere ad un teatrino di cui non fa parte.