Torna Michele Santeramo, autore di testi teatrali e narratore, con Storia d’amore e di calcio, scritto e prodotto nel 2012 con Teatro Minimo. La lunga carriera di Santeramo è costellata di successi e innovazioni. Nel 2011 vince il Premio Riccione per il Teatro con il testo “Il Guaritore”. Nel 2013 vince il Premio Associazione Nazionale Critici di Teatro (ANCT). Pubblica nel 2014 il romanzo “La rivincita” edito da Baldini e Castoldi e in scena con la regia di Leo Muscato. Vince nel 2014 il premio Hystrio alla drammaturgia. Scrive, nel 2014, “Alla Luce”, con la regia di Roberto Bacci e la produzione di “Fondazione Pontedera Teatro”. “Il Guaritore” è fra gli spettacoli finalisti del premio UBU 2014 come migliore novità italiana e ricerca drammaturgica. Nel 2015 scrive per la produzione del Teatro di Roma e la regia di Veronica Cruciani “Preamleto”. Nel 2017 scrive per la produzione del Piccolo Teatro di Milano “Uomini e no”, dal romanzo di Elio Vittorini. Scrive per il teatro Bellini di Napoli “Tito”. Nel 2017 il Teatro della Toscana produce “Il Nullafacente”, che lo vede in scena come protagonista, per la regia di Roberto Bacci. Conduce laboratori di drammaturgia.
Storia d’Amore e di calcio è un racconto che narra la piccola storia di un paese senza nome, che potrebbe essere qualsiasi realtà dispersa nei territori italiani, una storia dal sapore antico di un’Italia che non sembra più esserci e allo stesso tempo sempre così attuale. Dalla voce di Santeramo, accompagnata dalle note di chitarra di Sergio Altamura, nascono i numerosi caratteri dei personaggi senza volto che dipingono questa storia e forse sarebbe meglio dire queste storie agrodolci, incantate e sofferte, capaci di commuovere, emozionare e far riflettere. Mai come in questo caso il micro manifesta la sua sottile corrispondenza con il macro, la lente di ingrandimento del teatro ci rende tutti abitatori di quella piazza, delle vite che lottano nella sua polvere, dei personaggi che ne colorano le ore con la loro ironia inconsapevole. Storie di amore, di calcio, di malavita, di incontri, di sopportazione, di miseria e nobiltà, il tutto in un caleidoscopio di tipi e emozioni che ci coinvolge parola dopo parola.
“I protagonisti sono persone di cui mai si sentirà parlare. La piazza della quale si racconta non sarà mai sui giornali, eppure contiene ogni sera il pulsare profondo delle vite di quelle poche persone che spendono il tempo a inseguire sogni, perderli, innamorarsi, perdere. Questi posti, e di conseguenza queste storie, conservano il gusto di una Italia diversa da quella ogni giorno raccontata dalle troppe informazioni di cui si è vittime”. (Michele Santeramo)
Oltretutto il calcio di paese di cui si narra in questa storia non è il calcio che conosciamo oggi, non è quello giocato sotto ai riflettori della televisione, né quello fatto solo di competizione. Attorno a un pallone questa piazza ritrova il suo senso di stare insieme, di riscoprirsi comunità, nonostante tutte le contraddizioni, tutta l’amarezza di vite dimenticate, di esistenze sposate alla miseria, di vicende surreali e immancabilmente violente.
“Attraverso il calcio di paese, e i suoi personaggi – come quella di un democristiano che senza capire di pallone, sotto elezioni, si fece eleggere nel consiglio di amministrazione della squadra locale, e alla prima riunione, quando fu posto il problema di comprare i guanti per il portiere, si alzò e disse: non cominciamo, se dobbiamo comprare i guanti, li dobbiamo comprare a tutti -, attraverso questi personaggi si tenta di raccontare un mondo fatto di sentimenti semplici, come quelli di due occhi d’indiana che sanno affogarti”. (Michele Santeramo)
Attraverso l’ironia, i sentimenti e le piccole grandi cose che accadono sempre nelle periferie sembra di rivivere tutta la dolcezza di un’Italia a suoi albori, di un paese lacerato ma profondamente intriso di speranza. Non solo è un viaggio nelle periferie anonime, mano nella mano con un cantastorie, ma quasi un viaggio indietro nel tempo, avanti nel cuore, dove lo stare insieme, il viversi nel chiaroscuro della vita, è sempre un’epopea di umanità.
“Non è uno spettacolo che racconta l’attualità del pallone italiano, né le pure eccezionali imprese delle grandi squadre e dei campioni. Piuttosto assomiglia a certe serate immaginate in compagnia di Brera e Rocco, davanti alla tovaglia a quadretti di una trattoria, a bere vino, parlar di donne e solo di sfuggita riflettere sul calcio. Sono storie in cui tra giocatori e sparuto pubblico di amici, parenti e innamorate segrete, si instaura lo stesso rapporto di ascolto e di partecipazione che si spera di riuscire ogni sera a ricostruire a teatro”. (Michele Santeramo)
Di e con Michele Santeramo, Regia cortometraggi Vito Palmieri, Musiche originali Sergio Altamura, Montaggio corti Paolo Marzoni, Assitente al montaggio Clara Pellizzi, Sala, Montaggio Maxman Coop, Progetto Video Orlando Bolognesi, Costumi Chiara Fontanella, Produzione Fondazione Teatro della Toscana