Chi ha paura di Sarah Kane? s’intitola una mostra di Intercity London al Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino, dove conoscemmo di persona la rivoluzionaria, potente, radiosa Sarah Kane, di cui un autore radicale come Mark Ravenhill disse che sarebbe stata riconosciuta da Sofocle, da Shakespeare e da Racine, e di cui il grande Edward Bond scrisse post mortem che Sarah era un classico, destinata ad affrontare l’inesorabile, l’assenza di significato nel nostro teatro, nelle nostre vite e nei nostri falsi dèi. Ora che inizia Trend 2018 mancano circa quattro mesi al 20 febbraio 1999, al ventennale della morte per suicidio di Sarah Kane, che coi suoi cinque testi ha sconvolto la drammaturgia inglese e mondiale, e sentiamo che il nostro 17mo calendario bimestrale delle Nuove Frontiere della Scena Britannica al Teatro Belli, col sostegno del Ministero dei Beni Culturali, della Regione Lazio e di Roma Capitale, le deve traumi di storie, terremoti di senso e tsunami linguistici, eppure attorno a noi, fatta salva la memoria della Limonaia, e una sinfonia per voce sola che Enrico Frattaroli ha ricavato da 4.48 Psychosis, non registriamo la necessaria tensione. Non stupiamoci. Anche tutte le interessanti odierne scritture teatrali d’Oltremanica sembrano ritrarre la sindrome di un’incoscienza critica, varie forme di afasia mnemonica, un’inclinazione a derubricare e silenziare optando per l’oblio, per l’astensione. Una significativa nuvola di tacita non belligeranza sta inquinando più testi ritraenti famiglie, coppie, relazioni di rancorosi consanguinei, persone colpevoli di infanticidio, genitori di figli che hanno scelto di morire, mogli con violenze nascoste, indecisi creatori di nuova prole, e a questa accezione potremmo annettere lavori come The Cordelia Dream di Marina Carr, Jordan di Reynolds-Buffini, My Brilliant Divorce di Geraldine Aron, Conservatory di Michael West, The Prudes di Anthony Neilson, Lungs di Duncan Macmillan. Una cancellazione di identità, un’omologazione delle fake news, un immaturo rapporto coi propri genitali, un versatile transfert a seconda degli impatti femminili, un rebus di origini nel chiedere asilo, un’ereditaria insicurezza a causa d’un padre scomparso, ecco la casistica dei problemi di personalità e dei rapporti col passato in Ivan & the Dogs di Hattie Naylor, All the Things I Lied About di Katie Bonna, Harrogate di Al Smith, Growth di Luke Norris, The Bogus Woman di Kay Adshead, Yellow Moon di David Greig. Poi nei 17 titoli che abbiamo quest’anno a Trend compaiono quattro copioni legati da un presupposto di emergenza, di situazione al limite, di orrore, di panico: parliamo di BU21 di Stuart Slade, Not Not Not Not Not Enough Oxygen di Caryl Churchill, Killology di Gary Owen, A Behanding in Spokane di Martin McDonagh. Non ascriviamo a tendenze contemporanee, ma a una straordinaria zona di drammaturgia moderna il pacchetto di atti unici del percorso multimediale En Attendant Godot ideato da Glauco Mauri e Roberto Sturno con la collaborazione di Andrea Baracco, comprendente Prologo, Samuel Beckett, Atto senza parole e L’ultimo nastro di Krapp. I registi e i curatori coinvolti sono Massimo De Francovich, Francesca Manieri e Federica Rosellini, Carlo Emilio Lerici, Massimiliano Farau, Alberto Giusta, Mauri-Sturno-Baracco, Giorgina Pi, Alessandro Tedeschi, Maurizio Pepe, Carlo Sciaccaluga, Stefano Patti, Silvio Peroni, Guglielmo Guidi, Mario Scandale, Bucci-Sgrosso, Gianluigi Fogacci, Federico Zanandrea. E ci sono tre proiezioni cinematografiche: Beautiful Thing di Jonathan Harvey, Parlour Song di Jez Butterworth, Desappearing Number di Simon McBurney.
Rodolfo di Giammarco
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Orario spettacoli tutte le sere alle ore 21
Prezzo posto unico € 10
Carnet 10 ingressi € 50
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Informazioni e prenotazioni 06 5894875
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Teatro Belli – piazza Sant’Apollonia, 11a – (Trastevere)
L’iniziativa è parte del programma di Contemporaneamente Roma 2018 promossa da Roma Capitale-Assessorato alla Crescita culturale
e realizzato in collaborazione con SIAE