La Biennale continua la conquista delle Americhe attaccando su più fronti in un susseguirsi di concerti che portano il pubblico dall’Argentina alla Colombia passando per gli Stati Uniti.
Fuego argentino
Teatro alle Tese, 2 Ottobre
In una Venezia intorpidita dai primi morsi del freddo, il pubblico della Biennale guardava con trepidante attesa al fuego argentino di Piazzolla previsto al Teatro alle Tese.
Il titolo proposto Maria de Buenos Aires dove Maria, protagonista di questo tango operita, stregata dalla città argentina e dal suo tango che riempie l’aria, finisce in una casa di tolleranza fino alla sua morte in una messa nera.
Condannata nell’inferno di Buenos Aires a rinascere ogni notte per poi morire all’alba, e ritornata alla verginità, rimane gravida della parola del poeta folletto e partorirà una bimba, Maria, simbolo dell’eterna rinascita.
Questo piccolo riassunto può far intuire la complessità di un’opera che pur dotata di voce recitante che porta per mano lo spettatore lunga tutta la trama, risulta complicata per un pubblico non spagnolo (lingua del libretto di Horacio Ferrer).
In questo, la presenza di Daniel Bonilla-Torres, El Duende, la citata voce recitante, è stata sicuramente d’aiuto grazie alla sua estrema espressività.
Incanta e ammalia, in un continuo di recitazione di altissimo livello.
Ma è quando non recita che mostra la propria caratura. Impossibilitato alla parola, recita con ogni parte del corpo, sottolineando ed enfatizzando i dialoghi e monologhi altrui.
La mancanza di una idea registica (il concerto poteva definirsi in forma quasi-semi-scenica) e un deficit di bilanciamento dei volumi dagli amplificatori hanno enfatizzato le carenze di direttore e cantanti, fiaccati probabilmente anche dall’inaspettata afosità della sala.
L’espressività di Marcelo Nisinman al bandonèon è incredibile, quasi ipnotica, mentre la direzione dei bravi musicisti dell’Accademia Musicale Pescarese è risultata a volte timida, lasciandoli privi di una guida in determinati punti come nella Fuga Y Misterio.
I già detti problemi ai volumi delle amplificazioni dei cantanti (ma era necessaria l’amplificazione in uno spazio come il Teatro alle Tese?) soverchiavano purtroppo l’Ensemble che invece nei momenti puramente strumentali è stata efficace, merito anche degli interventi capaci del primo violino Federica Vignoni e della chitarra Massimo Felici, dando pienamente forma alle armonie estranianti presenti in alcuni punti nella partitura di Piazzola
Sul fronte vocale, sufficiente prova di Ruben Peloni che nel triplice ruolo di Analista, Ladron e Gorrio è sembrato estremamente a suo agio sul palco.
La mancanza di una regia non l’ha supportato nella differenziazione dei tre personaggi.
Da rivedere in contesti più felici, la protagonista Victoire Bunel, Maria e ombra di Maria, presentatasi in scena con spartito alla mano e risultata un po’ spaesata sulla scena.
Il punto più atteso e forse quello più difficoltoso, Milonga de la Anunciaciòn è risultato un po’ raffazzonato con una pronuncia spagnola non perfetta e carenze nel registro basso.
Grandi applausi del pubblico, che forse non educato sufficientemente, ha scandito ogni fine quadro battendo le mani, sfilacciando il fluire dell’opera.
***
Sconfinamenti sinfonici
Teatro alle Tese, 5 Ottobre, ore 17
Unica orchestra ufficialmente in programma a questa Biennale Musica 2018, l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, diretta da Tito Ceccherini, si è inerpicata lungo la montagna della contemporanea sinfonica, seguendo il filo, o la cordata per continuare il paragone alpinistico, del dualismo solista-orchestra.
Prima voce.
La prima parte del programma era dedicata all’autrice americana Augusta Read Thomas che
In My Sky at Twilight – Songs of Passion and Love (2002) si riallaccia al lavoro per orchestra e voce di Britten, utilizzando testi che da Saffo a Neruda, enfatizzano e parlano dell’amore immortale.
Versatile dal barocco alla musica contemporanea, il soprano Giulia Bolcato che già si era contraddistinta nella Biennale del 2016, lotta costantemente con i lunghi tratti di tessitura alta e sostenuta, uscendone vincitrice.
Poi corno.
Silver Chants the Litanies, in memoria Luciano Berio a dispetto della dedica non trova nessuna citazione nel lavoro del compositore italiano, risultando più simile ai lavori straussiani per corno e alla massiccità di alcune opere di Ligeti, in una continua altalena fra impeto e dolore. Solista dell’occasione l’ottimo Roberto Miele.
Entrambe prime italiane, sono risultate valorizzate dal reciproco accostamento.
La contrapposizione netta, meditativa il primo, più vigorosa la seconda ha enfatizzato le orchestrazioni proposte dalla compositrice che è sembrata più concentrarsi sulla risultante d’insieme che nella ricerca di una particolare effettistica dei solisti.
Infine violino. Anzi violino elettrico a sei corde.
Un aspetto non indifferente che permette al solista non solo di allargare l’estensione dello strumento ma anche di malipolarne gli effetti. La prima italiana di Electric Preluds del compositore australiano Brett Dean, con solista Francesco D’Orazio, però ha sofferto degli stessi problemi avuti in occasione dei Proms del 2014, con un suono amplificato che non risultava appieno amalgamato all’insieme dell’orchestra d’archi.
Performance più che convincente dell’orchestra e del suo direttore.
Applausi convinti in una sala purtroppo piena a metà. L’orario pomeridiano non ha giovato all’affluenza probabilmente.
***
Virtuosismo a stelle e strisce
Teatro Toniolo, 5 Ottobre, ore 20
Per uno dei concerti più attesi, simbolo della ricerca costante all’apertura ai generi musicali, cifra sempre promossa dal direttore artistico di Biennale Musica, Ivan Fedele, si è registrata una affluenza giovanile senza precedenti.
Solo gli eventi off (quelli che nelle ultime due biennali ricoprivano la fascia post 23) avevano visto tanti giovani appassionati accorrere e acclamare i musicisti.
La prima tappa promozionale del tour europeo del Victor Wooten Trio, per l’uscita del disco
Trypnotix, difficilmente sarebbe potuta andare meglio.
Anche la sirena anti-incendio che ha interrotto l’acclamato bis si è trasformata in musica nelle abili mani di Victor Wooden e dei suoi compagni Dennis Chamber, alla batteria, e Bob Franceschini (sax tenore, soprano, ewi, flauto).
Mani che trascendono ogni tentativo descrittivo.
Una capacità improvvisativa e virtuosistica, assieme ad una non scontata abilità di scaldare la folla con vere e proprie azioni circensi, che il pubblico si aspettava e sperava di vedere in azione.
Le sei tracce estrapolate dal disco si susseguono in un continuo gioco delle parti in cui ciascuno dei componenti del trio ha modo di dimostrare le proprie abilità ma i due momenti di solo del bassista Wooten catalizzano le attenzioni della platea, cellulare alla mano per raccontare di aver visto una grande performance.
Un particolare elogio all’organizzazione per aver portato la Biennale oltre all’“oceano” che separa Venezia dal resto del mondo, Mestre compresa.