produzione Theama Teatro
liberamente ispirato al testo di Mariangela Gualtieri
con Anna Zago
regia Piergiorgio Piccoli
e con gli allievi della scuola Theama Teatro
Voce recitante Aristide Genovese
Movimenti Coreutici Ester Mannato
Assistente alla regia Daniela Padovan
Interventi Musicali Claudio Giuge, Martina Facco e Livio Zambotto
Direzione tecnica Claudio Scuccato
Disegno luci Andrea Grussu
Scene Franco Sinico
Video Proiezioni Zebra Mapping
Sartoria Rosita Longhin
Anna Zago veste Co.go maison
Per il 71 Ciclo di Spettacoli Classici
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Ho vissuto Voci di tenebra azzurra come un canto alla mia anima.
È davvero difficile non perdersi tra le continue e quasi infinite domande che Anna Zago pone a noi e al mondo… “Ciao Mondo, Ciao a noi stessi, Ciao ai nemici di noi stessi che non ci mollano mai, nemmeno per un attimo”.
Come faccio cara profetessa, che prendi voce, anzi mille voci, come faccio in questa notte azzurra a non perdermi tra i miei mille pensieri mentre tu evochi mondi futuri e possibili?
Continuavo a ripetermi che non potevo perdermi nemmeno una voce ma le parole fluivano a cascata in modo continuo e scrosciante e così dolcemente uscivano dalla sua bocca, dalla sua voce sottile e soave che incantata rimanevo a guardarle danzare in cerchio sopra di lei. Poi d’improvviso, cadevano, per diventare scarti immondi che così trasformati venivano ora per inquinarmi, di dubbi, risentimenti e rovina.
“Perché siamo destinati a rovinare tutto ciò che è bello?”
Soffrivo e gioivo, incantata dalla danza di parole che con estrema semplicità e purezza uscivano dal corpo dell’attrice. Come non rimanere incantanti davanti al mistero?
Perché ieri sera il mistero è stato evocato.
Peccato che questo spettacolo probabilmente si ripeterà solamente per questa ultima sera. Questa di Theama Teatro è una produzione dove vengono coinvolti più di 40 attori e ballerini e tutto ciò presumo sia stato possibile solamente grazie agli allievi della scuola di Theama Teatro che studiano teatro in Vicenza dove appunto si trova, l’Olimpico di Andrea Palladio, patrimonio mondiale dell’umanità.
La scene di Franco Sinico ed il disegno luci di Andrea Grussu non fanno altro che aumentare questo stordimento: ci perdiamo tra gli alberi, le luci soffuse che vanno dai verdi ai bianchi, la musica del violino e delle campane suonate dal vivo ci stordiscono e ci domandano: cos’è che conta? Cosa ci è successo? Cos’abbiamo perso? Dove ci siamo persi?
Non ricordate questa musica meravigliosa dalla quale veniamo? Non ricordate il fruscio degli alberi, il carillon di quando eravamo bambini?
Il meraviglioso carillon che ad un tratto appare realmente in scena fatto di bianchi carretti con sopra delle bianche sculture intagliate a forma di albero, casa, bambola, meridiana, ruotano e sfilano davanti ai nostri occhi, in un perfetto momento di silenzio per darci il tempo di far fluire i nostri pensieri evocati prima dall’incantatrice-provocatrice Anna Zago.
La sua interpretazione, come la regia di Piergiorgio Piccoli, è frutto di bellezza e semplicità. Lo stesso vale per i costumi realizzati da Rosita Longhi per non parlare del meraviglioso abito di velluto blu, indossato da Anna Zago, realizzato dalla maison Co.go. Quel blu profondo che si rispecchia nel lago sotto ai suoi piedi, uno specchio di carta argentata e lucente che mi fa subito pensare al mito di Narciso.
Nel simbolismo dei miti», dice H. Zimmer nel suo Miti e simboli dell’India «immergersi nell’acqua significa addentrarsi nel mistero della māyā, andare alla ricerca del segreto ultimo della vita».
Perciò Anna evoca fantasmi, pensieri, cerca la verità. L’immagine di sé stessa riflessa altro non è che l’inafferrabile fantasma della vita, ed è questa la chiave di tutto. Così dice anche Ismaele, la voce narrante di Moby Dick di Melville e «l’inafferrabile fantasma della vita» che, attraversando tutto, cancella le tracce superficiali dei passaggi e dei drammi.
Ecco allora che più di una volta, Anna Zago si sofferma su questo pensiero “molti di noi sono riusciti a ricominciare, a costruire su quello che era stato distrutto e rovinato” come a dire, se molti di noi ce l’hanno fatta perché non possiamo farlo tutti quanti, magari insieme, per una volta?
Sono uscita dal teatro pensierosa: è uno di quei testi che si dovrebbe vedere più e più volte per coglierne tutte le possibili interpretazioni e sfumature, per incidere questa poesia nel corpo sottile di noi stessi ma allo stesso tempo mi sono fatta cullare dal tintinnio della musica e delle parole, dal canto di La mia sera di Pascoli, tra le memorie della mia puerilità.
Toccante la scena finale in cui una bambina, anch’ella vestita di velluto blu, accarezza Anna Zago e mentre si abbracciano, la profetica Anna ci dice che ogni notte ricorda sua madre prima di addormentarsi e poi più nulla.
Tutto si perde nell’aria dei nostri pensieri, fluttuano e corrono le nostre vite, destinate a incurvarsi ed infine morire, resta però quella rassicurante carezza di madre che ci accompagna fino al termine del nostro viaggio.