Dalla scrittura alla sceneggiatura alla regia. Il percorso artistico di Filippo Bologna segue queste tappe per approdare a un film che gioca con i generi, realizzando una commedia noir che occhieggia a Tarantino e ai fratelli Coen, dove l’iniziale spunto di una festa pruriginosa la sera di Capodanno trasmuta nella messa a punto di insoddisfazioni e inquietudini.
Il 31 dicembre in una baita di montagna sommersa dalla neve sulle Dolomiti giungono alcune coppie mosse più dal desiderio di inseguire personali obiettivi che dalla pruderie di una festa trasgressiva. Mirko (Luca Argentero) e Iole (Ilenia Pastorelli) sono gli spaesati padroni di casa incapaci di mettere a proprio agio gli ospiti. Romano (Alessandro Haber) giunto sulla carrozzina spinta da Nancy (Vittoria Puccini) si rivela cinico professore universitario e spregiudicato politico maschilista e razzista mentre lei è una dark girl apatica che consulta compulsamente il cellulare. Ancora più ambigui sono Domitilla (Isabella Ferrari) fascinosa gallerista borghese accompagnata dal giovanissimo e insofferente Jacopo (Ludovico Succio). La coppia in cerca di nuove suggestioni per il proprio matrimonio, Valerio (Riccardo Scamarcio) e Marina (Valentina Lodovini), è rimasta intrappolata con la macchina nella neve.
Fendono il buio della notte le luci del furgone della ditta di catering che deve consegnare il carico di ostriche, aragoste e champagne mentre la radio annuncia una tempesta solare. Tutto sembra scontato, ma serpeggia un pathos che scompiglierà le carte sconfinando in un drammatico redde rationem tra dinamiche di coppia e dinamiche di gruppo.
La tensione che pervade il disvelarsi del profilo umano, psicologico e morale di ciascuno si sviluppa in un crescendo che mette a nudo le anime, disincantate o travagliate, che verranno alla luce scarnificate da equivoci e bugie. Dall’iniziale pretesto leggero scaturisce l’architettura da commedia grottesca con atmosfere cupe in cui tutto sembra paralizzato, fuori dalla neve e all’interno dello chalet dai sospetti.
L’evoluzione della vicenda è cadenzata dalla progressione dei dialoghi che suscitano contrapposizioni e disvelamenti spaziando dalla letteratura all’arte, dal sociale alla cronaca, mettendo a fuoco temi sensibili quali la droga, l’immigrazione, il razzismo e l’integrazione, con qualche passaggio brusco e stati di allucinazione e alterazioni di coscienza che proiettano la vicenda su due livelli di lettura.
Un intreccio tra sconosciuti che ingaggiano un gioco al massacro, un impianto che evoca “Perfetti sconosciuti” di cui Bologna è stato coautore, che ha ottenuto il David di Donatello. Tutti ne usciranno trasformati, perfino le aragoste.
Black comedy corale, in cui ogni interprete sembra a proprio agio nella caratterizzazione del personaggio: sofisticata la Ferrari, sarcastico Haber, anaffettiva la Puccini, perennemente coatta la Pastorelli, irredimibile Argentero. Arianna Ninchi, nel ruolo muto di Laura, affina le proprietà espressive del corpo e dello sguardo, Massimo De Lorenzo e Carlo De Ruggieri sono gli spassosi corrieri del catering.
“Capodanno è la metafora delle nostre frustrazioni, afferma il regista, così ho voluto mescolare la commedia al western e al noir per affrontare in un quadro surrealista le relazioni umane e le diversità antropologiche. Il cinepanettone tradizionale è superato, ho voluto farne uno definito da nuovi parametri, pieno di veleno per topi, utilizzando come pretesto l’elemento universale del sesso. La creatività italiana non deve soffrire di complessi di inferiorità, può essere apprezzata anche oltre il Grande Raccordo Anulare”.
Le musiche pescano nel patrimonio melodico italiano con le voci di Peppino Gagliardi, Ornella Vanoni, Ricchi e Poveri, Rettore. Tra blues e gospel, Schubert e Strauss le musiche di Pasquale Catalano esaltano l’anima nera del film.