Un’ora e mezza di monologo fra discese e salite, andate e ritorni in continuo movimento da un lato all’altro del palco. Alessandro Bergonzoni torna a casa, e il risultato è quel che si dire “lasciare senza fiato”.
L’artista bolognese, reduce dagli ultimi successi teatrali, porta in scena il suo quindicesimo spettacolo dal titolo emblematico Trascendi e sali, un vortice di parole e concetti sparati a raffica sugli spettatori che rimangono incollati alle poltrone del Teatro Duse anche dopo la fine dello spettacolo. Definire Bergonzoni non è cosa semplice: attore, comico, scrittore, performer, autore ma soprattutto “animale da palcoscenico”.
Lo spettacolo, scritto dallo stesso e codiretto con Riccardo Rodolfi, prova a spiegare l’inspiegabile, come forse direbbe lui stesso con un gioco linguistico. Al centro di tutto la parola: venerata, sviscerata, ricercata e scambiata in divertenti ed intelligenti rimandi e riflessioni su temi ora comici, ora seri, ora l’uno e l’altro. La scena, ideata dallo stesso attore, è in perfetta linea simbolica con questo “trascendere e salire”, con una scala tubolare usata per capire ed interrogarsi anche in senso fisico se vogliamo, attraverso slanci che partono dal movimento e portano a questioni pensate, negate o avvalorate.
Di bianco e nero vestito, Bergonzoni mette forse a dura prova l’attenzione del suo pubblico non lasciando un secondo di tregua tra una riflessione e l’altra, tra un gioco semantico e un gioco simbolico: “macinando” parole, suoni e gesti in un grande calderone che sembra non aver fondo. Alla fine dello spettacolo è difficile lasciare andar via il flusso dei pensieri e delle parole che aleggiano ancora in teatro durante gli applausi, lunghi e calorosi come si conviene ai più grandi mattatori della scena.