Haifa è una donna dai capelli bianchi, Haifa è nata a Mosul, Haifa “tu sei nata per stare ferma” così le aveva sempre detto sua sorella adottiva fino a quel momento e per ironia della sorte non si rivelerà così.
Haifa è la storia vera di una donna costretta nel 2015 (quindi solamente tre anni fa!!!) a scappare dal suo piccolo paese, Mosul in Iraq, completamente distrutto dalla guerra per “andare dall’altra parte”, un posto più bello, un posto dove poter vivere e costruirsi una vita, il posto più lontano possibile da morte, guerra e distruzione.
Quello messo in scena è un monologo, un racconto di vita, di viaggio, un’odissea contemporanea dove Oriente ed Occidente sono lontani ma non così tanto se pensiamo a quei 5000 km percorsi dalla protagonista a piedi e con mezzi improvvisati, sempre in pericolo di morte, con un unico chiaro obbiettivo, arrivare a Stoccolma, dove tutto può ancora esistere.
Haifa è la storia che si ripete, è la storia del genere umano che non si è ancora stancato d’invadere, di distruggere, di escludere, di barricare, di far esplodere. È una storia di chi non ha scelto ma è stato scelto a sua volta, come testimonianza di sopravvivenza, per arrivare fino a noi, per essere ascoltata, per non dimenticare che anche noi italiani siamo stati Haifa e potremmo di nuovo essere costretti a scappare dalle nostre case, dalle nostre famiglie, verso un ignoto che non sia solo morte ma quanto meno una possibilità.
Haifa si presenta a noi fin dall’inizio così: “Se avessi potuto scegliere non avrei fatto neanche il primo passo poi un giorno sono partita, se sono arrivata, chi può dirlo”.
Il testo di Stefano Massini è interpretato con semplicità e chiarezza, nessun fronzolo neppure per quanto riguarda la scenografia, composta solo da una piattaforma centrale.
Quello che rende meraviglioso questo spettacolo sono le musiche suonate dal vivo dall’Orchestra Multietnica di Arezzo, composte e dirette appositamente per lo spettacolo dal maestro Enrico Fink.
Mentre provavo dolore per Haifa e la sua piccola nipote (le uniche sopravvissute al bombardamento del loro villaggio), ascoltavo le musiche che davanti a me srotolavano il paesaggio che Ottavia Piccolo andava narrando.
La musica suonata da otto meravigliosi musicisti ha la potenza di far emergere scenari che abbiamo visto, magari anche solo sentito per una volta in qualche telegiornale o addirittura abbiamo già dentro di noi, in qualche nostra memoria ancestrale. È quasi impossibile non riconoscerci nel personaggio di Haifa, come se in qualche vita passata anche noi avessimo dovuto attraversare mezzo mondo per poter esistere.
Mentre soffrivo con la vecchia Haifa, che disperata urlava il suo nome e non riusciva a salire su un treno in corsa, il primo in assoluto della sua vita, la musica la sosteneva e le dava le ali per potere correre un po’ più forte. Non ho potuto non pensare al potere che ha la musica, come sarebbe stato più facile il viaggio di Haifa se con lei ci fosse stata un po’ di musica ad accompagnarla per darle forza e coraggio?
Fantastiche anche le luci di Alfredo Piras, geniali in alcuni momenti, da immortalare come momenti eccezionali di teatro-narrazione nella storia del teatro; come ad esempio lo strisciare dentro ad un tunnel per un km in Turchia o il momento di totale buio: solo un faro bianco puntato verso la platea e la voce di Ottavia che racconta una favola alla nipote su chi Haifa sia, quale sia il suo nome, la sua vera identità.
Spettacolo sicuramente da andare a vedere ed ascoltare (perfetto anche per la radio), ma purtroppo non ne sono uscita del tutto entusiasta per via della narrazione di Ottavia Piccolo, forse un po’ troppo monotona per periodi piuttosto prolungati… Avrei voluto vedere un Ottavia più nuda, più vera, più travagliata, più nel personaggio di Haifa, invece per quasi tutto lo spettacolo, eccetto qualche momento eccezionale, vedevo sempre l’attrice e Haifa come due cose lontane e ben distinte.
Consigliato vivamente l’acquisto e l’ascolto del cd musicale di Enrico Fink e dell’Orchestra Multietnica di Arezzo dal titolo “Occident Express”.