Il viaggio di Ulisse visto con gli occhi di Penelope. Le ninfe, i personaggi mitologici, le divinità, le esperienze estreme vissute dall’eroe omerico nel suo peregrinare raccontati e descritti dalla donna che attendeva l’eroe omerico nella reggia di Itaca costretta a sottrarsi alle intraprendenti iniziative dei Proci.
Penelope descrive con gli occhi del cuore le vicissitudini, gli amori, gli incontri perigliosi, con partecipazione empatica alle esperienze vissute dal suo compagno in dieci lunghi anni di peregrinazioni nel Mediterraneo. Le avventure maschili ed eroiche sono mediate dalla visione psicologica, mentale e culturale della sensibilità muliebre che fornisce una diversa chiave di lettura delle gesta di un eroe di guerra.
Nella drammaturgia di Giuseppe Argirò, Penelope non è la moglie rassegnata che vive dell’attesa ma una donna volitiva e consapevole il cui racconto contemporaneo priva le figure mitiche di quell’aura di intangibilità rendendole umane, fallaci e perfino grottesche.
Iaia Forte con abili trasformismi vocali, modulando la voce per adattarla ai diversi protagonisti maschili e femminili fa pullulare il palcoscenico della congerie di figure omeriche che hanno popolato lo scenario dell’Odissea.
Gli incantesimi di Circe, il canto delle Sirene tra Scilla e Cariddi diventano moderni escamotage di seduzione del pianeta donna. Da soggetto che patisce l’attesa del ritorno Penelope diventa soggetto attivo, colei che narra e guida indicando la traiettoria. Il suo racconto tocca vari temi cruciali dell’universo maschile come la guerra con le crudeltà che ne conseguono perfino a danno dei bambini, delle quali si è reso sanguinariamente colpevole anche Ulisse con la morte del piccolo Astianatte.
In un mondo improntato sul potere maschile la donna è protagonista del mondo interiore, mentre lui viaggia animato dallo spirito di conoscenza lei vigila e mantiene viva la memoria del cuore e della storia.
Iaia Forte vira con naturalezza da una tonalità a un’altra sottolineando passaggi crudeli e cruenti o aleggiando su passioni carnali e travolgenti, baluardo e amorosa complice del suo uomo, l’eroe che ci ha consegnato la letteratura epica, con gli intermezzi di un variegato repertorio musicale di brani di Debussy, Chopin, Nyman, Schumann, Piazzolla.
Scrive Argirò nelle note di regia: “Odissea Penelope racchiude nel titolo la sua necessità d’essere, anticipando il punto di vista tutto al femminile dell’attesa: il travaglio interiore della fedeltà ad una idea. L’adesione consapevole dell’eroina di Itaca alle vicende di viaggio di Ulisse, esprime la rivendicazione del dolore, dell’abbandono e della solitudine. Penelope e Ulisse compiono lo stesso viaggio: Penelope viaggia nella sua anima rimanendo ferma, stanziale, apparentemente immobile; libera nella costrizione e prigioniera della sua libertà, rivendica il diritto all’assenza. Ulisse attraversa tutti i mondi possibili alla ricerca della conoscenza, eppure ritorna al punto di origine, alla sua terra, ricongiungendo il principio con la fine”.