La cecità come filo conduttore che unisce i toni sentimentali del tardo romanticismo di Čajkovskij al dramma ieratico di Stravinskij. L’Opera di Francoforte affida a Lydia Steier e al Generalmusikdirektor Sebastian Weigle la realizzazione di un dittico russo che combina stili ed epoche diverse: l’opera-oratorio Oedipus Rex di Igor Stravinskij e Iolanta di Pëtr Čajkovskij. Nella lettura della regista statunitense la mancanza della vista, che accomuna i due protagonisti, va oltre la menomazione fisica. È la condizione morale e spirituale che impedisce a Edipo e Iolanta di conoscere la propria realtà autentica, per difetto di conoscenza o per l’effetto di relazioni umane distorte.
Assieme a Perséphone Oedipus Rex è uno dei punti più alti del periodo neoclassico di Stravinskij (en passant, al Festival di Aix-en-Provence del 2015 Peter Sellars firmò un bello spettacolo che riuniva per l’appunto Iolanta e Perséphone). L’intreccio rielaborato da Jean Cocteau riduce a due atti i cinque originali della tragedia di Sofocle e racconta la caduta rovinosa di Edipo. Il re di Tebe, inizialmente idolatrato dal suo popolo, in una sola giornata apprende la verità sul suo parricidio e sul matrimonio incestuoso con la madre Giocasta e precipita verso la rovina. Il libretto in latino (con interventi del narratore nella lingua della platea) aggiunge pathos alla narrazione. Stravinskij rielabora con raffinatezza questo materiale primordiale e costruisce un edificio musicale geometrico e sontuoso, mettendo insieme elementi diversi in una sorta di elegante mosaico. Si susseguono colorature, pezzi chiusi, cori, ritmi di danza, spunti jazzistici.
Lydia Steier trasporta la vicenda negli anni in cui l’opera fu composta e mostra tutta l’incertezza sociale di quell’epoca. E forse anche della nostra. L’azione si svolge in un’aula parlamentare stile Repubblica di Weimar, in cui sono rappresentati borghesi e militari che sembrano uscire da un quadro di George Grosz o di Otto Dix. Curatissimi i costumi di Alfred Mayerhofer, che assieme alle scene di Barbara Ehnes sono uno dei grandi valori aggiunti della serata. Un cartello con scritto “Nos Sumus Populus” rimanda con chiarezza al populismo di quell’epoca. E della nostra.
Edipo è un politico in difficoltà che farebbe la sua figura in un House of Cards anni ’30. Peter Marsh si cala nel ruolo del protagonista, un detonatore destinato a far deflagrare l’ordine costituito, e ne ricama la parte con gran precisione, fino nelle colorature imposte dalla parte. A tratti un po’ di volume in più non avrebbe guastato. In grande spolvero Tanja Ariane Baumgartner che restituisce voce e gesto a Giocasta, Première dame dissoluta e molto incinta.
Intanto sullo sfondo delle mura del parlamento ribollono filmati di ordinaria violenza, che rimandano al peccato originario di Edipo, l’uccisione inconsapevole del padre Laio. Il coro (perfettamente istruito da Tilman Michael) del popolo di Tebe, protagonista di primo piano dell’opera-oratorio, rumoreggia e vibra come una vera massa politica. Ondeggia e si scaglia ora contro un protagonista, ora contro un altro. Edipo e Giocasta devono rintuzzare le insidie di Creonte (Gary Griffiths), un tirannello centro-asiatico in mimetica, destinato a diventare il nuovo uomo forte di Tebe, con l’aiuto di uno spiritato Tiresia impersonato dal basso Andreas Bauer. Ne escono cinquanta minuti a forte impatto drammatico. Fino al tragico finale.
Appena si riapre il sipario dopo la pausa appare una gigantesca camera della Barbie con le pareti altissime ricoperte di bambole tutte uguali. Centinaia di bambole rosa. Un incubo in rosa che rimanda subito a un substrato maniacale. Stupore e applauso della platea. In questa stanza vive Iolanta, anche lei vestita di rosa. Nel sottosuolo sotto il pavimento, una schiera di sudditi continua a confezionare bambole tutte uguali.
L’ultima opera di Čajkovskij, per la prima volta in scena a Francoforte, sarebbe la quintessenza della storia romantica. Iolanta, figlia del Re René di Provenza, è cieca e suo padre ha ordinato che nessuno le riveli la sua vera condizione, pena la morte. La giovane deve vivere in uno stato di beata ignoranza fino alla possibile guarigione. La principessa riacquisterà la vista solo grazie all’amore del nobile Vaudémont e alla saggezza del moro Ibn-Hakia, più psicologo che medico (Andreas Bauer, abbigliato come un notabile levantino da cartolina, si fa apprezzare nell’arioso esotico, riempito di colori bronzei). Iolanta è una delle poche opere in cui non compare neanche un “cattivo”, ma Lydia Steier aggiunge un taglio decisamente noir alla fiaba. Iolanta deve infatti subire le attenzioni morbose del sovrano, che si insinua nel suo letto e che le nasconde la cecità anche per poterne abusare con maggior agio. È destino che i due protagonisti della serata, Iolanta ed Edipo, debbano avere due adolescenze problematiche. E la sfortunata principessa dovrà compiere un arduo viaggio dentro se stessa per riuscire a fuggire dall’ossessione in rosa e dalle carezze lascive del padre.
Fin dall’attacco trasognato dei legni e dei corni, la Frankfurter Opern- und Museumsorchester ricrea il clima da favola con le ampie melodie sognanti di Čajkovskij. Un viaggio dalle tenebre alla luce sorretto da una partitura opulenta e ricca di colori, a volte perplessi a volte gioiosi. Su questo tappeto musical steso da Sebastian Weigle brilla Asmik Grigorian che, al suo debutto a Francoforte, restituisce con voce solidissima per volume e chiarezza tutta la gamma di sentimenti che pervade l’animo della fanciulla: incanto fiabesco, gioia bruciante e ostinata determinazione. Il soprano lituano è un fuoco metallico che da solo varrebbe la serata. Il duetto degli innamorati con il tenore AJ Glueckert (Vaudémont) raggiunge vette di gran lirismo. Lo stesso AJ Glueckert appare in scena assieme al virile e generoso Robert (il baritono gallese Gary Griffiths) e sembrano due studenti fuori corso che hanno smarrito la via. Una volta trovata la sua bella, sviluppa bene la parte dell’innamorato, all’inizio perplesso dalla situazione, facendo leva sui colori brillanti della sua voce e su un grande impegno scenico. Eccellente per recitazione e potenti mezzi vocali il basso canadese Robert Pomakov, nei panni di Re René, un padre-padrone depravato.
Alla fine grandi applausi per tutti con festeggiamenti particolarmente calorosi per Asmik Grigorian.
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Oedipus Rex
Opera-oratorio in due atti di Igor Stravinskij
Libretto di Jean Cocteau
dall’omonima tragedia (429-425 a.C.) di Sofocle
In latino con sovratitoli in tedesco e in inglese
Iolanta
Opera lirica di Pëtr Il’ič Čajkovskij
Libretto di Modest I. Tschaikowski
dal dramma Kong Renés Datter (1845) di Henrik Hertz
In russo con sovratitoli in tedesco e in inglese
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Direttore Sebastian Weigle
Regia Lydia Steier
Scene Barbara Ehnes
Costumi Alfred Mayerhofer
Video fettFilm
Luci Olaf Winter
Maestro del coro Tilman Michael
Drammaturgia Mareike Wink
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OEDIPUS REX
Edipo Peter Marsh
Giocasta Tanja Ariane Baumgartner
Creonte Gary Griffiths
Tiresia Andreas Bauer
Pastore Matthew Swensen
Messaggero Brandon Cedel
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IOLANTA
Iolanta Asmik Grigorian
René Robert Pomakov
Vaudémont AJ Glueckert
Robert Gary Griffiths
Ibn-Hakia Andreas Bauer
Martha Judita Nagyová
Brigitta Elizabeth Reiter
Laura Nina Tarandek
Bertrand Magnús Baldvinsson
Almeric Matthew Swensen
Chor der Oper Frankfurt
Frankfurter Opern- und Museumsorchester