Nella triste ricorrenza della scomparsa di Rossini il 13 novembre 2018 Pesaro ricorda il grande compositore con un concerto commemorativo, su iniziativa del Comune di Pesaro con Regione Marche, MiBAC e AMAT e le tre istituzioni rossiniane della città: Conservatorio Rossini, Rossini Opera Festival e Fondazione Rossini.
Nel centocinquantesimo anniversario dalla morte del Cigno, al Teatro Rossini viene dunque presentato lo Stabat Mater, capolavoro sacro di Rossini su testo di Jacopone da Todi, che descrive la sofferenza della Vergine ai piedi della croce e che debuttò a Parigi nel 1832.
Il sindaco stesso Matteo Ricci introduce l’evento, presentando Rossini come testimonial della bellezza e della cultura italiana. E ben lo sappiamo noi che da quarant’anni seguiamo il ROF, che è nato grazie alla lungimiranza e alla dedizione del dott. Gianfranco Mariotti, ex Sovrintendente del ROF ed ora presidente dei festeggiamenti rossiniani, che ha preso la parola per illustrare lo Stabat Mater di Rossini.
Più di cento coristi del Conservatorio Rossini e dell’Università di Astana del Kazakhstan preparati da Aldo Cicconofri e la grande orchestra del Conservatorio Rossini diretta da Umberto Benedetti Michelangeli creano un’atmosfera di alta spiritualità e di grande impatto scenografico. L’intensa lettura del direttore viene comunicata alla brava orchestra con gesto sicuro e a volte plateale coinvolgendo anche il corpo. L’attacco cupo dei violoncelli, seguito dal pizzicato degli archi, sfocia in un veemente tutto orchestrale e Coro e orchestra esprimono lo strazio di Mater dolorosa in un poderoso amalgama sonoro. Vigorosi crescendo si alternano a distesi momenti di toccante tristezza, a volte il maestro dà troppa libertà al flusso sonoro e l’orchestra tende ad emergere sulle voci con alte sonorità coinvolgendo anche il coro, a discapito dell’ascolto.
I quattro solisti provengono dall’Accademia Rossiniana del ROF, ma Davide Giusti ha già alle spalle una notevole e bella carriera.
Il tenore marchigiano Davide Giusti, che da vari anni calca le scene di importanti teatri italiani e stranieri, si distingue per la bellezza del timbro vocale, la pienezza e la pulizia del suono e un’accurata tecnica d’emissione; il canto sgorga fluido con suoni morbidi, rotondi e rinforzati con l’uso della messa di voce, gli acuti sono decisi e i sovracuti svettanti mantengono la robustezza del suono, niente acuti sbiancati.
Il soprano russo Aleksandra Sennikova esibisce voce corposa ed estesa, acuta e duttile, che si esprime con accento incisivo.
Il mezzosoprano russo Maria Barakova ha voce robusta sonora e corposa e buoni affondi; al ROF di quest’anno ha ricoperto il ruolo della marchesa Melibea ne Il viaggio a Reims dei giovani.
Il basso Nicolò Donini ha una bella voce e una buona tecnica, il colore scuro e il sostegno del fiato gli consentono una sonorità consistente anche negli affondi molto gravi, il canto sul fiato gli permette di usare una vocalità ampia ed estesa a fini interpretativi con suoni rotondi e suggestive mezze voci.
Voci di gradevole ascolto, ma a volte in lotta con un’orchestra dirompente.
In “Santa Mater” il tenore affronta slanci e ascese con grande sicurezza, il soprano fa acuti taglienti, il basso è corposo morbido e deciso, il mezzosoprano esibisce una gran voce estesa, gestita con sicurezza sia nella morbidezza che nell’irruenza, il direttore ipercinetico gesticola, si piega sulle ginocchia, salta rumorosamente sulla pedana.
Il coro attacca con morbidezza, canta bene sia a mezza voce sia a suono spiegato, e sortisce un perfetto amalgama sonoro nei crescendo.
Nel finale gioioso e solare la voce del Coro si dissolve e ritorna la cupezza iniziale con la voce dei violoncelli per finire col furore di coro e orchestra.