Oggi per chi fa teatro è un po’ come trovarsi nelle prigioni del Piranesi dove ci si perde fra scale che si interrompono a metà, che scompaiono nel buio, che si innalzano verso un cielo che non c’è.
Questa condizione ti dà quella incertezza e quella ebrezza che è forse anche il sale della creatività e che ti spinge ad entrare nel campo di azione della rappresentazione con il suo mistero affascinante e con tutte le domande che ti pone e che poni, pronto ad aprirti a nuovi mondi.
In questo stato di creativa instabilità proponiamo le nostre due produzioni, la prima che è una biografia poetica di Genet, un testo incandescente scritto per noi da Luca Scarlini e proposto insieme ai giovani del teatro laboratorio. Questa produzione verrà rappresentata al Teatro Vittoria di Cascine di Buti dal 29 Novembre al 3 Dicembre 2018; la seconda “La mamma sta tornando povero orfanello”, una pièce per due attori invasi da memoria e tenerezza dove il comico, l’ironia e il dramma si intrecciano. La produzione sarà messa in scena al Teatro F. di Bartolo nei giorni 5-7-8 Aprile 2019.
La stagione delle ospitalità comincia con “Cantico dei cantici” di Roberto Latini (premio Ubu, per questo, come migliore attore italiano) che è un pezzo di bravura, un inno all’amore dove la parola diventa suono, materia, strumento musicale
A seguire c’è un colpo di raffinata allegria con i Sacchi di Sabbia per la regia di Massimiliano Civica che continua il suo viaggio nel mondo degli dei dell’Olimpo trattando con eleganza e impertinenza i loro miti.
Con “In nome del padre” Mario Perrotta con Massimo Recalcati da inizio al primo capitolo di una nuova trilogia (ci sarà poi la madre e infine il figlio). Il pluripremiato Perrotta è una delle più potenti voci della drammaturgia italiana affermatosi in quella forma del dire teatrale, la narrazione, con assoli che lo hanno reso famoso.
Silvia Pasello con “Di tutti gli istanti” ha preso lo spunto da “Savannah bay” di Marguerite Duras che, trasformato e assunto su di sé, diventa l’occasione per una riflessione sul lavoro dell’attore, sulla sua fragilità, sulla futilità dei ricordi, sul tempo che passa, tanto da somigliare, anche se da lontano e con una certa melanconia, alla Norma Desmond di “Viale del tramonto”.
Con Pedullà e il suo teatro popolare d’arte siamo in tutt’altro campo: “Falstaff, quasi un melodramma, con una nutrita compagnia, tutto musica, ritmo, coralità, è un tassello importante nella ricerca di una commedia dell’arte contemporanea.
Questo è il nostro programma di prosa che si intreccia con proposte di altri generi nel tentativo di superare stupide barricate tra linguaggi.