Una sera uggiosa d’autunno si va alla Contrada di Trieste per emozionarsi, gioire e commuoversi con Milena Vukotic e Maximilian Nisi.
Il teatro cittadino è gremito di pubblico – magnifica città Trieste, innamorata da sempre di ciò che accade sulle assi del palcoscenico – il sipario si apre sull’interno di una casa in cui una signora ascolta una musica assordante.
Poco si comprende all’inizio della rappresentazione del perché la protagonista tenga il tempo con una padella in mano ma si capirà nel prosieguo che è una sua arma di difesa.
La musica, nel caso di “Un autunno di fuoco”, non è una semplice colonna sonora ma un terzo attore, un interprete straordinario e sublime con cui i due protagonisti della vicenda si relazionano. Alessandra è una donna che si appresta ad affrontare la fase finale della sua vita e si barrica in casa perché non vuole che i figli decidano del suo destino, lei stessa minaccia di farsi saltare in aria pur di non abbandonare il luogo dei ricordi e dell’arte. Chris è il figlio più giovane, lo scapestrato, quello che non vede da anni, che viene inviato dai fratelli per fare opera di convincimento con la vecchia madre. È l’unico che riesce ad accedere all’appartamento perché ricorre allo stratagemma di salire sull’albero che arriva alla finestra della casa. Già questo sancisce il legame tra i due – Chris sapeva che la mamma avrebbe sigillato la porta e tutte le finestre tranne quella che la metteva in comunicazione con il suo albero. L’albero è fisicamente al centro della scena, lo scenografo Luigi Ferrigno lo ha progettato in modo armonioso e accattivante, lo sguardo si perde tra i suoi rami e le foglie rossicce d’autunno quando Alessandra indica al figlio gli uccellini che lo abitano. L’adattamento di Marco Casazza e la regia di Marcello Cotugno rendono lo spettacolo ipnotico, magico, quasi surreale per il suo ritmo serrato alternato a scansioni eteree di ricordi. Nella cadenza dei tempi scenici la Vukotic si concede senza risparmio ad un pubblico attento. Sulla scena recita la parte di una donna piccola ma non fragile, leggiadra e determinata, acuta nei ragionamenti ma anche estremamente commovente nei momenti di vuoto che le gioca l’età. La scenografia è assolutamente poetica nella sua delicatezza, libri, dischi in vinile, una comoda poltrona, sedie, sgabelli e lampade ammucchiate dinnanzi alla porta ed una grande X gialla di scotch per sigillare l’entrata. I costumi di Andrea Stanisci
e le luci di Bruno Guastini rendono palpitante la scena che respira grazie alla recitazione egregia dei due attori.
L’arte è sempre la porta da attraversare per immergersi nella bellezza, nella poesia, nel sogno ed è proprio per andare a “godere” ancora una volta dell’arte che Alessandra varcherà la porta di casa.