«L’opera d’arte è un labirinto, in ogni punto del quale l’esperto sa trovare l’ingresso e l’uscita, senza nessun filo rosso che lo guidi.
Quanto più fitto e complicato è l’intrico dei viottoli, tanto più sicuramente egli raggiunge la meta sorvolando ogni via.
Le vie sbagliate, se ve ne sono in un’opera d’arte, lo indirizzano giustamente, ed ogni più fuorviante svolta nel cammino lo pone in rapporto con la direzione del contenuto essenziale. »
Schönberg
———
L’11 Novembre scorso al Teatro Argentina è andato in scena VN Serenade, ultima creazione di Cristina Kristal Rizzo che ha condotto a conclusione lo sguardo di Grandi Pianure – una rassegna romana a cura di Michele Di Stefano, nella quale il focus è stato l’ampiezza compositiva della danza contemporanea e dei diversi linguaggi che – attraverso il corpo – vanno a creare dimensioni e confini. Il viaggio che la Rizzo ci ha proposto attraversa i secoli andando a scardinare regole compositive, e retaggi vincolanti il libero genio creativo divenendo parallelamente un tributo a chi prima di lei ha proposto quello stesso viaggio in una diversa forma, in un diverso tempo.
Nel titolo dell’opera vi è una mappa attraverso cui possiamo riscoprire la relazione tra la danza e la musica; tra la poesia, la sinfonia e l’arte; tra la composizione musicale e la composizione scenica attraverso cui si fa avanti la Notte Trasfigurata (Verklärte Nacht) scritta da Arnold Schönberg alla sola età di venticinque anni sulle righe della poesia omonima di Richard Dehmel; il componimento dell’autore filtra sul palcoscenico le cui luci rispecchiano “lo sguardo buio [che] annega nella luce”, lo stato d’animo di quell’uomo e di quella donna che per il bosco vanno illuminati dalla Luna, unica testimone di un racconto intimo, e di una comprensione assai più recondita. Da questa narrazione il poema sinfonico del grande maestro va a creare la tessitura del primo atto sul quale le ombre in movimento degli undici ballerini rappresentano una notte intima, fuggente, calda che si va trasformando nei corpi le cui linee e i cui significati avanzano individualmente, singolarmente e poi di nuovo insieme armonizzando lo spazio nella densità dei significati corporei, scenici, musicali e poetici.
La bravura della Rizzo si apre ad una composizione in cui il gesto in sé diviene il tutto, e il tutto diviene un quadro dai molti elementi significanti in cui la relazione tra le parti è più della somma delle parti che divergono, convergono, comunicano e non comunicano nella condivisione di uno spazio che si fa apertura e chiusura della sperimentazione del gesto, e dello spazio corporeo come spazio in cui performare le possibilità del corpo nella potenzialità dell’esistere. Ogni attimo è studiato, e nello studio e nella tecnica che diviene “asimmetria” e “imperfezione” entriamo nel secondo atto.
La Notte Trasfigurata conclude il suo corso aprendosi alla luminosa presenza di Serenata in do maggiore per archi op. 48, una musica composta da Čajkovskij in uno slancio di intima convinzione che gli nacque dal profondo del cuore, come lui stesso disse, in seguito ad un periodo burrascoso in cui realmente aveva vissuto quello che lo spettatore va a rivivere nel primo atto con la Notte Trasfigurata; così ci muoviamo tra gli autori dalla profondità alla leggerezza, sapendo che la seconda include la prima e lasciamo spazio ad un’altra storia quella di George Balanchine che sulle note di questa composizione andò a costruire una delle pietre miliari della danza di tutti i tempi: Serenade op.48 in do maggiore per archi, nel balletto del grande coreografo 28 ballerini si prestano ad inscenare una lezione di danza in cui gli esercizi di tecnica divengono passi e così gli errori casuali che nel corso delle prove accadono: il ritardo di un alunno alla lezione, viene subito incorporato, la caduta di una ballerina che spezza il tempo, diviene un movimento essenziale che anziché sporcare lo spazio lo nobilita in un qualcosa di sovversivo, espressivo, autenticamente unico. Partendo da qui, Cristina Kristal Rizzo riprende rivisitandolo il bagaglio dei suoi predecessori e riporta sulla scena movimenti formali che si prestano subito ad una scomposizione densa di significato e virtuosismo creativo che sembra fuoriuscire da un lavoro espressivo intimo dei ballerini stessi su se stessi e sul gioco del divenire corporeo nello spazio musicale al di là e dentro il tempo. Il tempo dello spazio, e il tempo dell’essere, diviene uno spazio performativo nel quale vi è un continuo tornare del tempo nel tempo attraverso una danza in cui confluiscono possibilità, realtà, esperienza in un gioco di luci ed ombre, notte e giorno che ricalcano la distanza e il confluire del secondo atto nel primo, e del primo atto nel secondo.
Un’opera d’arte in cui le linee creano il cammino, un cammino sempre mutevole ma denso, spoglio a tratti ma pieno, che chiede attenzione e silenzio per essere goduto nella sua essenziale vastità, e bellezza.
———
CREDITS
Musiche: Verklärte Nacht (Notte trasfigurata) di Arnold Schönberg, Serenata in do maggiore per archi op. 48 di Pëtr Il’ič Čajkovskij
coreografia Cristina Kristal Rizzo
con Annamaria Ajmone, Marta Bellu, Linda Blomqvist, Jari Boldrini, Marta Capaccioli, Nicola Cisternino, Lucrezia Palandri, Giulio Petrucci
Cristina Kristal Rizzo, Stefano Roveda, Sara Sguotti
light design Carlo Cerri
costumi Laura Dondoli e Cristina Kristal Rizzo
assistente musicale Federico Costanza
produzione LuganoInScena
in coproduzione con LAC Lugano Arte e Cultura e CAB 008
con il supporto di Armunia Centro di residenza artistica Castiglioncello (LI) Festival Inequilibrio
sponsor di produzione Clinica Luganese Moncucco | in collaborazione con Hotel de la Paix
con il sostegno di MiBACT e Regione Toscana