Apre al pubblico il 4 dicembre la mostra “La magnifica fabbrica – 240 anni del Teatro alla Scala da Piermarini a Botta” a cura di Fulvio Irace e Pierluigi Panza realizzata in collaborazione con Intesa Sanpaolo e grazie ai Partner Edison e Mapei. L’allestimento di Italo Lupi, Ico Migliore e Mara Servetto occupa le sale della Biblioteca Livia Simoni al piano superiore del Museo Teatrale, dedicate all’evoluzione storica della struttura del Teatro, mentre il Ridotto dei Palchi ospiterà la sezione dedicata agli interventi più recenti firmati dall’architetto Botta e al completamento del suo progetto con la costruzione del nuovo edificio di Via Verdi. Il catalogo della Mostra è realizzato dal partner editoriale Treccani.
La mostra racconterà lo sviluppo di un teatro che dalla sua nascita è stato specchio della città e delle sue trasformazioni: Teatro di palchettisti sorto in solida pietra dopo l’incendio del Teatro di Corte, l’edificio del Piermarini ha accolto una società in costante evoluzione, riflettendone lo sviluppo: alle modifiche negli arredi e nelle decorazioni si sono aggiunti interventi strutturali che ne hanno fatto un palcoscenico sempre all’avanguardia anche dal punto di vista tecnico-architettonico. La recente e coraggiosa ristrutturazione affidata all’architetto Botta, portata a termine nei tempi previsti, è una nuova testimonianza della capacità del nostro Teatro e di Milano di ripensarsi in funzione delle nuove esigenze funzionali, artistiche ma anche urbanistiche mantenendo un giusto equilibrio tra rinnovamento costante e conservazione di un patrimonio storico-architettonico che è ormai patrimonio di tutta l’umanità. Nei prossimi anni il progetto di Botta sarà completato con l’edificio di via Verdi che garantirà nuovi spazi per le attività artistiche, tecniche e amministrative rendendo ancora più efficiente e coordinata l’attività. Raccontare questa storia iniziata 240 anni fa e ancora così vitale significa raccontare l’energia e l’eccellenza di Milano. La Scala sarà nelle vie della città anche con la promozione della mostra che includerà una campagna pubblicitaria sui tram con lo slogan “Monumento in Movimento”: un modo scherzoso per sottolineare la dinamicità che ha sempre contraddistinto il nostro Teatro ma anche il suo legame con la città.
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Il percorso della mostra
Il visitatore è accolto all’ingresso del Museo da una parete con la presentazione della mostra e un video introduttivo di circa 5 minuti; l’esposizione prosegue al piano superiore, negli spazi della Biblioteca Livia Simoni, con il passaggio dalla sala video in cui sarà visibile il filmato principale di 17 minuti che, grazie alla collaborazione di Rai Teche e Istituto Luce, presenta rari documenti filmati sulla storia scaligera dalla ricostruzione. A partire dalla stanza attigua inizia il percorso vero e proprio, che procede in ordine cronologico dal 1776, anno dell’incendio del Regio Ducal Teatro, fino al Dopoguerra: concetto ispiratore dell’allestimento è un libro, le cui pagine fuori scala sono graficamente esplose sulle pareti in un paesaggio di grafica ambientale. Il tema del libro torna nella sala centrale in cui prende vita la metafora di un’orchestra: su 30 leggii sono riportate altrettante immagini storiche e attuali della Scala, che si animano a canone, con un focus di volta in volta differente. Al di sopra dei leggii, in dialogo con essi, un’ampia proiezione su uno schermo in forma di grande libro aperto. Un momento di forte sintesi sull’evoluzione storica del teatro e della piazza antistante dal 1776 a oggi che riunisce in un racconto coinvolgente i diversi elementi presenti in mostra.
Infine, nel Ridotto dei Palchi Arturo Toscanini è proposto l’ultimo capitolo della storia, il progetto dell’architetto Mario Botta che nel 2004 ha ridisegnato la funzione dell’edificio e il prossimo ampliamento previsto nel 2022 che arricchirà di una nuova torre il profilo del Teatro. Al centro del Ridotto la splendida maquette in legno pregiato, realizzata da Ivan Kunz, riproduce con straordinaria minuzia costruttiva una sezione dell’edificio in scala 1:75, offrendo la possibilità di entrare all’interno della struttura esplorandone da diversi punti di vista le trasformazioni architettoniche e funzionali. È qui che si innesta l’intervento di Italo Lupi, Ico Migliore e Mara Servetto che incrocia l’elemento fisico della maquette e quello digitale della realtà aumentata per offrire un momento di approfondimento interattivo al visitatore che può così addentrarsi in una realtà tridimensionale, esplorando, come un moderno lillipuziano, l’evoluzione del teatro. Curiosità e dati storici supportano, dunque, il racconto in un chiaro esempio di utilizzo mirato, quasi “umanistico”, della tecnologia concepita non come fine o effetto scenico, ma sapientemente calibrata al servizio del progetto. Il percorso è completato da un video in cui l’architetto Botta spiega il suo progetto.
Il racconto della mostra non si limita però a ripercorrere le trasformazioni architettoniche del Teatro, ma esplora anche la sua integrazione nel tessuto urbano, e in particolare con l’evoluzione della piazza. Non a caso le Gallerie d’Italia, sede museale di Intesa Sanpaolo, ospiteranno la maquette del progetto di Botta insieme a due pannelli esplicativi, estensione della mostra al di fuori delle mura scaligere.
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Le tappe della storia architettonica del Teatro
La Scala di Piermarini
Il Teatro alla Scala nacque da due distruzioni del patrimonio architettonico, e da due rifiuti. Le distruzioni furono una accidentale – il terzo incendio che distrusse il Regio Ducal Teatro – e una voluta – la demolizione della Chiesa di Santa Maria alla Scala per far posto al teatro. I gran rifiuti furono quello del maggior architetto italiano dell’epoca, Luigi Vanvitelli, che disdegnò l’invito a progettare il nuovo teatro preferendo inviare a Milano il suo protetto, Giuseppe Piermarini, e quello dell’immortale compositore Christoph Willibald Gluck, che preferì lasciare l’onore e l’onere dell’inaugurazione di un teatro lontano da Vienna al più giovane compositore di corte, l’italiano Antonio Salieri.
In un mese, Piermarini predispose “tutto di mano sua”, come testimoniano le cronache, il progetto del teatro: piante, una sezione longitudinale e un disegno della facciata; con tanto di preventivo: 494.400 lire.
Il Piermarini realizzò il teatro in stile neoclassico meno di due anni e il 3 agosto 1778 la Scala fu inaugurata. In un tempo analogamente rapido il teatro è stato restaurato l’ultima volta tra la fine del 2001 e il 7 dicembre 2004: in entrambi i casi sul palcoscenico fu rappresentata l’opera Europa riconosciuta di Antonio Salieri. Ma tra queste due date molti cambiamenti sono avvenuti alla “magnifica fabbrica”, che è stata specchio dei cambiamenti sociali e tecnologici della città e della società e sempre all’avanguardia nell’introduzione delle tecnologie. La mostra, attraverso opere, pannelli, video, immagini, fotografie e proiezioni documenta questa storia.
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Ottocento e Novecento
Come scrisse Luigi Lorenzo Secchi, “nel periodo di tempo che corre tra il 1821 e il 1830, per opera diretta e per ideazione o ispirazione di Alessandro Sanquirico, architetto e scenografo, la grande sala del Piermarini subì consistenti rinnovamenti, tanto che fu cambiato lo stile e l’aspetto di tutta la sala, anche nell’illuminazione, che si era basata dapprima sull’uso di candele e poi di lampade a olio”.
Nel febbraio del 1831, infatti, l’architetto Giuseppe Tazzini fu chiamato a costruire l’ala porticata su via Filodrammatici. È sopra il cortile di questa ala che spunta oggi il cilindro o ellisse di Mario Botta. La successiva rivoluzione architettonica non avvenne all’interno, ma dal 1856 all’esterno, quando venne abbattuta la lista di case davanti al teatro e si diede vita a Piazza della Scala. Una rivoluzione prospettica nella visione del teatro che la mostra documenta con soluzioni tecnologiche di grande effetto. Il 26 dicembre 1883 la percezione del teatro si trasforma grazia alla nuova illuminazione elettrica realizzata da Edison. All’inizio del secolo mutò anche la fruizione dell’opera lirica con l’arrivo di Arturo Toscanini, che firmò la sua prima stagione nel 1898 inaugurata con I Maestri cantori di Norimberga. Toscanini la fece finita con il teatro-salotto: impose che ci fosse buio in sala durante la messinscena, che si rispettasse il silenzio, che nessuno entrasse a opera iniziata (sino ad allora era una consuetudine). Impose ai cantanti di evitare fraseggi personali e vietò i bis anche delle arie più celebri. Nel 1907 vennero potenziati gli impianti elettrici e fu costruito il golfo mistico abbassando la sede dell’orchestra.
Luigi Lorenzo Secchi, nominato ingegnere capo nel 1932, fu l’“innovatore e ricostruttore” della Scala. Secchi ideò la distribuzione verticale del teatro, realizzando, nel ’33, le scale degli specchi e fra il 1934 e il 1935 fu progettata e realizzata una radicale trasformazione. Si trattò di ridurre a volta i soffitti piani dei corridoi, per farli uguali a quelli delle originali scale a tenaglia del Piermarini; di sostituire le vecchie porte con altre montate su stipiti e intonate allo stile della grande sala; e si dovette pure provvedere sia alla ristrutturazione dell’impianto di illuminazione, sia all’adozione di numeri e lettere in bronzo dorato per la numerazione dei palchi e le diciture sulle pareti. Con questi interventi, la Scala assunse quell’ambientazione classica stile Nuovo impero che la contraddistingue: in mostra alcune foto del suo immenso patrimonio, conservato oggi al Politecnico.
La notte tra il 15 e il 16 agosto 1943 la Scala fu bombardata. Nei quattro mesi successivi, la demolizione e la messa in sicurezza delle strutture pericolanti. Quindi il Secchi iniziò la ricostruzione. Le decorazioni dei palchi vennero risistemate usufruendo dei calchi degli originali, in cartapesta, del Sanquirico. Venne risistemato anche il lampadario, che era stato ricoverato alla Bovisa ma che venne bombardato: furono risistemate le sue 352 lampade e le sue catene di cristalli di Boemia. Fu così che la Scala rinacque: l’11 maggio 1946 Toscanini, tornato dall’America, diresse Mafalda Favero e la debuttante Renata Tebaldi con Giovanni Malipiero nel concerto inaugurale.
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La Scala di Mario Botta
Altre vicissitudini caratterizzarono il Dopoguerra, dal rifacimento della volta alla realizzazione di nuovi servizi tecnologici, alla costruzione della Piccola Scala, successivamente chiusa e la realizzazione del cosiddetto Sistema Scala, comprendente il recupero dell’ex Ansaldo convertito in laboratorio per la realizzazione delle scene e dei costumi.
Poi fu la volta del grande intervento di restauro condotto dall’aprile del 2002 al dicembre 2004 articolato in tre parti: restauro conservativo dell’area monumentale, rifacimento del palcoscenico con rimozione del vecchio palco di Secchi e ristrutturazione della torre scenica. I tre aspetti sono stati curati dall’architetto Elisabetta Fabbri per la conservazione della parte monumentale, dall’ingegnere direttore degli allestimenti scenici della Scala Franco Malgrande per il rifacimento del palcoscenico e dall’architetto Mario Botta insieme allo studio dell’arch. Emilio Pizzi per il concept e i nuovi volumi, in particolare la torre scenica e l’ellisse costruito sopra l’ex Casino Ricordi ovvero l’ala lungo via Filodrammatici.
L’area di scena è diventata di 1.600 metri quadrati, con un palcoscenico di 22×34 metri. L’altezza della torre scenica è di 56 metri, di cui 18 sotto terra. In sostanza, si tratta di tre spazi di identica altezza di 18 metri che possono ospitare l’intera scenografia, ai quali si aggiunge, come quarto, lo spazio laterale dove era ubicata la Piccola Scala. L’altro nuovo volume progettato da Botta è a forma di ellisse e prende il posto delle superfetazioni realizzate sopra i tetti dell’ala lungo via Filodrammatici nel corso degli ultimi decenni. In questa stessa area, sul retro dell’ex Casino Ricordi, Botta ha recuperato il vuoto della corte presente all’interno del complesso della Scala. Nell’ellisse, costruita in acciaio e cemento armato e rivestita in botticino chiaro, trovano posto i servizi, i camerini e gli spogliatoi. Dopo questo restauro, la riapertura della Scala è avvenuta il 7 dicembre 2004 con la stessa opera che aveva inaugurato il Teatro il 3 agosto del 1778: Europa riconosciuta di Antonio Salieri, diretta da Riccardo Muti.
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La Scala di domani
Il prossimo anno lungo via Verdi, dietro l’attuale torre scenica, spunterà una nuova torre, sempre firmata da Botta. Servirà per raggruppare gli uffici, parte dei quali sono attualmente ospitati all’esterno del Teatro in spazi in locazione, e aumentare l’offerta di spazi per ballerini e musicisti con nuove sale di prova, oltre che ampliare ulteriormente il retropalco.
Se l’intervento del 2002-2004 investiva direttamente la facciata, il nuovo cantiere si svolge tutto dentro il profilo della via Verdi e vuole dare risposta architettonica ai problemi di potenziamento ingegneristico dei servizi e delle attrezzature sceniche. La nuova torre ricorda, per lo sbalzo, la Torre Velasca e richiama a una Milano medioevale. Il linguaggio è quello tipico dell’architetto ticinese: geometrie precise, alternanza di pieni e vuoti e cura nel rivestimento. Come per la torre scenica nel 2004, si scaverà diciotto metri al di sotto del suolo (gli ultimi metri sono sotto il livello della falda acquifera) e si arriverà all’altezza della Torre stessa (circa 36 metri fuori terra). Complessivamente sono sei piani sotterranei e undici fuori terra. I piani sotterranei saranno in gran parte occupati da un unico spazio, la sala prove per l’orchestra, con una superficie di circa 310 metri quadri e alta 14 metri. Le dimensioni e l’altezza della Sala, appositamente concepite dal punto di vista acustico con la consulenza del noto progettista acustico Yasuhisa Toyota, consentiranno di avere il miglior risultato musicale per le prove e di poter utilizzare tale ambiente anche come sala d’incisione.
Il palcoscenico diventerà invece ancora più profondo raggiungendo la misura record di 70 metri con la creazione di un’area in cui sarà possibile eseguire il montaggio/smontaggio delle scene senza disturbare le attività di prova o spettacolo in corso.
Saranno inoltre realizzati una nuova Sala Prova Ballo della superficie di circa 150 mq, posta all’ultimo piano dell’edificio, e nuovi spazi per l’Archivio storico documentale, attualmente ubicato in un deposito esterno.
L’ultimazione del nuovo edificio è prevista entro il secondo semestre 2022.