Capire e sapere hanno sempre significato andare in profondità per raggiungere l’essenza delle cose: è qualcosa che sta morendo. L’essenza delle cose non risiede più in profondità, ma in superficie; non si trova dentro le cose, ma fuori di esse; e dove cominciano? Ovunque. Nel mondo della rete lo chiamano “navigare”: superficie al posto di profondità, viaggio al posto di immersione.
Si potrebbe obiettare: è solo un cambio generazionale o una rivoluzione del sapere. Non è così.
L’Europa sta invecchiando e la popolazione è stagnante. Le migrazioni in Europa di africani, arabi e asiatici segnano il capovolgimento di una tendenza storica. Nell’era coloniale interi continenti furono trasformati in propaggini europee. La posizione dell’Unione europea è che, mentre i rifugiati politici possono chiedere asilo in Europa, i “migranti economici” clandestini devono tornare a casa. Per varie ragioni è improbabile che questo approccio riesca ad arginare i flussi di popolazioni che aspirano ad una vita migliore. Bisogna accettare l’immigrazione dal resto del mondo come inevitabile, e di abbracciarla con tutto il cuore; e non si può pensare, come persino i favorevoli alla causa dell’immigrazione sostengono, che i nuovi arrivati devono accettare “i valori europei”. Una pretesa che potrebbe risultare non realistica; molti immigranti dal Medio Oriente e dall’Africa portano con sé mentalità molto più conservatrici e sessiste. Non basterà, certo, qualche lezione civica per cambiare questa situazione. La grande domanda nei prossimi decenni è come la fede dell’Europa nei valori liberali universali possa resistere all’impatto con l’immigrazione di massa.
La cecità di non vedere la trasformazione in atto, di non volerla comprendere si moltiplica nell’illusione che ci siano “confini” invalicabili che ci vantiamo di difendere, ma che non esistono; c’è solo una mutazione che avanza. Siamo tutti coinvolti, tutti. Alcuni, più evoluti, altri meno; c’è chi è in ritardo e c’è chi non si è accorto di niente; e c’è chi è consapevole, fa finta di non capire e non capirà mai.
La pièce – “kafkiana” – tratta con dovizia quasi documentaristica le sofferenze e le peripezie dei rifugiati che chiedono asilo politico; e racconta la storia di una giovane africana che cerca asilo politico in Inghilterra. La donna, scoraggiata e sconfitta, a seguito dell’omicidio di massa della sua famiglia, viene interrogata all’aeroporto di Heathrow, a Londra. Incapace di spiegare come sia arrivata fin lì, la donna viene rinchiusa nel centro detentivo per i rifugiati, il Campsfield House vicino Oxford. Lì, la ragazza viene coinvolta nelle proteste che porteranno al processo dei cosiddetti: Campsfield Nine, un gruppo di rifugiati accusati, e poi assolti, di insurrezione.
In questo dramma esplosivo la protagonista riveste 48 diversi personaggi.
The Bogus Woman di Kay Adshead, attrice, poetessa e drammaturga inglese che ha fatto dell’impegno sociale e politico la sua priorità, è stato rappresentato per la prima volta al festival di Edimburgo nel 2000.
The Bogus Woman è stato commissionato e co-prodotto dalla premiata compagnia teatrale Mama Quilla, di cui è direttrice artistica Kay Adshead, che si dedica a tematiche sociali e diritti umani, Theatre for Change e The Red Room, la cui direttrice artistica è Lisa Goldman.
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THE BOGUS WOMAN
di Kay Adshead
traduzione Andrea Peghinelli
con Jasmine Volpi
regia Guglielmo Guidi
GEKON productions Francesco Dainotti
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TREND
nuove frontiere della scena britannica – XVII edizione
festival a cura di Rodolfo di Giammarco
18 ottobre – 22 dicembre 2018
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Teatro Belli
piazza Sant’Apollonia 11/a – 06 5894875
spettacoli ore 21,00 – ingresso posto unico € 10