Umbria Jazz Winter ha festeggiato lo scorso anno il quarto di secolo di vita. Archiviato l’anniversario, che fa del festival invernale una delle manifestazioni italiane del settore più longeve, va in scena quest’anno una edizione, la ventiseiesima, che per qualità potrebbe, non meno di quella precedente, essere degna di un anniversario. Nel cartellone scorrono i più bei nomi del jazz italiano (da notare la partecipazione dei quattro più importanti trombettisti: Rava, Fresu, Bosso, Boltro) e personaggi di culto del jazz americano, esponenti di generazioni diverse come Ethan Iverson e Barry Harris. È una edizione che si segnala per un grande numero di proposte interessanti dal punto di vista progettuale, con alcune esclusive.
Molti artisti presenti quest’anno a Orvieto hanno voluto approfondire aspetti particolari di quell’universo variegato che oggi è il jazz oppure della sua storia, dalle musiche del cinema italiano all’arte di Bud Powell e al bebop, dall’omaggio alla leggenda di New Orleans, la città culla del jazz, al ricordo di Fabrizio De André a vent’anni dalla morte con uno spettacolo tra jazz e canzone, ma anche letture e documenti originali.
Il programma conferma l’identità di una manifestazione “colta” – ma non elitaria! – che privilegia un rapporto profondo e motivato con la musica. Ci sono comunque, in linea con la filosofia di Umbria Jazz, anche proposte più “popolari”, nel senso di generi musicali che vanno incontro ai gusti dei non addetti ai lavori e/o non specialisti, ma che rispondono ai requisiti di qualità che da sempre per Umbria Jazz sono imprescindibili.
Quasi tutti gli artisti sono residenti e si potranno ascoltare quindi più volte durante i cinque giorni di festival, ed alcuni sono proposti in formazioni e progetti diversi.
Immutata la formula della manifestazione, anche perché ormai collaudata da anni e premiata dal gradimento del pubblico. I luoghi della musica sono il teatro Mancinelli, il museo Emilio Greco, le sale del Palazzo del Capitano del Popolo, tutti nel cuore dell’acropoli orvietana.
Musica non stop al Palazzo dei Sette e Jazz lunch e Jazz dinner al “Malandrino” e al “San Francesco”. Qui jazz ed enogastronomia, un’altra eccellenza dell’Umbria, trovano una accattivante simbiosi. Come sempre, ci saranno i Funk Off a sfilare per le vie del centro della Città della Rupe. La street band toscana con il suo festoso e spettacolare mix di funky e tradizioni musicali di New Orleans (ma in chiave moderna) è ormai la colonna sonora ufficiale di Umbria Jazz. E per chi vorrà far tardi, niente di meglio delle jam session che sono uno dei riti più identitari del jazz fin dalle sue origini. Si comincia a mezzanotte con la resident band (Piero Odorici e Daniele Scannapieco ai sax, Andrea Pozza al piano, Aldo Zunino al contrabbasso e Antony Pinciotti alla batteria) e si prosegue finché si ha voglia È una band di musicisti esperti, che dal vivo sanno come restituire in modo perfetto il clima infuocato delle jam.
Una giornata seguendo il filo del programma di Umbria Jazz Winter # 26 significa anche una visita guidata attraverso la storia di una delle più belle città dell’Umbria.
Restano centrali i due momenti che da sempre caratterizzano il festival.
Il primo è il concerto gospel che segue la Messa di Capodanno nel Duomo. I canti religiosi della tradizione afroamericana (quest’anno il New Direction Gospel Choir del Tennessee) sono una presenza fissa dei programmi del festival.
Il secondo momento caratterizzante Umbria Jazz Winter è la notte che saluta l’arrivo del nuovo anno con tre grandi veglioni in altrettanti locali e con concerti prima e dopo la mezzanotte. Chi vuole, può tirar tardi fino all’alba.
Umbria Jazz, infine, offre anche quest’anno una vetrina di prestigio a due giovani formazioni: la vincitrice del Conad Jazz Contest 2018 ed il Berklee/Umbria Jazz Clinics 2018 Award Group, ovvero gli studenti più promettenti tra quelli che hanno frequentato i corsi estivi del College di Boston. Forse tra loro ci sono le star di domani. O addirittura di oggi.
L’appuntamento nell’acropoli di Orvieto resta dunque fissato con grande evidenza nel calendario dell’inverno musicale italiano ed europeo. È il momento clou di un periodo dell’anno in cui l’Umbria ha molto da offrire ai suoi visitatori: ospitalità, arte, eventi, buon vivere, cultura, sono i tasselli di un mosaico che ben rappresenta l’identità della regione. Umbria Jazz Winter si pone ancora una volta l’obiettivo di fungere da traino per tutto il territorio, oltre che per la buona musica.
Non solo una grande manifestazione culturale. Umbria Jazz è un sistema di eventi, nella sua regione e all’estero, che veicola immagine, promozione, indotto economico. Per quantificare la ricaduta sul territorio è stata realizzata una ricerca universitaria sull’edizione estiva 2018. L’iniziativa è del Prof. Luca Ferrucci, del Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi di Perugia, con Simona Collu e Michele Tomassoli, studenti del Master in International Business and Inter-Cultural Context dell’Università per Stranieri di Perugia.
La ricerca si proponeva di rilevare il valore economico-sociale della manifestazione per Perugia, in particolare il suo centro storico. Emerge un impatto generalmente più che positivo in tutti i parametri presi in esame: dalla occupazione delle camere di albergo (omogenea per tutte le tipologie, da una a cinque stelle) alle visite nei principali musei cittadini, dai biglietti emessi dal Minimetrò come principale mezzo di trasporto da e verso il centro al volume di affari degli esercizi commerciali, fino alla visibilità nei social e in generale nella comunicazione in Rete. Tutto ciò, confrontando i dati dei dieci giorni di festival con l’analogo periodo precedente la manifestazione.
Per la nuova Via della seta passa anche la musica. Umbria Jazz è stata ufficialmente inserita dal Forum Intergovernativo Italia Cina e dall’Ambasciata Cinese a Roma tra le eccellenze italiane protagoniste degli scambi culturali tra Italia e Cina.
Frutto, questo riconoscimento, del lungo lavoro della Regione e della stessa Umbria Jazz attraverso le sue numerose manifestazioni in Cina. Importante anche il ruolo della Fondazione Italia Cina. L’inserimento tra i soggetti protagonisti del Forum è prima di tutto uno stimolo a continuare sulla strada di una sempre maggiore presenza del festival all’estero. In questo senso la Cina, che esprime una forte domanda di cultura
occidentale e in particolare italiana, è stata individuata come un obiettivo prioritario, anche se di certo non l’unico.
L’ultima iniziativa cinese di Umbria Jazz, nella prima settimana di ottobre, è stata la partecipazione all’HB Town Music Festival di Changsha, per cui è stato allestito un cartellone con artisti italiani e americani. Umbria Jazz ha avuto in questa occasione il rango di ospite speciale con il compito di inaugurare il nuovo parco giochi e commerciale della metropoli cinese. Un parco “italiano” che riproduce monumenti dei centri storici italiani di Venezia, Assisi e La Spezia. Grande successo di pubblico (settantamila paganti in sette giornate di concerti) e premesse già gettate per replicare il prossimo anno. In tal senso sono arrivate da parte cinese alcune proposte da vagliare.
Ancora un riconoscimento per Umbria Jazz: il Premio Speciale Targa Mei Musicletter, riservato quest’anno al “Miglior festival musicale italiano”.
La Targa Mei Musicletter, premio nazionale destinato al giornalismo musicale sul web, giunto alla sesta edizione, è stato ideato dal blogger Luca D’Ambrosio con il supporto del Meeting degli Indipendenti.
La consegna della targa è avvenuta lo scorso 29 settembre presso la Sala del Consiglio Comunale di Faenza in occasione del MEI 2018.
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MUSICISTI DI UMBRIA JAZZ WINTER # 26
Riflettori puntati sul Bebop con Barry Harris, l’ultimo grande superstite dell’età d’oro del genere che negli anni ‘40 rivoluzionò il jazz, e un artista contemporaneo, Ethan Iverson, con un progetto (in esclusiva per Umbria Jazz Winter) sull’arte e la figura di Bud Powell, che del Bebop fu, con Thelonious Monk, il più importante pianista.
Harris (89 anni, di cui ottantaquattro passati davanti al pianoforte) suonerà in trio con Ben Street al contrabbasso e Lewis Nash alla batteria. È la stessa sezione ritmica che userà Iverson per i suoi arrangiamenti con la Umbria Jazz Orchestra in “Bud Powell in the 21st century”. Iverson, autentico intellettuale del Jazz moderno con una sconfinata cultura musicale, sarà anche protagonista di una solo piano performance.
In prima assoluta (a parte una sorta di numero zero) Umbria Jazz presenta “Viva/De André“, spettacolo di musica e parole allestito da Luigi Viva, giornalista e scrittore, grande conoscitore e fan di Fabrizio, con documenti audio inediti, letture e musica suonata dal vivo da un quintetto con Francesco Bearzatti. È il modo di ricordare, a vent’anni dalla morte, Fabrizio De André, che amava il jazz e da giovane lo suonò.
“Mare Nostrum” è il titolo di una straordinaria esperienza di condivisione artistica cui hanno dato vita più di un decennio fa Paolo Fresu, Richard Galliano e Jan Lundgren. Il trombettista sardo, il fisarmonicista francese e il pianista svedese, pur senza mai mettere da parte le rispettive radici, si tuffano in un mare grande in cui si affacciano culture, genti, identità diverse ma destinate all’incontro, non alla separatezza. Di prossima pubblicazione il terzo e (forse) ultimo disco del trio.
Due proposte diverse, ma entrambe dedicate alla musica che ha contribuito a fare grande il cinema italiano.
“La Dolce Vita”, quartetto con Giovanni Tommaso, Enrico Rava, Danilo Rea e Roberto Gatto, è l’occasione per celebrare nel modo migliore i sessant’anni di carriera di Tommaso, figura chiave del processo di maturità del jazz italiano. La band, vera e propria all stars, è anche la reunion di un gruppo di amici.
“Cinema Italia” si definirebbe, parlando di film, un eccellente cast: Rosario Giuliani al sax, Luciano Biondini alla fisarmonica, Enzo Pietropaoli al contrabbasso e Michele Rabbia alle percussioni, batteria ed elettronica. Il loro è un punto di vista musicale contemporaneo che non tradisce mai la melodia di temi indimenticabili, ma allo stesso tempo li presenta con una nuova forza e vitalità.
Storyville Story e The Big Easy Trio hanno in comune il richiamo a New Orleans e una figura originale come Mauro Ottolini.
Con Ottolini in Storyville Story ci sono Fabrizio Bosso, Vanessa Tagliabue Yorke, Paolo Birro, Glauco Benedetti, Paolo Mappa.
Storyville era il quartiere più “hot” di New Orleans, in cui si concentravano locali notturni, caffè, bische e bordelli. Il jazz dei grandi trombettisti o dei pianisti stride era la sua colonna sonora. In questo spettacolo, attraverso brani storici trascritti e arrangiati da Ottolini, rivive la leggenda e soprattutto la sua musica.
Anche The Big Easy Trio rende omaggio a New Orleans, nota come The Big Easy, ed alla musica Nera. Otis Redding, Ray Charles, Etta James, Fontella Bass per arrivare a Amy Winehouse: il repertorio percorre la storia del Blues, dell’R&B, del Jazz delle origini fino ai giorni nostri, e mette in evidenza la cifra più black della voce di Karima, sostenuta dagli arrangiamenti di Ottolini e dallo swing di Oscar Marchioni.
Nel cartellone anche Giovanni Guidi con il suo quintetto. Il pianista di Foligno a 33 anni è ormai una figura importante del nuovo jazz italiano ed europeo. Due anni fa ha vinto il referendum di Musica Jazz per il miglior disco italiano, “Ida Lupino”, e sta per uscire il suo quarto cd per la ECM, con una formazione che è per quattro quinti quella del concerto orvietano (Francesco Bearzatti al sax, Roberto Cecchetto alla chitarra, Joe Rehmer al contrabbasso e João Lobo alla batteria).
Flavio Boltro, trombettista di talento da anni protagonista della scena del jazz, presenta il trio BBB in cui si fondono organicamente atmosfere liriche e ritmi serrati, elettronica e swing, improvvisazioni e groove. La musica e la formazione (unica nel suo genere: tromba-basso-batteria) sono nate dalla volontà di non utilizzare strumenti armonici come il piano o la chitarra per avere maggiore libertà espressiva e porre l’accento sull’interazione tra tromba e sezione ritmica.
Il jazz, ovvero l’arte dell’incontro. A partire dal duo, formula più semplice a dirsi che a farsi. A Orvieto saranno in scena il duo Paolo Fresu – Danilo Rea e quello Fabrizio Bosso – Julian Oliver Mazzariello.
Il primo non è un evento tanto abituale nonostante Fresu e Rea si conoscano da una vita e frequentino da protagonisti la scena del jazz. Il loro incontro quindi è una occasione da non perdere per ascoltare artisti accomunati da un grande senso della melodia, raffinati costruttori di emozioni.
Fabrizio Bosso e Julian Oliver Mazzariello invece hanno percorso in tandem (non a caso è il titolo del loro disco in duo) gran parte delle loro carriere, nel senso che hanno pedalato insieme, artisticamente parlando, verso obiettivi condivisi. Una lunga storia di musica e di amicizia, quella tra il trombettista torinese e il pianista anglo italiano, cominciata addirittura nei primi anni del 2000 e poi confermata negli anni.
Ancora jazz italiano con il quartetto di Fabio Zeppetella, chitarrista stabilmente partecipe della élite musicale europea per il talento di improvvisatore, il lirismo, la tecnica strumentale, le doti di compositore e didatta; il quartetto di Claudio Jr. De Rosa, giovane (classe 1992) ma già affermato sassofonista, compositore e arrangiatore che ha riscosso consensi e vinto premi in Italia e all’estero, dove ha spesso lavorato (soprattutto in Olanda); Filippo Bianchini, umbro di origini (è nato proprio a Orvieto) e per formazione musicale (diploma in sassofono al Conservatorio di Perugia nella classe di Mario Raja) ma musicista internazionale per i lunghi soggiorni all’estero, in particolare in Olanda e in Belgio; Andrea Pozza, che è anche membro dell’House Quintet che anima le jam session e si esibisce come solista nei jazz lunch. Pozza è uno dei più stimati pianisti italiani, eclettico, colto, elegante.
Italiano non di origine ma di adozione per scelta di vita è Nick the Nightfly, diventato popolare dai microfoni di Radio Monte Carlo con i suoi programmi ironici e colti, dai quali si ascolta sempre ottima musica, e per le sue compilation di culto. Nick è però prima di tutto un eccellente performer che si circonda di ottimi musicisti.
Dagli Stati Uniti due cantanti molto diversi ma che interpretano nel segno della ortodossia altrettanti storici filoni della musica americana. Allan Harris è un jazzman, anzi un crooner raffinato che il pubblico di Umbria Jazz conosce bene per averne seguito la crescita negli ultimi anni. Oggi Harris è uno dei vocalisti più stimati della scena americana. Wee Willie Walker, originario del Mississippi, è un autorevole esponente del sound di Memphis, città in cui è cresciuto. Le sue radici musicali affondano però nel gospel, che ha cantato da ragazzo. A Orvieto si esibisce con The Anthony Paule Soul Orchestra, band formata da autentici specialisti del Soul, con all’attivo collaborazioni prestigiose. La sua costituzione come gruppo stabile è recente ed è avvenuta in Italia, in occasione del festival di Porretta.