Il nome di Lyman Frank Baum ai più dice poco o nulla. Ed è un peccato, perché fu un personaggio interessante: nato ricco, si impoverì a più riprese per inseguire i suoi sogni di fondatore di giornali e finanziatore di musical e opere teatrali, tutte imprese perlopiù rovinose. Di lui, però, resta un’opera immortale, tradotta in un’infinità di lingue (ma i cui diritti fu costretto a cedere per ripagare i debiti del suo ultimo fallimento), conosciuta veramente da tutti: Il Meraviglioso Mago di Oz. Il celebre romanzo per ragazzi, scritto nel 1900, in realtà è solo il primo di una serie che ne annovera altri 13, tutti pubblicati nell’arco di vent’anni. Ma è ovviamente il più noto, ed è stato ripreso in tutti i modi, dal cinema ai videogiochi.
Non è una sfida facile, insomma, portarlo sul palcoscenico. Ma il Teatro Pantegano, tra le migliori compagnie italiane di teatro per bambini e ragazzi, questa sfida l’ha vinta. E lo ha fatto sfoderando le sue qualità ormai già note: drammaturgia scrupolosa, recitazione impeccabile, grande capacità di coinvolgimento del pubblico, e soprattutto tanto gioco, tanto divertimento. Lo spettacolo si può vedere a Roma, presso il Teatro Sette (in via Benevento 23) nei sabati del 12 e 19 gennaio (alle ore 17.30). Ed è davvero uno spettacolo da non perdere (e ci permettiamo di consigliare la prenotazione, visto il tutto esaurito della prima rappresentazione dello scorso 5 gennaio).
Gioco e divertimento, è bene sottolinearlo, poggiano su una partitura drammaturgica di prim’ordine. La riduzione del testo operata dalla compagnia privilegia gli aspetti emotivi e didattici del romanzo: allo Spaventapasseri “senza cervello” il Mago donerà una laurea (affermando così il valore dello studio, ancor più necessario in quest’epoca di affermazione dell’incompetenza), l’Omino di Latta “senza cuore” scoprirà per la prima volta la propria sensibilità attraverso i baci dei bambini, mentre il Leone Codardo riceverà una medaglia al valore, indicandoci dunque come sia possibile, attraverso il proprio impegno, trasformare le debolezze in coraggio. La compagnia del Teatro Pantegano, insomma, non dimentica mai che si può divertire ed educare nello stesso tempo, e che ridendo e giocando si assimilano comunque pensieri e sentimenti.
Perché di gioco e divertimento ce n’è davvero tanto. Lo spettacolo fila via senza cali di tensione, la storia è di continuo piacevolmente intervallata da gag, battute divertenti, trovate, e soprattutto da canzoni eseguite alla chitarra e cantate poi in coro dal pubblico. Va reso merito, dunque, al quintetto di bravissimi attori (Valentina Baragli, Cristiano Leopardi, Simone Giaccaglia, Francesca Baragli ed Erika Manni, quest’ultima anche regista), che ancora una volta dimostrano versatilità e presenza scenica. “Quello che io cercavo era qua, ora che l’ho trovato lo chiamo felicità”: così canta alla fine la protagonista Dorothy al suo ritorno a casa, e sembra un invito (per chi lo spettacolo non l’ha ancora visto) a trovarne un pezzetto, giusto per un’ora, al Teatro Sette.