Acrobazie, parola, musica. Dall’alchimia di queste forme artistiche scaturisce la magnifica performance con cui Valentina Cidda ammalia gli spettatori.
La drammaturgia, ideata da Valentino Infuso sulle corde espressive dell’attrice ne mette in risalto tutte le abilità, consentendo una prova d’artista a tutto tondo, nella quale ogni parte del corpo, singolarmente, è in grado di trasmettere un messaggio.
“Di fondamentale importanza è la straordinaria capacità espressiva di Valentina, sia da attrice sia da pianista. È difficile trovare nella stessa persona un livello così alto in entrambe le discipline. Questo è uno spettacolo che potrei fare solo con lei” sostiene l’autore e regista.
Lo spettacolo, infatti, è nato e si è sviluppato nel tempo sul livello performativo di Valentina.
La pronuncia prolungata Pffffffff… trasforma il suono nell’onomatopea del soffio vitale che racchiude un’esistenza grondante attesa, amore, delusione, dolore, sogni, ambizioni, abbandoni. È un affresco impastato di sangue e parole, gesti e silenzi, violenze e sperdimento, armonia e plasticità. Un’opera alchemica in tre sonate che squarciano gli anfratti dell’esistenza.
Sonata Prima: le origini del male. Rannicchiata sul pianoforte in posizione fetale, vestita di una camiciola bianca la bambina viene al mondo e, crescendo, pian piano scivola sulla tastiera e sullo sgabello suonando l’introduzione alla vita con la testa, il corpo, i piedi.
Sonata Seconda: l’ostinato inferno. Il corpo si contorce, si sottrae e si difende dal disincanto della maturazione fisica e psichica, interrogandosi sull’abbandono del padre e una madre persa dietro il frasario della vanità.
Sonata Terza: trasmutazione e guarigione. La coscienza di sé si espande e acquista consapevolezza di donna, persegue successi e anela una catarsi.
La pulsione artistica di Valentina Cidda richiedeva un racconto esistenziale sfaccettato in cui il pianoforte diventasse un’estensione del suo corpo, sublimando la relazione con lo strumento che affonda negli anni della sua formazione. Valentino Infuso ha raccolto quest’istanza infondendole un afflato esistenziale fortemente emotivo, scrivendo la Prima Sonata che vinse il Jazzit Fest di Feltre nella sezione corti teatrali.
Unico elemento scenografico il pianoforte, che l’attrice suona col corpo, coi piedi e con le mani rivolte all’indietro. Cuore e passioni si raggrumano come umori che il corpo tormentato secerne e che si librano in un vortice emozionante di virtuosismo interpretativo. L’alchimia esistenziale mediata dall’alchimia artistica della coppia Cidda-Infuso.
Il pianoforte è alter ego, interlocutore, amico, schermo, rifugio. Valentina lo suona, lo spinge, lo ruota, se ne fa schermo per scandire i passaggi delle età della vita. Dietro la sua nera e alta sagoma cresce, cambia abito, si innamora, subisce violenza: tutto ciò espresso solo dalle gambe che assumono pose diverse sugli alti tacchi a spillo della giovinetta che si affaccia sul mondo.
Infine, fasciata da una nera tuta in pelle, capelli sciolti e trucco vistoso, è una cantante affermata che suona i pezzi del suo repertorio, alla perenne ricerca di una trasformazione.
Dove trovare la pace? Nello stadio iniziale, di nuovo raggomitolata sul pianoforte, assecondata dal gioco di luci di Giovanni Monzitta, lasciando cadere le camicie bianca, nera e rossa delle età della vita.
Fenomenale e instancabile Valentina Cidda, attrice e pianista, autrice delle musiche che esegue dal vivo mentre recita e si muove plasticamente impersonando il testo che Valentino Infuso ha scritto con un’affinata sensibilità sull’universo femminile.