Giovedì 14 febbraio 2019, ore 20.30
Venerdì 15 febbraio 2019, ore 20.00
Domenica 17 febbraio 2018, ore 16.00
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Edward Elgar Concerto per violoncello e orchestra in Mi minore op. 85
Sergej Prokof’ev Suite da “Romeo e Giulietta”
Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi
Violoncello Quirine Viersen
Direttore Claus Peter Flor
Auditorium di Milano, largo Mahler
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Dall’elegiaco canto del violoncello di Elgar quale estremo saluto all’intimità romantica, alla svolta compiuta da Prokof’ev che due decenni dopo ha trasformando “Giulietta e Romeo” di Shakespeare in un balletto di vibrante e poderosa plasticità; dall’Inghilterra di inizio secolo alla Russia stalinista. Questa volta Claus Peter Flor racconta insieme all’Orchestra Verdi le tensioni della musica del Novecento tra due guerre, in costante bilico fra tradizione e modernità, fra passato e futuro, alla ricerca di un proprio linguaggio. Ospite all’Auditorium per tre serate (giovedì 14 febbraio, ore 20.30, venerdì 15 febbraio, ore 20.00, e domenica 17 febbraio, ore 16) sarà la famosa violoncellista olandese Quirine Viersen con il Concerto per violoncello e orchestra di Edward Elgar, banco di prova di tanti violoncellisti ed eseguito la prima volta dalla London Symphony Orchestra nel 1919. Il brano acquistò una vasta popolarità solo negli anni Sessanta, quando Jacqueline du Pré (che aveva studiato il Concerto di Elgar già a 13 anni), lo incise con la London Symphony Orchestra, appena ventenne. Il brano è anche inserito nella colonna sonora del film di Anand Tucker del 1998 “Hilary and Jackie” nel quale il ruolo della violoncellista era ricoperto da una giovanissima Emily Watson.
Immancabile nei giorni dedicati agli innamorati, la più famosa e struggente storia d’amore di tutti i tempi, quella di Giulietta e Romeo, legata alla penna di Shakespeare e che nel tempo si è arricchita di numerosi contributi e trasposizioni musicali. La suite dal balletto “Giulietta e Romeo” di Prokof’ev. che l’Orchestra Verdi eseguirà all’Auditorium di largo Mahler, con la sua famosissima introduzione incalzante di archi, secondo molti critici è quella che si avvicina di più alla poetica originale di Shakespeare.
Anche quest’anno in occasione del “Giorno del Ricordo” (istituito dalla Repubblica Italiana dal 10 febbraio 2004 per commemorare la tragedia delle foibe e l’esodo di 350.000 italiani dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia, avvenuta durante e dopo la Seconda guerra mondiale) laVerdi ospita il Comitato di Milano dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e il Movimento Nazionale Istria Fiume Dalmazia, impegnati a rinnovare la memoria delle vicende legate all’eccidio di migliaia di persone da parte dei partigiani di Tito tra il 1943 e il 1955.
Biglietti serie Verdi: euro 36.00/16.00; Info e prenotazioni: Auditorium di Milano Fondazione Cariplo, largo Mahler; orari apertura: mar/dom, ore 10.00/ 19.00. Tel. 02.83389401/2/3, www.laverdi.org www.vivaticket.it.
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Programma:
Edward Elgar Concerto per violoncello e orchestra in Mi minore op. 85
Il Concerto per violoncello e orchestra in mi minore op. 85 è l’ultima grande partitura orchestrale di Edward Elgar (escludendo la Terza Sinfonia rimasta allo stato di abbozzo nel 1934, anno della morte del compositore), nata dopo un lungo periodo di silenzio creativo. Il compositore non aveva scritto quasi nulla nel periodo della Prima Guerra Mondiale e ciò che lo spinse di nuovo verso la composizione fu un intervento chirurgico subito nel 1918 (una tonsillectomia, oggi ritenuta banale, ma all’epoca rischiosa, specie per un uomo di 61 anni). Stando alla testimonianza della figlia, appena si risvegliò dall’anestesia, Elgar chiese subito carta e penna per appuntare un tema musicale in 9/8. Due mesi dopo, durante la convalescenza nel suo cottage, vicino a Fittleworth, piccolo villaggio nel West Sussex . Elgar, cominciò ad orchestrare la melodia, senza avere ancora un’idea precisa di cosa farne fino a che nel maggio del 1919 decise di usarla come tema per un Concerto per violoncello e orchestra a cui lavorò alacremente portandolo a termine l’8 agosto (con dedica all’amico Sidney Colvin e alla moglie Frances). Il debutto avvenne il 27 ottobre 1919 alla Queen’s Hall di Londra, nel concerto inaugurale della prima stagione sinfonica postbellica della London Symphony Orchestra, ma non fu un successo, anche perché all’epoca la musica di Elgar cominciava a essere fuori moda, anche nella conservatrice Inghilterra. Subito dopo quel fiasco, Elgar conobbe la violoncellista Inglese Beatrice Harrison, e con lei registrò due volte il Concerto prima nel 1920, in una versione incompleta, poi nel 1928. Il Concerto fu eseguito da celebri solisti come Gregor Piatigorsky, Pablo Casals, William Henry Squire, che ne fece una storica incisione nel 1936, ma acquistò una vasta popolarità solo negli anni Sessanta, quando Jacqueline du Pré (che aveva studiato il Concerto di Elgar già a 13 anni, sotto la guida di William Pleeth), lo incise, appena ventenne, per la Emi, con la London Symphony; la sua interpretazione viene spesso descritta come “leggendaria” e “definitiva”
La storia della violoncellista che a 28 anni, all’apice della carriera, si scoprì affetta da sclerosi multipla che la portò alla morte a soli 42 anni è raccontata nel film di Anand Tucker, “Hilary and Jackie”, del 1998, con Emily Watson nel ruolo di Jackie.
Nel Concerto per violoncello e orchestra Elgar si allontana decisamente dallo stile elaborato ed espansivo delle sue precedenti composizioni: è una partitura asciutta, di grande concentrazione espressiva – come i tre lavori cameristici nati nello stesso periodo – più leggero e condensato rispetto al mastodontico Concerto per violino del 1910 (che era in tre movimenti, ma durava un’ora circa), con una struttura formale semplice, priva di grandi sviluppi ed elaborazioni tematiche, con un ampio melodizzare, quasi un inarrestabile flusso melodico, pervaso di echi brahmsiani, che imprime all’intero Concerto un tono elegiaco, crepuscolare, un carattere insieme solenne e malinconico (non a caso è stato spesso visto come una sorta di addio all’eredità della musica romantica cui Elgar era così legato). La melodia rimase sempre nella mente del compositore, che nel 1933, gravemente malato, la canticchiò ad un amico dicendogli: “Se dopo la mia morte sentirai qualcuno fischiettare questa melodia a Malvern Hills, non allarmarti. Sarò sempre io”.
Eppure dietro l’apparente semplicità si svela la sapienza compositiva, la cura estrema dei dettagli, il lavoro armonico raffinatissimo, caratterizzato da sorprendenti percorsi modulanti, un’orchestrazione trasparente, ma sempre molto caratterizzata in ogni risvolto espressivo, e un certo gusto modale, che sembra riallacciarsi alla nuova moda neorinascimentale inglese, che aveva avuto il suo exploit nel 1910 con la Tallis Fantasia di Ralph Vaughan Williams.
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Sergej Prokof’ev Suite da “Romeo e Giulietta” ( di Lorenzo Casati)
Nel 1870, prima dell’Amleto e della Quinta Sinfonia, prima dell’amicizia con Lucien Guitry e del rapporto con Nadezhda von Meck, prima, insomma, degli eventi che caratterizzarono la vita di Cajkovskij come oggi la conosciamo, vedeva la luce l’Ouverture-Fantasia Romeo e Giulietta. L’autore la dedicò a Milij Balakirev, da lui molto ammirato nonostante fosse solo di tre anni più vecchio, ed al quale aveva già dedicato un precedente lavoro orchestrale; nonostante il sottotitolo, la composizione è in realtà un poema sinfonico in forma sonata, i cui due temi rappresentano l’odio fra le due famiglie e l’amore dei due protagonisti, mentre il motivo presentato nel prologo rappresenta col suo carattere corale, quasi inteso a richiamare l’antica musica della chiesa ortodossa, il personaggio di Frate Lorenzo.
Tanto il soggetto quanto la struttura furono suggeriti a Cajkovskij da Balakirev, compositore tutto sommato modesto, ma pieno di idee e d’iniziativa; i due si incontrarono a Mosca, probabilmente nell’estate del 1869, ed il più anziano, che aveva ammirato il talento del giovane collega, gli propose la composizione di un brano sinfonico ispirato alla tragedia shakespeariana. Quando poi, in una lettera datata 14 ottobre, il giovane Pjotr scrisse al proprio mentore delle difficoltà incontrate nella composizione con le parole “temo che la mia musa sia volata via”, l’altro, senza minimamente scomporsi, gli rispose dandogli consigli sulla struttura da seguire (arrivando a suggerire come modello una propria composizione, l’ouverture Re Lear) e addirittura sulle tonalità da sfruttare, secondo un piano cui Cajkovskij si attenne con precisione. La prima versione del lavoro fu così completata ed eseguita per la prima volta il 16 marzo del 1870, dopo che la sua partitura era più volte passata per corrispondenza da Mosca a San Pietroburgo, da Cajkovskij a Balakirev, quasi dall’allievo al maestro, in un rapporto che oggi, conoscendo il vero valore dei due personaggi, ci fa sorridere. In particolare il compositore più anziano criticò fortemente il fugato iniziale (eliminato nella seconda versione) che a sua detta assomigliava più ad un quartetto di Haydn che al solenne eco di un coro liturgico; fu così che l’autore si rimise al lavoro, modificò fortemente l’introduzione e modificò parte del corpo del lavoro, appena in tempo per la pubblicazione da parte dell’editore Bote und Bock, che dette la composizione alle stampe nello stesso anno dietro suggerimento di Rubinstein. Solo un decennio dopo l’autore tornò a lavorare su Romeo, modificandone il finale e portando a termine, il 10 settembre 1880, la versione dell’opera che oggi più comunemente si esegue.
Pur essendo strutturata in una forma sostanzialmente classica, l’Ouverture-Fantasia Romeo e Giulietta presenta alcune caratteristiche di grande peculiarità, che la rendono in qualche modo unica nel proprio genere. Dopo un tema iniziale che dalla tonalità di Fa diesis minore scivola di semitono in semitono verso Fa e poi Mi minore, quasi a voler suggerire, pur nella tranquillità evocata dal personaggio del frate, cui il tema corrisponde, una “quiete prima della tempesta”, questa prontamente scoppia all’apparire del primo gruppo tematico, in tonalità di Si minore, che con la propria agitazione dà voce all’odio fra Montecchi e Capuleti, culminando in diversi colpi di piatti ad evocare l’incrociarsi delle spade sulle vie della “bella Verona”, ove “per civil mano, civil sangue scorre”. Dopo aver esposto cellule ritmiche che per la loro varietà e complessità sembrano presagire Stravinskij, la tonalità passa improvvisamente a Re bemolle maggiore e, quasi di sorpresa, giunge il tema dell’amore, riguardo al quale Balakirev scrisse “lo suono spesso, e vorrei tanto abbracciarvi per averlo scritto”, un sublime motivo di ampio respiro presentato dalle viole e dal corno inglese (Romeo), per poi passare ad oboi e flauti (Giulietta). Ricomincia la battaglia di secondo in secondo più serrata, mentre il tema dell’amore, che tenta più volte di uscire allo scoperto, viene sempre più drammaticamente frammentato e sopraffatto, fino ai fatidici colpi di piatti che rappresentano la morte dei due amanti. La battaglia prosegue scemando verso un momento di maggior tranquillità, una sorta di dolcissimo threnòs in Si maggiore, costruito su una lunghissima nota tenuta della tuba e sulla continua ripetizione di una cellula ritmica in terzine ai timpani; poi tutti tacciono a parte i fiati, che intonano un lamento intimo e straziante, ma a suo modo luminoso: la morte dei due “amanti nati sotto infelice stella” ha posto fine alla sanguinosa faida fra le loro famiglie. L’arpa introduce un’ultima eco del tema dell’amore, esposto da violini e viole, e la composizione si conclude su una serie di sette accordi di Si maggiore ed un ultimo Si (la singola nota) tenuto in unisono da tutta l’orchestra; un finale ad un tempo luminoso e cupo: la pace è fatta, ma a prezzo di sangue; l’odio uccide per mezzo dell’amore chi l’ha rinnegato e, in definitiva, sconfitto. (Lorenzo Casati)
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Biografie
Quirine Viersen, violoncello
Così si racconta la violoncellista olandese: “Per me è fondamentale studiare e suonare musica a livello emotivo. Accanto ai valori dell’analisi e della conoscenza, il mio fare musica segue il suo percorso più potente quando viene dal profondo di me. Quel che mi spinge a suonare il violoncello è la voglia di trasmettere la purezza e l’essenza della musica. Questo mi sembra il modo giusto per permettere all’ascoltatore di unirsi a me nel flusso, senza barriere.”
Il padre di Quirine, Yke Viersen (violoncellista della Royal Concertgebouw Orchestra), fu il primo a influenzare il suo talento che poi fu seguito anche da Jan Decroos e Dimitri Ferschtman. A sedici anni, Quirine è stata la più giovane vincitrice del concorso musicale internazionale di Scheveningen. Le intuizioni di Ralph Kirshbaum e Natalia Gutman e Heinrich Schiff si sono rivelate determinanti. Heinrich Schiff era il suo mentore onnicomprensivo, che le insegnava a fare musica con il violoncello come strumento. La tecnica della “Navarra” l’ha arricchita notevolmente. Tra gli altri, è stata premiata al Concorso Rostropovich Parigi 1990, al Concorso Internazionale per violoncelli Helsinki 1991 e al Concorso Tchaikovsky Mosca 1994. Nello stesso anno ha ricevuto il premio di stato classico più prestigioso, il Dutch Music Award.
Vincitrice del Credit Suisse Young Artist Award, Quirine si è esibita con la Filarmonica di Vienna sotto la guida di Zubin Mehta al Festival di Lucerna nel 2000. Da allora, Quirine ha suonato il repertorio per violoncello con la Royal Concertgebouw Orchestra diretta da Herbert Blomstedt, Ingo Metzmacher e Bernard Haitink, Netherlands Philharmonic Orchestra / Marc Albrecht, St. Petersburg Philharmonic Orchestra / Valery Gergiev, Frankfurt Radio Symphony / Hugh Wolff, Israel Philharmonic Orchestra / Georges Pehlivanian, Vienna Chamber Orchestra / Heinrich Schiff, Malmö Symphony Orchestra / Lawrence Renes, Tokyo Metropolitan Symphony Orchestra / Jean Fournet e altri. Collaborazioni precedenti e continue includono Antje Weithaas, Thomas Beijer, Leonidas Kavakos e Liza Ferschtman; con inviti da Delft Chamber Music Festival, Rheingau Music Festival, Mondsee Tage, Luzerner Festwochen e Salzburger Festspiele.
Tra i più recenti impegni di Quirine Viersen c’è il Cello Concerto di Barber con il Niederrheinische Sinfoniker diretto da Diego Martin-Etxebarria. Per la Cello Biennale Internazionale di Amsterdam nel 2018, ha rivisitato il Concerto per violoncello di Korngold, oltre a suonare in prima mondiale Glacier, un pezzo solista che JacobTV ha scritto per lei. Il 2019 vede la collaborazione con l’Arnhem Philharmonic Orchestra / Lucas Macias Navarro e la Netherlands Chamber Orchestra per l’arrangiamento per violoncello del Concerto per flauto di Mozart. E con l’Orchestra Verdi per il Concerto per violoncello e orchestra di Elgar.
Nel 2011, Quirine aveva registrato per la prima volta Bach Suites for Cello. The Strad ha scritto: “Le sue interpretazioni sono caratterizzate da equilibrio, immaginazione e un piacevole senso di fantasia.” Nuove prospettive hanno portato a una seconda registrazione, che verrà pubblicata nel 2019. Dopo aver lavorato e registrato a lungo con Silke Avenhaus per quasi vent’anni, Quirine ha cercato nuove collaborazioni in duo. I recital con il pianista Enrico Pace hanno ottenuto grande successo al Concertgebouw di Amsterdam nel 2017.
Quirine Viersen suona un raro violoncello di Giuseppe Guarneri filius Andreae del 1715, precedentemente suonato da André Navarra. Lo strumento è stato gentilmente fornito dal Fondo nazionale di strumenti olandese, con l’aiuto di Heinrich Schiff, che ha voluto arricchire il violoncello regalando uno dei suoi archi.
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Claus Peter Flor, direttore
Riconosciuto a livello mondiale quale direttore dall’istintivo ed incisivo talento musicale, Claus Peter Flor ha costruito una prestigiosa carriera internazionale. È apprezzato per la sua competenza e per l’interpretazione del repertorio austro-tedesco (Bruckner, Mahler, Strauss, Brahms, Schumann e Mendelssohn), delle opere di Shostakovich ed ha una particolare affinità con il repertorio ceco di Dvorak e Suk di cui ha inciso molti brani durante il suo incarico di Direttore Principale della Malaysian Philharmonic. Il M° Flor ha iniziato la sua carriera musicale studiando violino nella sua città natale e a Weimar, prima di concentrarsi sulla direzione d’orchestra con Rolf Reuter ed in seguito con Rafael Kubelik e Kurt Sanderling. Nel 1984 è stato nominato General Music Director della Konzerthausorchester di Berlino, attivando allo stesso tempo regolari collaborazioni con le altre principali orchestre tedesche: la Gewandhaus di Lipsia e la Staatskapelle di Dresda. Nel 1988 ha debuttato con la Filarmonica di Berlino, dove è poi tornato in altre due occasioni. Nel corso della sua carriera ha ricoperto diverse posizioni presso un gran numero di importanti orchestre: la Philharmonia Orchestra, la Dallas Symphony Orchestra, la Zürich Tonhalle Orchestra e la Malaysian Philharmonic. Prima di diventare Direttore Principale della Malaysian Philharmonic Orchestra dal 2008 al 2014. Su invito personale di Riccardo Chailly (all’epoca Direttore Principale) Claus Peter Flor è stato nominato Direttore Ospite Principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi (2003-2008), con la quale ha svolto un intenso lavoro di approfondimento sul repertorio dell’Europa centrale. Il lungo rapporto con l’orchestra milanese culmina con la nomina a Direttore Musicale a partire dal gennaio 2018. Nelle stagioni più recenti ha ottenuto importanti consensi di pubblico e di critica dirigendo la London Symphony Orchestra (Sinfonia n.4 di Bruckner) e l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma con un programma tutto dedicato a Mozart. Nella stagione 15/16 il M° Flor è stato nuovamente invitato dalla Tonkünstler Orchestra con concerti al Festival di Grafenegg, dalla Singapore Symphony Orchestra e dalla Osaka Philharmonic. Importanti appuntamenti nella stagione 16/17 e in quella successiva includono concerti in Europa con l’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, la RAI di Torino, la Het Gelders Orkest e la RTE National Symphony, in Asia (Giappone e Cina) e negli Stati Uniti (Aspen). Come direttore d’opera, il M° Flor mantiene una stretta collaborazione con il Theatre du Capitole di Tolosa. Nella scorsa stagione ha diretto una ripresa di Faust di Gounod e Tristan und Isolde di Wagner. Nel corso della sua lunga collaborazione con il Theatre du Capitole, Claus Peter Flor ha diretto diversi titoli d’opera tra cui Madama Butterfly di Puccini, Die Zauberflöte di Mozart, Hansel und Gretel di Humperdinck. Tornerà nella prossima stagione per una nuova produzione de Le Prophète di Meyerbeer e Die Walküre di Wagner. Precedenti collaborazioni in ambito operistico includono una produzione di Siegfried di Wagner con la regia di David McVicar all’Opera di Strasburgo ed un elevato numero di titoli presso la Staatsoper Berlin, la Deutsche Oper Berlin e nei teatri di Monaco, Dresda, Amburgo e Colonia. Ha diretto Le Nozze di Figaro di Mozart e Die Meistersinger di Wagner al teatro La Monnaie di Brussels, portando l’opera wagneriana in tournée a Tokyo, Die Zauberflöte di Mozart alla Grand Opera di Houston, Euryanthe di Weber alla Netherlands Opera con la Royal Concertgebouw Orchestra e La Bohème di Puccini alla Dallas Opera. Claus Peter Flor ha un’estesa e variegata discografia, che include una serie di incisioni con la Bamberg Symphony dedicate a Mendelssohn che sono state particolarmente apprezzate e che Sony/BMG ha recentemente deciso di ripubblicare. Tra le incisioni effettuate con la Malaysian Philharmonic per la casa discografica BIS vanno certamente menzionate la Asrael Symphony di Suk (2009) e le Sinfonie n.7 e n.8 di Dvorak (2012).