Una scenografia “piatta” quella disegnata da Roberto Crea, semplice e funzionale, angolare e incuneata verso il punto di fuga del fondo-palco, abisso ideale. Uno sfondo bidimensionale per una rappresentazione priva di riferimenti storici specifici – così anche i costumi di Chiara Aversano non esprimono una definita collocazione temporale – che vuole forse essere un omaggio al Beckett del Finale di partita, come potrebbe esserlo la sedia a rotelle che trasporta e disarciona Aleksej Ivànovic (Daniele Russo) a introduzione dello spettacolo.
La privazione di un contesto spazio-temporale della regia di Gabriele Russo è giustificata in larga parte dall’adattamento di Vitaliano Trevisan incentrato sulle analogie tra il giocatore-personaggio Ivànovic e il giocatore-autore Dostoevskij. Per il grande autore russo del 19° secolo, infatti, il successo del romanzo è stato occasione per ripagare i debiti di gioco, nonché galeotto del matrimonio con Anna Grigor’evna (sul palco Camilla Semino Favro). Se la rappresentazione culmina nel romanticismo imbastito intorno alla figura realmente esistita di Dostoevskij, lo svolgimento si concentra piuttosto sull’altrettanto reale questione del divario sociale.
Il giocatore, suggerisce la rilettura di Trevisan, è la scommessa letteraria di Dostoevskij – meglio: la percezione della letteratura come una scommessa, allegoria di un’Europa che al suo tempo andava costituendosi, con sconcertanti paralleli nella situazione europea attuale. In questo contesto viene inserito il dramma personale dell’autore russo, antenato, coevo ed erede del tipo umano del “giocatore”, il cittadino onorario di quel paese dei Balocchi che Dostoevskij battezza Roulettenburg.
La fittizia città tedesca è contraltare di quel rigore europeo che le corti dell’epoca intendevano imporre. Un rigore che Dostoevskij stesso potrebbe aver messo in discussione, scommettendo a sfavore dell’intesa tra le nazioni e le culture del vecchio continente.
Il messaggio che sembra risaltare dall’adattamento di Trevisan è quindi la plausibile sfiducia di un Dostoevskij sull’orlo del lastrico nei confronti di un miraggio interculturale europeo, forse prematuro, quasi un azzardo tentato da chi può permettersi di giocare per sfizio a scapito dei miserevoli (di qualunque nazione) che invece nel gioco inseguono il riscatto sociale. Come se le sorti dell’Europa dipendessero dalla comparsa casuale dei numeri sulla roulette.
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Il giocatore
tratto da Fëdor Dostoevskij
adattamento Vitaliano Trevisan
con Daniele Russo, Marcello Romolo, Camilla Semino Favro, Paola Sambo, Alfredo Angelici, Martina Galletta, Alessio Piazza, Sebastiano Gavasso
regia di Gabriele Russo
scenografia Roberto Crea
costumi Chiara Aversano
disegno luci Salvatore Palladino
movimenti scenici Eugenio Dura
produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini / Teatro Stabile di Catania