Pueblo, il titolo del racconto teatrale di Ascanio Celestini, è già di per sé una dichiarazione di intenti: parlare di una massa, quelle persone quasi invisibili che si annidano nei recessi di una società e perbenista e sorda alle necessità di chi non ha mezzi propri per soddisfarle; dare la parola alla massa, alternando lo scorrere dei discorsi nei punti di vista diversi (ma spaventosamente intercambiabili) di alcuni personaggi che in quella società fanno parte soltanto ai margini estremi.
Il termine spagnolo designa tanto una popolazione nativa americana quanto le loro abitazioni: le strade che fanno da materasso ai senzatetto, i bar che erogano pasti di fortuna in cambio di capitali spesi a videopoker, i supermercati che sprecano chili di prodotti contribuendo alla caduce sopravvivenza di chi la spesa, semplicemente, non può permettersela. La catena di relazioni ricamata da Celestini descrive la terribile realtà che sappiamo risiedere all’ombra della facciata benestante della nostra epoca, ma della cui esistenza non abbiamo abbastanza cuore (o abbastanza stomaco) per ammetterlo.
La voce trasversale di Celestini cadenza le vite dei suoi personaggi, raccontando una storia che non interessa a nessuna delle comparse prive di nome che potrebbero sedere in platea. Storie/drammi che sono frutto della sua narrazione/fiume, vicende ipotetiche di vite alla deriva attenuate da un’impronta leggera, autoironica, con l’accompagnamento della fisarmonica e del piano di Gianluca Casadei – sul palcoscenico Pietro, una comparsa egli stesso a cui la voce è appunto negata, doppiata dal timbro giovanile di Ettore Celestini.
Pueblo non rappresenta, in definitiva, una campagna di sensibilizzazione al tema della povertà urbana; è piuttosto un invito a riflettere su quanto – al tempo della comunicazione di massa – una massa enorme di persone non possono neanche permettersela, la comunicazione. Per costoro, la pretesa di protagonismo (individualismo) di ogni cittadino che ha un lavoro e una casa si riduce a nient’altro che una rincorsa alla sopravvivenza. Forse, il primo diritto umano a essere spesso disatteso è proprio quello della voce.
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Pueblo
di e con Ascanio Celestini
musiche Gianluca Casadei
voce Ettore Celestini
suono Andrea Pesce
luci Danilo Facco
organizzazione Sara Severoni
immagine Riccardo Mannelli
produzione Fabbrica srl
distribuzione Mismaonda srl