Nell’ambito della stagione di prosa, organizzata dal Comune di Pesaro e dall’AMAT, il Teatro Rossini di Pesaro presenta
L’odore assordante del bianco di Stefano Massini
(gennaio 2019)
Lucida follia o genio creativo?
Alessandro Preziosi è Vincent Van Gogh
L’odore assordante del bianco di Stefano Massini vince il premio Tondelli Riccione Teatro nel 2005 per un testo asciutto e tagliente contro la spocchia e l’opportunismo della classe medica e la mala condizione dei malati di mente nei manicomi di fine Ottocento, ma anche contro le superstizioni dei preti e l’indifferenza e il distacco della gente nei confronti di chi vive sopra o fuori dalle righe del qualunquismo.
L’argomento è il ricovero nell’ospedale psichiatrico Maison de Santé Saint-Paul-de-Manson nel maggio del 1889 del pittore Vincent Van Gogh, “colpito da manie acute, con allucinazioni della vista e dell’udito e bisognoso di prolungata osservazione psichiatrica”.
La clinica più che un luogo di cura è una prigione per lo spirito libero di Van Gogh chiuso tra quattro pareti bianche, dove anche la sua colorata opera “Volo di corvi su un capo di grano” è impressa su una parete senza colori, bianco su bianco, e perfino la pianticella da lui curata è bianca e fa fiori bianchi; la degenza più che una terapia è una tortura per un pittore fortemente “colorato” lasciato senza colori, perché aveva tentato di ingerirli e una mente fantasiosa e creativa, lasciata nell’inerzia e costretta a vagare nel vuoto e nel nulla, viene soffocata dall’odore assordante del bianco.
Ne deriva uno smarrimento devastante attenuato solo dalla speranza di uscire da quell’orribile loco, ma le suppliche di Vincent non trovano risposta nella figura incerta e smarrita del fratello Theo che va a trovarlo ma non riesce a prendere la decisione di portarselo a casa. Nessuno capisce la sua condizione, chi per incompetenza, chi per negligenza, chi per interesse. Il personale medico è freddo e distaccato e lo sottopone a terapie devastanti, quali l’ipnosi, il direttore dell’ospedale lo tratta con la falsa cortesia di chi bada più all’interesse della struttura che alla guarigione dei pazienti e lo circuisce per convincerlo della sua follia e della necessità di restare ricoverato, il prete lo destabilizza con paure e superstizioni, un saccente pittore gli dà lezioni di pittura.
Vincent sente questa carenza e la esprime con le elucubrazioni di una lucida follia che sono più giuste della falsità e dell’indifferenza circostanti. Lui che è considerato matto è più profondo e più sottile degli altri. Nessuno è in grado di capire i bisogni e le sregolatezze di un artista, che finisce col cadere in un’apatia agghiacciante senza via d’uscita.
Sulla scena Vincent Van Gogh è Alessandro Preziosi.
…Provate ad immaginare…
Maestro del palcoscenico e regista di se stesso, Preziosi ha attuato il teatro della parola come in Shakespeare e il verdiano scavo della parola scenica, grazie ad una dizione precisa, ad una recitazione basata sulla modulazione della voce, all’interiorizzazione del testo e della forza del personaggio, alla personalizzazione delle tematiche.
Costretto dentro un camice bianco, spettinato, lo sguardo fisso e sperduto nel vuoto, il corpo ripiegato su se stesso, contratto, affaticato e sofferente, con deambulazione precaria si aggira per la stanza che ha solo un letto bianco, si rotola sul pavimento, s’inginocchia, si distende. La recitazione a volte esagitata a volte a fior di labbro è di grande presa, eloquenti silenzi e pause appropriate mantengono alto il dramma, ogni tanto alleggerito da argute osservazioni del protagonista.
Genio e sregolatezza, tutte queste sfaccettature emergono nella recitazione e nel gesto di un grande attore, consapevole e colto, che ha tenuto il pubblico col fiato sospeso per l’intero spettacolo.
Un’interpretazione così intensa ha coinvolto senz’altro l’espressività del volto e il linguaggio silenzioso degli occhi. Allora perché non rendere il tutto visibile al pubblico attraverso un monitor o uno schermo sul retro del palcoscenico per aggiungere bellezza alla bravura?
Molto bravi tutti gli altri attori, entrati anima e corpo nella parte: Massimo Nicolini (il fratello Theo), Roberto Manzi (il vanesio dottor Vernon Lazàre), Alessio Genchi, Francesco Biscione, Vincenzo Zampa. (Per favore mettete sul libretto di sala il nome del personaggio accanto a quello dell’interprete).
Una pièce sospesa con musica fissa ossessiva come la musica di Wagner amata da Vincent. Le scelte musicali sono di Giacomo Vezzani. Il disegno luci di Valerio Tiberi e Andrea Burgaretta rende l’atmosfera straniante giocando sulle sfumature del bianco: naturale quando entrano gli infermieri, fredda sul fiore per rendere il bianco più banco, sbiancante per appiattire i contorni, retrostante per le immagini in controluce. La regia di Alessandro Maggi, unita alla supervisione artistica di Alessandro Preziosi, definisce i caratteri, le situazioni, il delirio, il dolore, il dramma dell’incomprensione. Il tutto entro l’incisiva scenografia minimalista di Marta Crisolini Malatesta, che si è occupata anche del vestiario.
Uno spettacolo profondamente coinvolgente, da rivedere.
Una coproduzione Khora.teatro, TSA – Teatro Stabile d’Abruzzo
https://www.youtube.com/watch?v=-fR6Ymb0Ygg
https://www.youtube.com/watch?v=33IkCwQd2Dk