“L’improvvisazione è la capacità di parlare a se stessi”.
Stan Kenton
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Due sedie incastrate, l’una sopra l’altra; un sound malinconico portato dalle note di Take me somewhere nice dei Mogwai; luci calde nello spazio tra gli spettatori: l’inizio di Naked, culmine del progetto Studi nudi d’Improvvisazione Teatrale introdotto nel 2013 da Assetto Teatro, intorno e dentro quello che è il mondo del lavoro attoriale.
Ad ogni replica lo spettatore diviene parte di un’opera vergine, estemporaneamente creata per l’occasione con l’ausilio di una persona del pubblico il cui compito è quello di organizzare il punto di partenza: la disposizione nello spazio di due sedie attorno a cui si svolge lo spettacolo.
In scena un timer azzurro registra lo scorrere del tempo; vediamo gli interpreti muoversi nel perimetro del teatro relazionandosi con quelli che sono gli elementi strutturali dello spazio: uno specchio fissato su una parete, delle scale che portano ad un piano superiore, i punti d’appoggio del teatro; i due attori in scena potranno utilizzare ogni cosa per il processo immaginativo creativo, inclusi gli spunti derivanti dalle reazioni degli spettatori; tutto questo però in cinquanta minuti esatti al termine dei quali lo spettacolo dovrà dirsi concluso.
Ci accoglie in sala un presentatore, la cui funzione è quella di spiegarci le regole del gioco, sceglie un uomo tra il pubblico e questi dispone le sedie; entra il primo attore e iniziando a pulire la sala ci porta all’interno di un bar, mentre alla sua porta si fa avanti un cliente che chiede se è aperto, e così parte l’ultima replica romana di “Naked” dove spicca l’inventiva di Patrizio Cossa e Fabrizio Lobello la cui capacità di creare nuove realtà raccoglie l’attenzione del pubblico e la incanala verso situazioni comiche e profonde, parossistiche e rincuoranti, andando a toccare registri emotivi che variano nel passare del tempo e si accentuano, si ripetono, si danno il cambio. Il rapporto di intesa tra i due permette alle battute di fluire leggermente e allo stesso tempo di prendere una direzione di sviluppo e complessità attraverso cui entriamo in zone di vulnerabilità e fragilità preziose nel loro lì essere vissute per noi in una prima volta degli interpreti. Attraverso il loro viaggio scorgiamo gli irrisolti di un uomo nella relazione con il padre, tocchiamo la disperazione che può portare ad un suicidio, entriamo nelle stanze della memoria e ci chiediamo quanto la responsabilità e la scelta personale siano la chiave per lo svilupparsi di una condizione non solo teatrale ma esistenziale, e tutto questo con uno spiccato senso dello humour, di un apprezzatissimo dark humour che fa ridere e richiama costantemente alla presenza il pubblico in sala – partecipativo e altamente divertito.
All’interno della scena Patrizio Cossa entra con un’energia ingegnosamente affilata, e da una parte questa è inestimabile poiché gli permette di trovare sempre nuove soluzioni e molteplici direzioni con cui portare ad un’espansione il soggetto scenico, ma dall’altra rischia di portarlo fuori dal suo centro autentico che necessita di maggiore calma, di un più profondo ascolto emotivo per svilupparsi pienamente in una struttura scenica che nella difesa, dal sentire, diviene molto più mentale – e va comunque bene poiché il pubblico ha apprezzato, invece che reale. Dall’altra parte Fabrizio Lobello è un contraltare perfetto per il primo interprete poiché nella lentezza misurata dei gesti trova un confine ed una profondità maggiore attraverso cui muoversi dentro. In entrambi gli interpreti un’imperfezione rispetto all’abilità evocativa dei gesti che risultano essere non del tutto puliti, o comunque imprecisi, e un appunto rispetto all’attenzione necessaria affinché la memoria scenica non diventi incoerente tale per cui in una scena ad alto tasso alcolico non si può switchare tra l’essere ubriachi ed il non esserlo nel giro di pochi secondi, una volta scelta una condizione si procede continuando nella coerenza della situazione improvvisata.
Al di là e dentro gli errori necessari alla crescita, “Naked” ha dato dimostrazione del talento in erba degli attori, che nell’incontro dei due diviene qualcosa di altro e di interessante poiché i due tipi di presenza sono speculari, e lì dove uno si alza l’altro si abbassa, e lì dove uno va avanti l’altro indietreggia creando una direzione condivisa attraverso cui lo spettacolo si sviluppa donando al pubblico una struttura, che se per piccoli appunti risulta essere incoerente, nell’ottica generale funziona in un equilibrio dinamico che porta i suoi frutti. Mi raccomando però, perché non si pensi che questo basti. Fondamentale il lavoro sulla struttura dell’attore, e sulla struttura scenica, anche e soprattutto nel campo dell’improvvisazione.
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Credits
Interpreti Patrizio Cossa e Fabrizio Lobello
Regia Giorgia Giuntoli
Luci/suono: Barbara Sperandii
Produzione Assetto Teatro