La tragica parabola discendente verso la follia, il confronto fra due prime donne, tutta la volubilità del cuore umano raccontate dalla meravigliosa musica di Gaetano Donizetti nella sua Anna Bolena, nuovo titolo belcantistico della stagione del Teatro dell’Opera di Roma che debutta il 20 febbraio (in scena per sei repliche fino al 1 marzo) proposta nella rarissima esecuzione integrale.
È solo la terza volta della Anna Bolena a Roma, in scena solo nel 1977 con Leyla Gencer e nel 1979 con Katia Ricciarelli: adesso, la seconda opera in cartellone dopo l’inaugurazione con il Rigoletto diretto da Gatti a novembre, è un nuovo allestimento del teatro capitolino (in collaborazione con il Teatro di Vilnius) con la direzione musicale del maestro Maestro Riccardo Frizza e la regia di Andrea De Rosa che offre il palcoscenico alle voci di Maria Agresta e Carmela Remigio, al debutto nei ruoli, rispettivamente di Anna Bolena e Jane Seymour.
Che si tratti di un’opera realizzata in seno alla magnifica Maria Stuarda del compositore bergamasco, è chiaro perché il teatro romano ha affidato la regia a De Rosa ricostituendo di fatto il gruppo della Stuarda prodotta dal Teatro San Carlo di Napoli con le scene di Luigi Ferrigno (da un’idea di Sergio Tramonti), i costumi storici di Ursula Patzak e luci di Enrico Bagnoli.
E sarà fortemente teatrale la rilettura offerta come nelle corde del regista: l’intento è proprio quello non solo di fregiarsi dell’ascolto delle meravigliose melodie di Donizetti, ma anche di restituire il giusto valore alla struttura drammaturgia dell’opera su libretto di Felice Romani che segna nel 1830 il primo grande successo del compositore anche a livello internazionale raccontando con sensibilità e tatto gli ultimi giorni della seconda moglie del re inglese. Condannata a morte perché il volubile Enrico VIII si innamora di una nuova favorita, l’ancella Jane Seymour, Anna, che pure a sua volta aveva rubato il cuore del re quando era sposato con Caterina D’Aragona, scivola inesorabilmente nei meandri della follia.
Un’opera fortemente tragica che indaga con sensibilità sul dramma personale della regina e il cui valore non si limita solo ed esclusivamente alla bellezza delle voci. A Roma verrà proposta la complessa e rara esecuzione integrale per poter comprendere “alcuni aspetti che altrimenti potrebbero esser persi” spiega al suo terzo titolo donizettiano il Maestro Riccardo Frizza, neo direttore del Festival di Donizetti a Bergamo che torna al Costanzi dopo la Linda di Chamonix e al suo terzo titolo donizettiano. “È importante far conoscere il valore teatrale dell’opera di Donizetti oltre alle bellissime melodie – continua Frizza – si deve esplorare la teatralità delle voci riscoprire una grande storia raccontata da un libretto bellissimo. La musica è importante, ma deve essere valorizzata dal teatro”.
A condividere esattamente le stesse posizioni, Andrea De Rosa, eclettico regista che spazia dal cinema, alla prosa all’opera certo dell’assoluta necessità dell’osmosi fra il teatro e l’opera per cogliere al meglio la complessità di ogni lavoro.
“Alla mia quinta opera di Donizetti, l’autore che forse amo di più, posso confermare che dietro la superficie si nasconde una profondità non indifferente – spiega il regista che anche quest’anno ha inaugurato il Festival delle Notti Bianche di San Pietroburgo con il Falstaff diretto da Gergiev – sotto le melodie meravigliose si nascondono personaggi veri, contraddittori molto complessi e reali. Nulla deve essere lasciato all’apparente superficialità”.
Per il regista diventa importante soprattutto “mai dare nulla per scontato”, pena la “morte del personaggio”: è indispensabile invece capire attimo dopo attimo che cosa muova esattamente il personaggio e cercare il suo punto di partenza per ricostruire la sua naturale evoluzione verso il finale.
Il lavoro di De Rosa è molto accurato e punta proprio sull’importanza e la complessità della drammaturgia per costruire uno spettacolo completo. “La parte drammaturgica deve essere sempre viva e coinvolgente perché non c’è nulla nella scenografia che soddisfi pienamente la vista, ma è necessario sempre che impegni sempre lo spettatore” rivela il regista spiegando le sue intenzioni di approccio al testo.
E chiaro poi che la Bolena rappresenti una sorta di prosecuzione ideale della Stuarda offrendo spazi simili che consentono agli attori di avere sempre la massima disponibilità per muoversi.
Se la Anna Bolena è “un’opera di belcanto che rappresenta il teatro delle voci” ricorda il Sovrintendente Carlo Fuortes, oltre a una innovativa visione teatrale, non può mancare un cast di grandi voci che riescano a garantire il richiesto livello di eccellenza.
Interpreta Anna Bolena, Maria Agresta al debutto nel ruolo (si alterna con Francesca Dotto, il 1 marzo), ma non al Costanzi e che torna dopo il Simon Boccanegra nel 2012. Debutto non nell’opera, ma nel ruolo di Jane Seymour per la fuoriclasse Carmela Remigio (il 1 marzo in scena Paola Gardina), già nella Cavalleria di Delbono lo scorso anno e co-protagonista della Maria Stuarda.
Il volubile Enrico VIII sarà interpretato da Alex Esposito (Dario Russo in scena il 28 febbraio e il 1 marzo), luciferino Mefistofele ne La damnation de Faust di Berlioz con la regia di Michieletto che ha aperto la scorsa stagione. Riccardo Percy sarà interpretato da René Barbera e Giulio Pelligra (1 marzo), Smeton da Martina Belli, Sir Hervey da Nicola Pamio, Lord Rochefort da Andrii Ganchuk dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program.
Appuntamento lunedì 18 febbraio (alle ore 20 al Costanzi) con Lezione d’opera del Maestro Giovanni Bietti, poi l’anteprima giovani del 19 febbraio (alle 19) per gli under 26. Dopo il debutto di martedì 20 febbraio (alle 20) trasmessa in diretta su Rai Radio 3, Anna Bolena replica venerdì 22 febbraio (ore 20), domenica 24 febbraio (ore 16.30), martedì 26 febbraio (ore 20), giovedì 28 febbraio (ore 20), venerdì 1 marzo (alle 18). Info su operaroma.it.