Cura maniacale dei movimenti, sensualità, forte struttura drammaturgica che “tradisce” una passione teatrale: questi i tratti caratteristici della Carmen di Jiří Bubeníček in prima mondiale al Teatro dell’Opera di Roma, secondo titolo del cartellone di balletto della stagione, in scena fino al 10 febbraio.
Una nuova Carmen che arriva come omaggio della direttrice del corpo di Ballo, Eleonora Abbagnato (riconfermata per i prossimi tre anni nel ruolo) a un titolo cui particolarmente legata: una scelta ambiziosa, ma di sicuro appeal per il pubblico.
Il nuovo allestimento è affidato all’estro creativo di Jiří Bubeníček, pluripremiato danzatore dell’Hamburg Ballet per John Neumeier, poi apprezzato coreografo che continua a dimostrare tutto il suo talento mettendo a frutto la sua esperienza di danzatore. E siamo di fronte a una Carmen poco consueta, una novità per il pubblico, molto diversa e molto più complessa rispetto alla Carmen tradizionale d’opera. Bubeníček è partito infatti non dalla rielaborazione dell’opera, ma della novella originale di Prosper Mérimée (che pochi conoscono) mantenendone la complessità narrativa e la ricchezza dei personaggi.
La sua nuova Carmen è all’insegna della raffinatezza visiva e coreografica, della forte sensualità, di eros e thanatos, ma anche della drammaturgia: Bubeníček è partito proprio dalla novella originale inserendo la sua coreografia all’interno di una struttura fortemente teatrale. Che il suo legame con il teatro e la narratività fosse estremamente importante, lo aveva anticipato lo stesso coreografo, appassionato di cinema e cresciuto con le tradizioni teatrali e circensi di Praga: non mancano mai nel corso dell’allestimento motivi e degli escamotage cinematografici, il cavallo animato nel secondo atto o la bellissima fuga a cavallo di Carmen.
Tutto l’impianto resta fortemente narrativo con arditi salti temporali, fra presente e flashback regalando anche un maggiore spessore ai personaggi. Bellissima e raffinata, tutta la coreografia che alterna con maestria passi classici alla danza moderna, ma mai senza criterio: diversa l’estrazione sociale dei personaggi, diverso anche l’approccio alla danza. Ogni passo a due, romantico, passionale o rabbioso che sia, diventa sempre funzionale alla costruzione del personaggio, alla sua evoluzione, ogni scena di gruppo è sempre curata in ogni dettaglio.
In perfetta sintonia la coppia Rebecca Bianchi – Amar Ramasar, Carmen-Don Josè (si alternano nel ruolo Susanna Salvi e Giacomo Castellana), indubbiamente sostenuta dalla coreografia, ma anche dalle spiccate dote interpretative e tecniche per calarsi perfettamente nel resto dell’allestimento folcloristico, ma estremamente moderno (costumi di Anna Biagiotti e scene e luci cupe di Gianni Carluccio) e tutto funzionale alla parabola di eros e thanatos della vicenda.
“La mia Carmen è una femme fatale, ma dentro di sé ha soprattutto un elemento di indomabilità. Nessuno riesce a farle fare ciò che vuole” spiega Bubeníček. Molto affascinante la Carmen di Rebecca Bianchi al rientro sulle scene: la figura esile è leggerissima, ma l’ètoile è molto sensuale e si presta perfettamente al ruolo sfuggente e volubile della femme fatale per eccellenza insofferente a qualsiasi tipo di legame.
Un’interpretazione ben guidata ed estremamente valorizzata dai movimenti suadenti studiati da Bubeníček per la protagonista con una cura dei dettagli e del movimento quasi maniacali. Carmen e la sua sensualità spiccano su ogni dove perché è la protagonista perennemente impegnata in scena, ma è sempre ben sostenuta dalla presenza dell’elegantissimo artista ospite Amar Ramasar, già al New York City Ballett, che torna a Roma, e che disegna con raffinatezza la parabola verso l’inferno e la morte di Don Josè.
Molto variegati i personaggi, soprattutto maschili, proposti intorno, da Garcia, marito di Carmen interpretato da Gaetan Vermeulen, al torero Lucas interpretato con maestria da Alessio Rezza: tutto l’allestimento appare tanto folcloristico con colori e luci della Spagna quando moderno e tutto fortemente funzionale alla passionalità e all’indomabilità di Carmen, eroina – vittima della storia.
L’allestimento viene ben supportato alla dalla musica, una ricca contaminazione della partitura che attinge soprattutto a Bizet, rielabora De Falla, Albéniz, spaziando fino a Castelnuovo-Tedesco e alle composizioni di raccordo di Gabriele Bonolis che ha curato la riorchestrazione sempre molto omogenea: un’operazione musicale ben diretta con entusiasmo da Louis Lohraseb, al debutto all’Opera di Roma. Un grande allestimento apprezzato dal pubblico che destinato a diventare un classico del teatro romano. In scena fino al 10 febbraio. Info operaroma.it.