Straordinario. Non occorrono aggettivi diversi per descrivere il debutto di Sir John Eliot Gardiner sul podio dell’Accademia Nazionale dell’Orchestra Nazionale di Santa Cecilia: il direttore inglese, ospite dell’appuntamento sinfonico (dal 14 al 16 marzo) ha rapito la platea e con un programma che nulla a che fare con l’amatissimo barocco, ma ha regalato un magnifico omaggio a Hector Berlioz, in occasione del 150 anni della morte del compositore francese.
Si comincia con i colori travolgenti del Carnevale romano, estrapolato e manipolato dal Benvenuto Cellini, intriso di gioco e di allegria, ma il clou della serata è l’incredibile Aroldo in Italia, sinfonia concertante per viola scritta nel 1834 su commissione di Paganini che aveva chiesto al francese di comporre un pezzo che esaltasse le qualità (anche) della sua viola Stradivari.
Paganini poco comprese la genialità della composizione dell’Aroldo per rifiutarlo e recuperarlo solo successivamente.
I quattro quadri dell’Aroldo raccontano, fotografando in uscita incandescente, le impressioni e le avventure del personaggio Aroldo – Berlioz (la viola interpreta il protagonista), fra le montagne dell’Abruzzo, briganti, pellegrini e serenate. Gardiner l’ha proposto al pubblico romano in una versione geniale e inedita, valorizzando al massimo la teatralità intrinseca del pezzo dal tocco cinematografico, ma chiedendo al fuoriclasse della viola (Stradivari) Antoine Tamestit, di interpretare, e quasi recitando Aroldo: richiesta che il musicista non ha esitato a raccogliere. Tamestit non rimane mai fisso sul posto come un solista qualsiasi, ma appare all’improvviso (dopo quasi quattro minuti di musica) facendo capolino lateralmente, accanto all’arpa, interpreta gli umori di Aroldo, dialoga con l’intera orchestra fin dalle prime note che catturano attimo dopo attimo l’ascoltatore, anche quello meno attento, rapito dalla genialità del pezzo. Ma Gardiner fa ancora di più: nell’ultimo quadro fa addirittura alzare in piedi l’orchestra, con un colpo di teatro anche mentre Tamestit rientra sul palco e si avvicina al terzetto che poi diventa un quartetto finale. Ovazioni per Gardiner che riesce a mettere in mostra l’orchestrazione del francese, mostrando la differenza di ogni suono e di ogni strumento in ogni minimo dettaglio. Ovazioni per l’Orchestra romana diretta in modo eccellente, ovazioni per Tamestit (che ha ammesso di aver scoperto la giusta modalità di interpretazione dell’Aroldo proprio grazie all’incontro con il direttore inglese pochi anni fa). Tutto merito del genio di Berlioz e della sua orchestrazione, certo, ma anche della capacità di sublime interpretazione di Gardiner. In mezzo al genio di Berlioz, spunta una correttissima e perfetta esecuzione della Sinfonia n.7 di Dvorak, fra picchi drammatici e colori folkloristici. Ma il francese è ben altro. Dopo il successo del debutto, Gardiner tornerà sul podio di Santa Cecilia anche l’8 maggio (ore 20.30) per la data unica dell’opera oratorio Semele di Händel in forma semiscenica e con i suoi compiessi, il Monteverdi Choir e l’English Baroque Soloists fondati dal direttore agli inizi degli anni Sessanta e punto di riferimento dell’esecuzione del repertorio barocco.