Stefano Napoli trae impulso dalla mitologia classica, attualizzandola con personali stilemi che fanno uso del corpo per raccontare storie ed esprimere sentimenti.
La sua Compagnia Colori Proibiti rivela già nel nome la cifra espressiva che demanda alla plasticità dei corpi la raffigurazione di una vicenda, antica nell’ispirazione e moderna nella rappresentazione. La fisicità anatomica veicola la drammaticità della leggenda che diventa paradigma di drammi reali appartenenti al nostro quotidiano, muti e icastici di una condizione umana universale.
Questa sperimentazione del linguaggio corporeo che Stefano Napoli sviluppa da tempo, lo ha avvicinato a varie figure femminili come Ifigenia e Cleopatra, indagando su potere e passione.
Musica, luci, corpi. Sono gli elementi che danno vita alla rappresentazione, in un connubio sinergico che identifica i personaggi e li fa interagire suggerendo dei fermo immagine con composizioni pittoriche viventi in cui l’elemento pittorico è sottolineato dalla nota di colore di una tenda, una mela, una scarpa rossa, una sedia, una corona. In un continuo divenire, si trasformano in sequenza in un altro fotogramma, ognuno caratterizzato da un titolo, come Amore in posa, Amore rubato, Le nozze di Elena, Il sogno di Paride, Amore alato, Rughe nello specchio, Su tutto vegliano Afrodite e Amore …..
Sonorità, immagini, movimento, suggestioni: è la visione artistica di un regista che, sfuggendo alle etichette, esprime attraverso una performance complessa la propria concezione estetica.
La dark queen della storia è Elena di Troia, la cui fulgida bellezza, intrecciandosi con i capricci degli dei, ha scatenato una guerra fatale.
In scena Francesca Borromeo, Filippo Metz, Simona Palmiero, Luigi Paolo Patano e Giuseppe Pignanelli assumono i ruoli di Menelao, Paride, Elena, Afrodite, Eros (che brandisce una dorata statuetta del dio) per rappresentare il gioco delle relazioni in cui l’amore maschile equivale al possesso e l’amore femminile si inaridisce nella ricerca dell’effimero, dissipandosi nella nebbia.
Il sipario si apre e si chiude sui quadri scenici e diventa perfino elemento scenografico, i corpi sconfinano oltre il palcoscenico, il dio Eros si materializza sospeso sulla sala per scoccare la sua freccia creando una contaminazione tra lo spazio della rappresentazione e quello della visione, con il sapiente disegno luci di Mirco Maria Coletti e il sostegno delle musiche di Gerschwin, Korzeniowski, Screamin’Jay Hawkins, Carl Maria von Weber con la supervisione sonora di Federico Capranica
Nel finale, un sontuoso abito amaranto battuto a un’asta parigina di costumi delle Folies Bergère viene indossato da Elena, schiacciata poi da numerosi fiori di carta di giornale.
Questo lavoro visionario scardina le figure precostituite di maschile e femminile, dando loro connotazioni che si incrostano di vari retaggi culturali trascolorando tra realtà e immaginazione.
Nelle note di regia Stefano Napoli scrive: “Ho tentato di tirare giù Elena di Troia dalla leggenda che la vuole fonte di sciagura e di farne una donna fra uomini. Tra di loro l’eterno gioco dell’amore, dei fraintendimenti, del caso. Ma non c’è nulla di gentile in questo gioco perché l’amore malato trasforma in prede e predatori, in una lotta per la sopravvivenza al termine della quale non ci saranno né vinti né vincitori, ma soltanto il silenzio che il tempo impone alle cose”.
Lo spettacolo, che andrà in scena al Teatro Franco Parenti di Milano dal 21 al 26 maggio prossimo, è stato presentato in anteprima a Roma con due repliche straordinarie.