di Gianni Farina e Consuelo Battiston
con Consuelo Battiston e Andrea Argentieri
regia, suono e luci Gianni Farina
immagine Marco Smacchia
Organizzazione Ilenia Carrone
Produzioni Menoventi/E-production
in collaborazione con Masque teatro, progetto interregionale di residenze artistiche 2017
grazie a Ravenna Teatro, Teatro Due Mondi/Casa del Teatro, Flora Moretti, Giovanni Delvecchio, Paolo Banzolafoto di Tania Zoffoli
———
La quarta stagione Mutaverso Teatro, diretta da Vincenzo Albano, presenta uno spettacolo che, ancora una volta, è una prima ed unica data in Campania.
Linda Barbiani non ha vinto ricchi premi alla lotteria della nascita; la dea bendata le ha assegnato umili origini e nell’umiltà è cresciuta. I genitori le hanno lasciato in eredità un habitus maldestro e naïf, un marchio di origine che manifesta scarsa familiarità con la cultura e con il pensiero critico. Linda ha imparato l’arte del non lasciare traccia, dell’accontentarsi e della remissività che le permette di passare inosservata e di non creare problemi a nessuno. Un giorno l’Ufficio di Collocamento le consiglia di frequentare un corso di empowerment e in quel contesto incontra una persona che stimola la sua sensibilità e la sua fervida fantasia: «esprimi un desiderio». Qui comincia la storia, una fiaba dei nostri tempi in cui anche i desideri degli sfigati possono avverarsi…
Simpatico, gentile e premuroso il direttore artistico Vincenzo Albano si aggira fra gli spettatori davanti alle porte ancora chiuse. Saluta tutti affabile e cordiale, e controlla che tutto sia pronto, come una chioccia avvolge con le sue ali i pulcini in attesa di entrare in sala. Il pubblico lo adora. È lui il vero protagonista di ogni serata, che prepara con cura e dedizione.
Ad ognuno viene consegnata una cartella del Bingo (o Tombola, come si diceva una volta) ed una penna. Evidentemente serviranno durante lo spettacolo e basta ciò per creare un fermento di curiosità e di eccitazione.
Si entra, ci si accomoda, si salutano gli amici ed i conoscenti ed ecco che il direttore prende la parola come di consueto. Ma stasera c’è una nota di malinconica considerazione: si va verso la fine della stagione, anche se ci sono altri due spettacoli in cartellone, ma si preannuncia doloroso il distacco da quanto si è programmato ed organizzato con tanta dedizione.
E come di consueto si spengono i telefonini e ci si prepara a godere dello spettacolo.
Quando si spengono le luci in sala non tutti riescono a cogliere la magia del momento che si vive. Tutto può accadere. Tutto può meravigliosamente emergere dal buio a creare una realtà illusoriamente stimolante.
Già Fellini magnificava l’apertura del sipario, quel lento dispiegarsi del velluto che svelava pian piano la scenografia e permetteva allo spettatore di entrare in punta di piedi in una storia che lo avrebbe sicuramente emozionato.
Ed è ancora così anche se il sipario ormai è quasi sempre aperto all’ingresso in sala e la scenografia è già pronta nella sua scarna contemporaneità.
Scritte luminose sbrilluccicano nel buio. La lotteria della nascita destina a ciascuno le proprie generalità, il sesso, la famiglia, l’ambiente, e quanto altro può determinare il carattere nascondendo i talenti che comunque chiunque possiede, pur non essendone assolutamente consapevole, a volte.
Ma luce non si accende sul palco, illumina invece la sala.
Brivido nella schiena di quanti sono seduti. Cosa succede? Entra un sedicente professore, alias stimolatore, facilitatore, (figura assai di moda negli ultimi tempi) e comincia con tono retorico-interlocutorio a magnificare il corso che presenta chiedendo un volontario per dimostrare varie teorie per esercitarsi nel raggiungimento della felicità
Il tema è proverbialmente introspettivo con risvolti sociali di autostima ed autoaffermazione.
La malcapitata protagonista è quanto di più lontano possa esserci dalle mode e dalle codificazioni che vengono strutturate per il solo piacere della decodificazione e della destrutturazione dell’impianto teoricamente atto alla semplificazione dell’approccio inter-relazionale.
E così impreparata emozionalmente, Linda si trova a dover affrontare un colloquio di lavoro e sempre con la sua sprovveduta e genuina semplicità una visita medica e un lavoro in prova al Bingo.
Il racconto delle galline, crudo e ferocemente naturalistico porta alla domanda:
“Ti taglieresti il becco per me?”
E così apprendiamo che le galline si beccano e lasciate libere muoiono di paura.
È nato prima l’uovo o la gallina? Domanda filosoficamente approdata alla banalità quotidiana.
L’uovo d’oro. La gallina dalle uova d’oro. Una favola antica che raccontava la sua morale . Ed oggi?
Frammentato da varie possibili ed eventuali chiavi di lettura, lo spettacolo “Docile” si vuole presentare come una favola moderna in cui la protagonista di umili origini deve confrontarsi con la realtà quotidiana pronta a spezzare le sue illusioni. Docile. Già il titolo la dice lunga. Linda un nome pulito che sa di bucato steso al sole ad asciugare in campagna, telefona alla mamma che parla in dialetto stretto e la consola come una chioccia con il suo pulcino.
“Ti taglieresti il becco per me?”
Linda decide di frequentare un corso per prendere l’ascensore sociale che le permetta di diventare ciò che vuole. Alla fine tiene l’uovo per sé. E nel cognome Barbiani si pone l’omaggio a Don Milani.
Con mille domande ci si potrebbe interrogare, ma per le risposte bisognerebbe attendere.
Il sipario non si è ancora aperto.