Provate per un attimo a chiudere gli occhi. Provate a immaginare di essere immersi in un’atmosfera simile a quella descritta nei romanzi John Fitzgerald, colui che meglio di chiunque altro ha raccontato l’età del jazz. Immaginate ancora un’orchestra pazzesca e tre splendidi voci femminili che si alternano catturando ogni senso con la loro incantevole voce, i bellissimi abiti e le movenze sinuose. Ora vi dico che, per quanto possiate immaginare, non riuscirete mai ad arrivare alla bellezza messa in scena dai Postmodern Jukebox nel loro ultimo concerto, Welcome To The Twenties 2.0 World, con il quale la band festeggia dieci anni di lavoro. Ospitati per la prima volta dalla città felsinea, presso il Teatro Il Celebrazioni di Bologna, i Postmodern tornano in Italia con tutto il loro carisma e talento.
Forse non tutti conoscono i Postmodern Jukebox e, per chi ancora non sapesse chi sono, consiglio caldamente di andare a recuperare il loro repertorio su Youtube, luogo nel quale sono nati, cresciuti ed esplosi arrivando a contare quasi due milioni di fan in tutto il mondo. Il segreto del loro successo è presto detto: prendete brani celebri della musica pop, rock, swing, R&B e immergeteli in un tappeto sonoro jazz catapultando ogni brano, anche il più recente e distante, nella fumosa atmosfera anni ’20 di un club, aggiungete al composto dei musicisti pieni di talento, dei cantanti eccezionali e vi troverete, senza nemmeno accorgervene, in una serata magica e indimenticabile.
L’ensemble è stato fondato a New York nel 2011 dall’arrangiatore e pianista Scott Bradlee e il loro successo è dovuto principalmente al web, grazie ai loro video youtube, dove suonano le cover di famosi brani pop in versione vintage, hanno raggiunto un’incredibile popolarità grazie alla quale ora sono in tour in Europa, Asia, America e Oceania. I riferimenti musicali utilizzati sono attinti principalmente dallo swing di Duke Ellington e Count Basie o dal suono tipicamente afroamericano delle etichette Stax e Motown: così Nothing else matters dei Metallica diventa una ballad alla Sarah Vaughan, mentre Creep dei Radiohead uno slow alla Etta James.
Tutto è perfetto: i bellissimi vestiti anni Trenta portati dalle cantanti, sempre diversi ad ogni apparizione, sempre elegantissimi fino ad arrivare al tripudio di pailettes del finale, una splendida orchestra swing di sottofondo, un ballerino di tip tap che all’occasione diventa anche un mimo simpatico e coinvolgente, tre splendide e diversissime cantanti, ma anche ballerine e attrici, soubrette e, per finire un “pezzo da 90”come Lavance Colley che presenta, balla, recita e quando canta strappa la standing ovation con una versione pazzesca di Halo di Beyoncè.
Si esce dopo due ore abbondanti di ottima musica e intrattenimento più leggeri e spensierati e con una irrefrenabile la voglia di ballare e cantare, soprattutto dopo il travolgente finale con una bellissima versione di What is love che coinvolge tutto il pubblico a un standing ovation e un piccolo dance party con mash up finale di Shout di Animal House.