Quando venne pubblicato nel 1873, Il giro del mondo in 80 giorni può aver rappresentato l’entusiasmo positivista per il progresso tecnico che prometteva di accorciare tempi e distanze. L’avventura di Phileas Fogg attraverso il globo costituisce la necessaria premessa letteraria che anticipa la velocità supersonica del Concorde, i treni ad alta velocità, la comunicazione satellitare e le avveneristiche visioni di un Elon Musk.
Nella sua versione per il teatro, l’autrice e regista Luigina Dagostino lascia ben poco spazio allo sbalordimento tecnico/scientifico: l’unico “effetto speciale” della drammaturgia de Il giro del mondo riguarda proprio il tempo e lo spazio, ristretti sulla scena dal forsennato trasformismo che coinvolge la scenografia (sotto le luci progettate da Agostino Nardella e governate da Mattia Monti) e i tre interpreti.
Mentre i semplicissimi oggetti di scena danno forma a treni, navi, bazar, diligenze e altari sacrificali, Claudio Dughera, Daniel Lascar e Claudia Martore alternano l’interpretazione dei personaggi principali (Fogg, Jean Passepartout e l’ispettore Fix) alla sporadica comparsa di personaggi gregari, investiti di un fascino multiculturale.
Il villaggio globale come lo aveva dipinto Verne si è lasciato abbagliare quasi soltanto dalla meraviglia tecnica, con poco o nessun riguardo per il confronto culturale con altri paesi, altre mete. Per Verne, girare il mondo in 80 giorni deve aver significato avere l’opportunità di scoprire nuovi modi di vivere, nuove frontiere e nuovi orizzonti; la produzione della Casa Teatro Ragazzi e Giovani di Torino ripropone con precisione quella curiosità che oggi rischia di rimanere schiacciata dalla banalità del viaggiare, dall’uniformarsi di un’unica cultura globale.
Ai tempi di Verne soltanto un romanzo d’avventura poteva esprimere un simile interesse per il mondo (e poterlo percorrere in soli 80 giorni avrebbe sancito la vicinanza, altrimenti sospetta, della cultura occidentale con gli altri paesi del pianeta). Oggi, la curiosità per le culture altre, per i diversi modi di pensare, la curiosità rivolta a quella diversità che molto spesso abita il nostro stesso quartiere può essere espressa soltanto più dall’arte scenica, con la sua tangibilità fisica e la sua forza evocatrice.
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Il giro del mondo in 80 giorni
liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Jules Verne
regia e drammaturgia Luigina Dagostino
con Claudio Dughera, Daniel Lascar, Claudia Martore
creazione luci Agostino Nardella
tecnico audio e luci Mattia Monti
produzione Fondazione TRG Onlus
in collaborazione con la FONDAZIONE BOTTARI LATTES nell’ambito del progetto Vivolibro – Il giro del mondo in 80 giorni Monforte d’Alba (CN)