Il canto della caduta inizia a sipario aperto. Un’imponente struttura animatronica scura troneggia sul palco scuro lasciando intravedere quattro corvi in alto. Marta Cuscunà entra quasi di soppiatto dando vita alle quattro figure animalesche progettate e realizzate dalla scenografa Paola Villani raccontando una storia ancestrale, la cui fonte è rintracciabile nel mito di Fanes.
Antica tradizione dei Ladini, piccola minoranza linguistica delle valli centrali delle Dolomiti, il mito riguarda la fine del regno pacifico guidato da regine donne, tempo di serenità e agiatezza distrutto dall’inizio dell’epoca governata dagli uomini. La leggenda narra che gli unici superstiti di quel tempo siano le piccole creature ancor oggi rintanate nelle profondità delle montagne, bambini in attesa del ritorno dell’epoca della pace.
Difatti contraltare fisico e drammaturgico dei quattro corvi che gioiscono della guerra perché segno di abbondanza di cibo per la loro specie, sono due bambini, manovrati dalla Cuscunà come fossero marionette. I due arrancano tra privazioni e stenti vivendo negli oscuri meandri della montagna, costretti a fingersi ratti perché “ai topi i cecchini non sparano”.
Uno schermo dai movimenti dinamici cattura lo sguardo nei momenti di cambio interpretativo tra i due blocchi scenici con le video-istallazioni di Andrea Pizzalis e l’ambiente sonoro del sound designer e produttore Michele Braga. Attraverso la presenza di potenti e quasi continui suoni disturbanti e forti lampi di luce che a tratti accecano vengono proiettate delle domande liberamente ispirate ai testi e citazioni di Klare French-Wieser, Carol Gilligan, Ulrike Kindle, Giuliana Musso, Heinrich von Kleist e Christa Wolf, interrogando gli spettatori mentre i corvi commentano dall’alto dei loro trespoli la cruenta battaglia della principessa Dolasilla, brillante guerriera tradita dal malefico padre.
La friulana Marta Cuscunà, già vincitrice del Premio Scenario per Ustica nel 2009, del Premio Franco Enriquez nel 2013 e per ben due volte finalista ai Premi Ubu nel 2010 e nel 2016 si conferma con Il canto della caduta un interprete dalle grandi doti artistiche, riuscendo a calibrare alla perfezione movimenti e voce di sei personaggi diversi, conferendo ad ognuno di essi una precisa identità stilistica.
La bellezza dello spettacolo sta nell’intelligente idea della Cuscunà di attingere ad un mito antico e sconosciuto ai più come pretesto per riflettere su temi drammaticamente attuali, primo fra tutti le innumerevoli guerre che oggi imperversano quasi sempre incontrastate nel mondo.