Temi etici, perbenismo, conformismo, censura sono i paradigmi di questo testo scritto da Vitaliano Brancati nel 1952, che ottenne solo nel 1965 il permesso di essere portato in scena con Anna Proclemer, moglie dello scrittore siciliano, e Gianrico Tedeschi per la regia di Giuseppe Patroni Griffi.
La scure censoria si era abbattuta sul motivo apparente dell’omosessualità che rendeva scottante la vicenda, alla quale faceva da sfondo la complessa maglia di ipocrita perbenismo di una classe borghese ancorata a pregiudizi sociali per mascherare la grettezza morale.
Dopo il provvedimento che ne vietava la rappresentazione, lo stesso Brancati scrisse che la sostanza della vicenda era più la calunnia che l’amore saffico e poiché il rimorso spinge l’accusatrice a uccidersi, la morale corrente non veniva sovvertita.
Leopoldo Platania, benestante siciliano che vive a Roma con la famiglia, professa un cattolicesimo formale che lo rende bacchettone nei giudizi al punto da aver provocato il suicidio della figlia adolescente. Vivono in casa anche il figlio Enrico e la nuora Elena, espressione di vetero gallismo lui, svampita e insoddisfatta lei.
Compita e rispettabile è la governante francese Caterina Leher di rigidi principi calvinisti, che instaura con il padrone di casa una brillante dialettica sulla pratica religiosa e stigmatizza il comportamento di Enrico nei confronti della giovane domestica Iana: “Lei ha un’inclinazione molto spiccata verso le ragazze povere … Basterebbe guardarle con occhio pietoso … Lei è di coloro che hanno bisogno di profanare per provarci gusto”. La donna nasconde le sue tendenze sessuali al punto da attribuirle, in una sorta di transfert, a Iana che viene cacciata e morirà accidentalmente durante il viaggio di ritorno in Sicilia. Il rimorso per questa morte e la vergogna di essere stata scoperta in compagnia della nuova giovane cameriera spingeranno Caterina a compiere il gesto che la morale dell’epoca richiedeva: “Vogliono togliermi il rimorso, il mio rimorso, il solo bene che ho nella vita”. Nessuna accettazione di una condizione di diversità, solo retriva ipocrisia sessuofobica calvinista.
Il testo, in realtà, dà a Brancati l’opportunità di lanciare strali polemici contro l’ipocrisia dei benpensanti oscurantisti attraverso le parole dello scrittore Alessandro Bonivaglia, corteggiatore di Elena: “La moralità italiana consiste tutta nel censurare. Non solo non vogliono leggere o andare a teatro, ma vogliono essere sicuri che nelle commedie che non vedono e nei libri che non leggono non ci sia nessuna delle cose che essi fanno tutto il giorno, e dicono. Chiudere la bocca agli scrittori; ecco il sogno degli italiani”.
Il regista Guglielmo Ferro afferma: “Il nostro allestimento rispetta assolutamente non soltanto il testo di Brancati ma lo stesso copione originale. Le tematiche coraggiosamente affrontate negli anni Cinquanta dall’autore siciliano sono tutte contemporanee ed attuali, ma l’omosessualità non è l’unica tematica scottante trattata da Brancati. Ma già questa, da sola, rappresentò un ostacolo complicatissimo per la messa in scena del testo. E, come sempre, dietro la censura si cela la paura del diverso e delle diversità”.
Il Platania di Enrico Guarneri è un distillato di sicilianità nei toni, nel linguaggio, nell’instancabile prodigarsi quale fulcro della famiglia smussando le diverse intemperanze, mostrando venature di insospettabile sensibilità verso Iana e Caterina e di divertente ironia col portiere siciliano. Caterina Leher ha le sembianze di Ornella Muti la cui sensuale bellezza è imbrigliata in un abito castigato e una lunga treccia che scioglierà nel finale, come Maddalena penitente ai piedi di Platania. Rosario Marco Amato è il dissoluto Enrico, Caterina Milicchio è la carnale Elena, Nadia De Luca è la selvaggia Iana, Rosario Minardi è l’estroverso professor Bonivaglia, Turi Giordano è il portiere, Naike Rivelli è Francesca.