con Benni Aiello, Chiara Gambino e Davide Giabbani
regia Benedetta Aiello, Chiara Gambino e Davide Giabbani
aiuto regia Marta Fogazza
nell’ambito della rassegna “Pubblic-Azione”, direzione artistica Marco Pupella
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Scena buia, atmosfera lugubre, una stanza semi vuota, solo tre sedie come una sala d’attesa. Tre personaggi morti Inès, Garcin ed Estelle, costretti a condividere la stessa stanza senza via d’uscita. Tutti aspettano che accada qualcosa, ma nessun altro entra nella stanza. Pian piano i personaggi comprendono di essere lì per torturarsi a vicenda, cosa che fanno gli uni con gli altri tormentandosi con domande e commenti sulla loro vita precedente, sui delitti, miserie, desideri e passioni. È proprio questo l’inferno nell’opera di Sartre, un luogo avulso dal tempo, uno spazio chiuso senza porte, senza specchi su cui poter riflettere la propria immagine ma in cui ci si deve “guardare” interiormente e torturarsi con i propri rimpianti, le proprie miserie e le tremende sconfitte. Ecco perché Inès grida: “il vostro silenzio nelle mie orecchie urla!”
I tre protagonisti sono costretti a coabitare e condividere la propria disperazione, in un vortice infernale, quasi a simboleggiare una sorta di espiazione dalle loro colpe. “L’inferno sono gli altri”, è la frase dell’opera di Sartre che riecheggia maggiormente durante la pièce teatrale.
I protagonisti cercano di instaurare delle relazioni tra loro per cercare di alleviare la propria solitudine: in un primo momento Ines cerca di avvicinarsi e sedurre Estelle, che però la rifiuta e a sua volta cerca di conquistare Garcin, che appare un uomo molto vulnerabile. Ines, Garcin ed Estelle nonostante siano insieme nella stessa camera, in realtà sono profondamente soli, ognuno intrappolato nel proprio inferno personale da cui non c’è via di scampo.
Verso la fine del dramma Garcin scopre che la porta è sempre rimasta aperta ma né lui né le donne sono ormai in grado di lasciare la stanza, imprigionati nella rete di noia e oblio, senza assoluzione, senza uscita, condannati per l’eternità.
I giovani registi, provenienti dalla scuola Galante Garrone di Bologna riescono a rievocare il dramma di Sartre con una messinscena ben riuscita, grazie anche alla energica interpretazione degli attori, che nonostante la giovane età, riescono a portare fuori l’immagine di una umanità triste e lacerata. Un plauso particolare a Chiara Gambino che riesce a trasmettere il pathos vibrante e violento del personaggio di Inès.