Buongiorno, grazie anzitutto per dedicarci un attimo del suo tempo, in una piccola pausa fra i numerosi impegni che la portano a giro per il mondo. Solo di recente ha cantato a Parigi per Radio France, ad Amburgo alla Elbphilharmonie e a Londra dove ha ripreso la Carmen di Kosky che debuttò proprio qui a Francoforte. Solo citare i più recenti. Non è tutto un po’ vertiginoso? A volte non le manca il terreno sotto i piedi fra un aereo e un altro?
In realtà no. Ho la mia base qui a Francoforte, come membro dell’ensemble dell’Opera e questo mi dà stabilità. Mi rassicura. In più è il lavoro stesso che mi tranquillizza, nonostante tutto questo viaggiare. In ogni teatro in cui mi esibisco, si crea quasi sempre una piccola “famiglia” di colleghi che in qualche modo ci fa sentire a casa.
Nelle sue ultime stagioni c’è molto Verdi. La stagione scorsa ha debuttato come Azucena, adesso come Preziosilla nel nuovo allestimento dell’Opera di Francoforte (https://www.teatrionline.com/2019/02/la-forza-del-destino-allopera-di-francoforte/). Cosa si prova a impersonare le “gitane” di Verdi? Personaggi di carattere molto forte…
Cantare Verdi mi è sempre piaciuto, è una vera beatitudine. Ho iniziato la mia carriera come mezzosoprano rossiniano, poi la mia maestra Alexandrina Milcheva mi disse che ero fatta per cantare Amneris, Eboli, il Requiem. Allora ho cominciato con il repertorio verdiano e… volevo cantare come un’italiana! E ho iniziato a lavorare con coach vocali italiani, primo fra tutti Gioacchino Lauro Li Vigni.
Quali sono le sfide, le difficoltà di cantare Verdi?
Verdi richiede tutto. Forza e agilità. E nei ruoli drammatici anche una certa dose di leggerezza, come per esempio nella prima aria di Eboli, la “Canzone del velo”, con la sua coloratura. Poi arriva il terzetto e “O don fatale”, dove invece occorre forza. Per i cantanti tedeschi c’è anche la difficoltà della lingua. Il tedesco ha armonici diversi dall’italiano, sono più bassi. L’italiano ha gli stessi armonici nel parlare e nel cantare. Anche per questo è la lingua dei cantanti!
Le è piaciuto interpretare Azucena e ora Preziosilla?
Ho adorato entrambe le parti. Di solito interpreto ruoli più tragici di Preziosilla, personaggi più tormentati. Preziosilla è fresca e buffa. Non che le manchi una personalità profonda ma Verdi ne evidenzia il lato più leggero.
Continuerà il suo percorso verdiano?
Ho cantato tutte le protagoniste di Verdi e spero davvero che si ripresentino. Due ruoli verdiani torneranno già nella prossima stagione. E me ne rallegro.
Il suo repertorio non è solo Verdi e spazia dal barocco al Novecento. Cosa cambia nella tecnica vocale quando si passa da Händel a Verdi a Wagner? O a Strauss
Non cambio tanto la tecnica quanto l’immaginazione musicale. Händel è più “leggero”, posso semplicemente lasciare fluire la voce. In Wagner devo ovviamente lavorare di più, è un canto che richiede tutto.
Come sceglie i suoi ruoli?
All’Opera di Francoforte dipende anche dal programma della stagione. In generale sono sempre interessata a nuovi ruoli, anche se il mio repertorio centrale rimane Verdi, Wagner e Strauss.
Come si prepara per debuttare in una nuova parte? Come entra nel personaggio?
All’inizio si lavora da soli, si studia la musica, si traduce il testo se necessario. Dopo si prova con il pianista e si comincia davvero a entrare nel ruolo. E poi si lavora delle settimane con il regista, che di solito ci fa scoprire nuovi lati del personaggio. Ma non si finisce mai di appropriarsi di un personaggio, può ben essere che alla seconda o alla terza interpretazione si scoprano aspetti che prima erano rimasti in ombra.
Lei ha iniziato i suoi studi musicali come violinista. Come è passata al canto?
Ho sempre voluto cantare. Fin da bambina, con un’amica cercavano di cantare sempre più forte di tutti in chiesa la domenica. Qualche volta ci hanno perfino cacciato! Avrei voluto prendere lezioni di canto ma nella piccola cittadina dove sono cresciuta, Rheinfelden, non c’era nessun maestro. Così ho scelto il violino, lo strumento più vicino alla voce umana. In seguito ho scoperto che davvero avevo una voce e ho iniziato la mia carriera come … soprano! Ho cantato Donna Anna in un piccolo festival e dato diversi concerti. Ma avendo una tessitura molto ampia potevo cantare sia in ruoli alti che in ruoli più bassi.
Finché il suo repertorio non si è stabilizzato nei ruoli di mezzosoprano…
Cantare sempre nel registro alto del soprano non fa per me e ho fatto questa scelta. Ma tuttora posso cantare Ortrud o Kundry. La stessa Eboli sta a metà fra soprano e mezzo. E mi capita di cantare anche parti di contralto!
Nell’estate 2017 ha debuttato a Bayreuth, come Fricka nel Ring di Castorf. Cosa si prova a cantare alla Festspielhaus, più un tempio dove si rinnovano di anno in anno i riti wagneriani che un teatro?
Bayreuth è davvero qualcosa di speciale. Ne ebbi la prima illuminazione assistendo a una prova generale del Tristan condotta da Thielemann. Fu il primo contatto con la Festspielhaus e la sua acustica. Ne rimasi affascinata, incantata. Wagner concepì la Festspielhaus come un luogo esclusivo per le rappresentazioni operistiche e le voci si proiettano con facilità sopra la buca dell’orchestra che è coperta. Anche se quando si è in scena, il suono dell’orchestra arriva direttamente ai cantanti e si deve aver fiducia che anche i pianissimo raggiungano la platea.
Occorre affidarsi al direttore…
E ai coach. Cinque meravigliosi pianisti che si prendono cura della preparazione degli eventi, prova dopo prova.
Lei ha una ricca carriera dietro di sé. Ci sono dei momenti che ricorda con piacere particolare?
Ce ne sono così tanti! Forse i primi grandi ruoli? Come la mia prima Eboli a Basilea. Fu una grande emozione.
Ci sono dei teatri che ama particolarmente, a parte Francoforte dove gioca in casa?
Credo che alla fine la produzione in cui si lavora sia più rilevante del teatro in sé, anche se una buona acustica è sempre importante. Certo, ogni teatro ha le sue caratteristiche. L’opera di Chicago, per esempio, ha un’acustica eccellente, ma è immensa e c’è bisogno di proiettare la voce in maniera diversa che in teatri più raccolti.
Nelle sue interpretazioni e nei suoi recital c’è qualcosa di particolare che vorrebbe trasmettere al pubblico?
Vorrei guidare il pubblico verso un mondo diverso, farlo entrare in un altro stato d’animo. Certo, poi ci sono opere che stimolano la riflessione, come Die Passagierin di Mieczysław Weinberg, mentre altre fanno leva sulla potenza emotiva dei sentimenti e delle emozioni, come nei lavori di Verdi.
Nella sua esperienza quanto è importante il rapporto umano e artistico con il regista?
È fondamentale, soprattutto in questo mondo di “teatro di regia” (Regietheater) dove occorre trovare una forte empatia con la visione del regista. Ma bisogna sempre rimanere fedeli anche a se stessi, al compositore e alla musica.
Ci sono dei registi che l’hanno particolarmente influenzata?
Certo. All’inizio della carriera ho lavorato con l’enfant terrible del teatro musicale europeo, Calixto Bieito, con il quale feci Don Carlos a Basilea. Bieito mi aiutò scoprire un mio body language, lasciandomi completa libertà di sviluppare i movimenti e la recitazione. Mi piace poi ricordare Hans Neuenfels con cui feci Penthesilea di Othmar Schoeck, sempre a Basilea.
Parlando di regia, il ruolo dei cantanti è molto cambiato. Fortunatamente non si vedono più tenore e soprano che cantano immobili davanti alla platea. L’attenzione si è spostata sulla recitazione molto più che in passato. Adesso i cantanti lirici sono veri e propri attori. Di tanto in tanto perfino ballerini. Come vive questo approccio?
A volte è perfino più facile cantare quando si è in movimento, piuttosto che da fermi. E io ho sempre pensato che la recitazione e il canto si debbano integrare in un unicum. D’altra parte era proprio quello che Wagner richiedeva. E anche Verdi. Ma bisogna ammettere che talvolta non è facilissimo.
Come valuta la situazione dei teatri lirici in Germania e in Italia?
Non so dire dell’Italia, non ci ho mai cantato. Ma in generale penso che la musica e l’arte siano qualcosa di importante, che deve essere preservato e che deve essere sostenuto dallo Stato. La cultura ha anche un valore aggiunto economico e rende ancora più interessanti i centri internazionali d’affari come Francoforte.
In Italia c’è un gran dibattito sulla “fuga dei cervelli”, cioè sulle migliaia di giovani istruiti e di talento che ogni anno lasciano il Belpaese alla ricerca di migliori opportunità all’estero. Questo si applica anche al campo della musica. Ci sono tanti italiani che ad esempio lavorano all’opera di Francoforte.
Avere tanti colleghi italiani è una cosa meravigliosa. La nostra professione è così internazionale. Qui a Francoforte abbiamo colleghi russi, americani …. italiani, con i quali ho un’ottima intesa. Abbiamo registi, pianisti italiani. Ed eccellenti direttori italiani ospiti che lavorano con l’opera di Francoforte. A proposito, ho sempre molto rispetto quando affronto il repertorio italiano con questi direttori!
Quali sono i suoi progetti futuri?
Per fortuna ho già interpretato molti dei miei ruoli preferiti. L’anno prossimo sarò Waltraute nel Ring di Chicago. E debutterò presto come Kundry ad Amburgo. Mi piacerebbe anche rifare la “Nutrice” in “Die Frau ohne Schatten” di Strauss, un ruolo che amo particolarmente.
Ha un sogno nel cassetto?
Sì. Anzi due! Mi piacerebbe cantare in “La favorita” di Donizetti e in “Samson et Dalila” di Camille Saint-Saëns.
Avremo il piacere di ascoltarla in Italia?
Lo spero. Non ho piani concreti al momento, ma mi piacerebbe cantare in Italia.
La vedremo in un’operetta? C’è un certo ritorno del genere sui palcoscenici tedeschi.
All’inizio della carriera a Lucerna ho fatto molte parti di operetta, che sono sempre piacevoli da cantare. Bisogna però pensare che nell’operetta i ruoli femminili sono per lo più per soprano; il mezzosoprano è spesso un ruolo buffo, spesso un’anziana. La vecchia signora buffa!
Un’ultima domanda. Lei è fra i mezzosoprani più in vista con quel che ne consegue in termini di visibilità pubblica. Come riesce a mantenere l’equilibrio tra figura pubblica e vita privata?
Aver fatto la gavetta in un piccolo teatro come Lucerna mi ha temprato e sono arrivata alla ribalta internazionale in maniera progressiva, non all’improvviso. Un percorso che mi ha ulteriormente rafforzato. E poi di solito la gente non ci ferma per strada. Certo, ogni tanto capita di essere riconosciuti e che qualcuno ci dica una parola, ma sempre con molto garbo.
I social media possono invece essere un problema vero. Lì la pressione può essere proprio grande. La gente si aspetta un’interazione e qualcuno a volte diventa insistente e fastidioso e a quel punto occorre essere decisi nel porre le barriere necessarie.
Siamo giunti alla fine. La ringrazio ancora per il tempo che ci ha concesso. Sappiamo bene che è molto impegnata. Grazie mille!
Biografia artistica di Tanja Ariane Baumgartner: http://arsis-artists.com/en/tanja-ariane-baumgartner/