Tratto liberamente dal romanzo di: William Makepeace Thackeray
Riduzione teatrale e regia: Giancarlo Sepe
con (in ordine alfabetico): Francesco Barra, Sonia Bertin, Mauro Brentel Bernardi, Gisella Cesari, Silvia Como, Tatiana Dessi, Eugenio Mastrandrea, Riccardo Pieretti, Antonia Renzella, Giovanni Tacchella, Guido Targetti, Luca Biagini
Scene e costumi: Carlo De Marino
Musiche a cura di: Davide Mastrogiovanni e Harmonia Team
Preparazione canora: Giorgio Stefanori
Luci: Guido Pizzuti
Sarta di scena: Sharon Di Porto
Produzione: Associazione Teatro La Comunità 1972, Teatro di Roma
La durata dello spettacolo è di un’ora e 15 minuti, atto unico
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La chiusura della stagione teatrale 2018/2019 del Teatro della Pergola porta la firma congiunta di William Makepeace Thackeray e di Giancarlo Sepe. Il regista campano propone al pubblico uno spettacolo basato sul più famoso romanzo dello scrittore inglese, “Le memorie di Barry Lyndon”, che fu già fonte di ispirazione di uno dei più grandi film di Stanley Kubrick. Questa è una storia estremamente godibile, ma anche impegnativa. Barry Lindon è un antieroe, un libertino del XVIII secolo, descritto come un personaggio a tutto tondo, capace di suscitare diversi tipi di reazioni, dallo sconcerto alla comprensione. Infatti, nonostante Barry abbia molti lati positivi (il grande amore per sua madre, l’essere una persona coraggiosa ed – effettivamente – infaticabile), appare subito lampante come tutti i suoi vizi siano ben superiori a tutte le sue virtù anche quando prese al massimo grado: egli è lascivo, egoista senza limiti, privo di una morale che non sia l’etichetta e totalmente spregiudicato.
Le avventure di questo arrampicatore sociale arrivano allo spettatore in una messa in scena attualissima, in un continuo movimento di personaggi e situazioni, nelle quali lo studio della luce, delle musiche e dei costumi la fanno da padrone, creando giochi e scene immaginifiche, quasi fossero illusioni – quasi fossero oniriche.
L’opera cinematografica di Kubrick ha aiutato a delineare le situazioni ed i passaggi più forti, ma la trasposizione teatrale di Sepe si avvicina più ad una favola nera, gotica, raccontata in prima persona dal protagonista che sceglie il pubblico come interlocutore, come propria coscienza, alla quale rivela le idee, i turbamenti, le storie, le disavventure, i desideri, i sogni. Bugie e verità, amore ed odio: Barry Lindon, si confessa in teatro, facendo in realtà i conti con se stesso.
I dialoghi possiedono spunti in lingua inglese e francese, e le scene che si avvicendano sul palco (di fronte ad un enorme albero genealogico) prendono forma dalla mimica, dalle movenze, dall’interpretazione corale dei personaggi, dai giochi di luce, lasciando spesso la scena abbandonata ad una luce soffusa, la luce del finire dei sogni, delle memorie, dei rimpianti, della notte interpretata come un sogno perpetuo.
Rimane il rammarico del veder ridotta a soli 75 minuti un’opera intensa, in realtà ricca di azioni e di importanti snodi narrativi; la parabola discendente nella quale Barry si ritrova imprigionato non è quasi nemmeno accennata e la drammaticità dell’opera paga un caro dazio.