Dire che Fuori – Storie dal manicomio di Collegno sia un bello spettacolo è come dire che “I racconti di Kolyma” di Varlam Tichonovič Šalamov o “Se questo è un uomo” di Primo Levi (entrambi libri sui lager, russo il primo e nazista il secondo) siano due bei libri. È riduttivo, inesatto, insulso. Sono due grandi affreschi di una tragedia che, pur essendo con modalità e luoghi diversi, raccontano di come si possa annientare un uomo, distruggerlo fisicamente e psicologicamente, tendere al suo sterminio. Il paragone non vi sembri troppo azzardato, nello spettacolo di LAB22 si toccano le stesse corde, si sente la stessa angoscia e la stessa disperazione che trasuda da quei due capolavori del ‘900.
L’operazione messa in campo da Serena Ferrari e Fabrizio Rizzolo che, oltre che ad averla scritta ne hanno curato anche la regia, viaggia a più livelli. Racconta la vita quotidiana di un manicomio, famoso per una storia di perdita della memoria. Quello di Collegno. Il pubblico è portato per mano, anzi sbattuto violentemente, nelle sale dense di terrore, di urla, pianti, dei padiglioni attivi ancora pochi decenni fa. E lo fa con la forza delle canzoni, delle musiche, di attrici ed attori, ma soprattutto con un corpo di ballo incredibilmente efficace, composto da bambine, ragazze e ragazzi che, con coreografie, composizioni plastiche e scene corali, rendono il racconto reale ed assurdo allo stesso tempo.
Le storie che vengono narrate sono vere, te lo senti dentro che sono testimonianze reali, e ciò che di solito è alleggerito con aspetti romantici o ironici (mi vengono in mente tutti i film, scene televisive, o libri sull’argomento visti o letti) qui è diretto. Si vuole raccontare quello che è stato senza fronzoli, senza sdolcinature, senza se e senza ma. Ed è un pugno nello stomaco che ti porti dietro come qualcosa di cui non puoi più dire “Io non sapevo”. L’altro livello è quello dell’unire differenti modi di raccontare. Recitazione, musica, canzoni e ballo. Questo corpo di ballo, LAB22 appunto, è ricco e composito, vario e molto interessante. Mette sullo stesso piano ballerine e danzatori con capacità diverse: esperti e neofiti sono un gruppo così ben amalgamato che ti viene da chiederti se tutto è stato deciso a tavolino o se è frutto di improvvisazione e duro lavoro. Questa è la decima replica, la prima fuori dalla Lavanderia a Vapore di Collegno – un bellissimo spazio sorto nel luogo dove si lavavano fino a 9.000 divise del manicomio al giorno. E tutte sono state sold-out e ovviamente anche questa ha registrato il tutto esaurito.
Il Teatro della Concordia di Venaria è un grande luogo situato nella zona ovest della città, in mezzo al verde. Facilmente raggiungibile in auto o con i mezzi pubblici, ha un grande palco e può ospitare un pubblico numeroso. Ci sono andato per la prima volta ieri, e sono rimasto colpito dalla capacità degli addetti alla sua gestione in modo professionale. Pur essendo in numero ridotto (una decina fra impiegati alla cassa, maschere di sala e personale del bar), hanno saputo gestire senza il minimo intoppo tutto ciò che comporta un grande numero di persone, in entrata ed in uscita dall’edificio. Mi è sembrato che il pubblico, davvero numeroso e che non ha lasciato libero nessuno spazio, si sia mosso senza lamentele, senza intoppi e con molto rispetto. Cosa abbastanza inusuale nella quotidianità delle grandi masse. Tanti applausi e molte chiamate per gli interpreti, davvero numerosi, che si sono sfogati alla fine con balli e canti liberatori e hanno ricordato a noi, pubblico non ancora ripresosi dalle emozioni, che la vita continua e forse è nostro compito, proprio perché era il 25 Aprile, vigilare sulla libertà.
Lo spettacolo, nato in collaborazione con Arci Valle Susa, è stato scritto da Serena Ferrari e Fabrizio Rizzolo che curano anche la regia. Il testo è nato mescolando la cronaca e gli scritti dei giornalisti Alberto Papuzzi e Alberto Gaino, ma anche la poesia di Alda Merini e la testimonianza di Enrico Pascal, ex psichiatra del Manicomio di Collegno. «È uno spettacolo che ha molto da insegnare – dice Claudio Ferrari, presidente di LAB 22 – È una pagina di storia locale, ma anche un modo per riflettere sui muri che spesso si vogliono costruire e sulla dignità umana». A 41 anni dalla legge Basaglia e dall’abbattimento del muro del manicomio di Collegno.
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ATTORI Fabrizio Rizzolo, Ettore Scarpa, Annalisa Platania, Cristina Lella, Andrea Narducci, Paolo Bergonzi, Raimondo Livolsi, Isabella Tabarini, Tita Giunta, Alan Mauro Vai.
MUSICISTI Jacopo Angeleri, Giovanni Battaglino, Francesca Chiofalo, Marcello Iaconetti, Simone Rossetti Bazzaro.
BALLERINI Claudio D’ambrosio, Bruno Mazzone Michele Iemma. E poi i ballerini, cinquanta in tutto, d’età compresa tra gli 8 e i 28 anni, guidati nelle coreografie dalla stessa Ferrari, da Claudio D’Ambrosio, Mohamed Rekka e Annalisa Pastorino.
Sono Alessandra Benna, Sara Bertino, Alessandro Castellaneta, Elena Cicala, Sara De Vita, Eleonora Grignano, Chiara Lauritano, Giusy Malpede, Francesca Palumbo, Vanessa Rindone, Aurora Russo, Bianca Siviero, Daniel Superbo, Francesca Tria, Erik Vair, Eleonora Vecchio, Simona Vendittoli, Elisa Vincelli, Sofia Volpe, Lorenzo Zanetti, Federica Venesia, Syria Morelli, Marta Cimadomo, Asia Deiure, Giulia Simionato, Chiara Dagostino, Gaia Bagatella, Elisa Ienco, Zoe Ambrosino, Rebecca Veneziano, Martina Leone, Viviana Moglia, Viola Morelli, Marta Grignano, Desirèe Comoli, Giada Marchitelli, Margot Pernaci, Mattia Mannarino, Sara Guggino.
E ancora allievi attori: Francesca Capone, Sofia Volpe, Giusy Malpede, Giuliano Zacco, Sofia Lo Grasso, Giulia Simionato, Syria Morelli, Viviana Moglia.