È in libreria Nel nome di Dante. Diventare grandi con la Divina Commedia, che Marco Martinelli ha pubblicato per i tipi di Ponte alle Grazie. L’autore e regista, insieme a Ermanna Montanari, dell’Inferno dantesco che nell’estate 2017 è stato lo spettacolo cult di Ravenna Festival, coinvolgendo migliaia di cittadini, vincendo numerosi premi e riconoscimenti, ha scritto questa originale biografia dantesca partendo da una domanda non retorica: ha ancora senso leggere, o rileggere, la Commedia di Dante Alighieri, quella che Boccaccio definì Divina? Che cosa ha da dirci oggi il padre della nostra lingua? Probabilmente tanto. Basta mettere da parte il monumento della letteratura italiana che tutti ci invidiano, quello che si è obbligati a studiare a scuola, e considerarlo anzitutto un uomo come noi.
Il Dante in carne e ossa è stato, come tutti, ragazzo e da ragazzo ha visto la sua città, Firenze, dilaniata dal conflitto tra guelfi e ghibellini; crescendo è diventato letterato e poeta, cittadino impegnato in politica, e per questo costretto all’esilio; vittima infine della malaria verrà sepolto lontano dalla sua patria, a Ravenna. Dante aveva conosciuto la realtà dell’Inferno in Terra e l’ha trasfigurata con la forza della sua immaginazione nell’Inferno, aveva sperimentato la possibilità di ricominciare e l’ha trasposta nel Purgatorio, aveva conosciuto la potenza dell’Amore e l’ha sublimata nel Paradiso. Per capirlo occorre tuttavia sapersi accostare al poeta come ha fatto Marco Martinelli grazie all’insegnamento di un altro padre: il suo. Vincenzo Martinelli ha trasmesso al figlio la passione per questo Dante a tutto tondo, così come la curiosità per la Storia, l’interesse per le vite altrui, un senso alto della politica. «E il senso nascosto, il perché delle mie lacrime – dice Martinelli – questo mi travolgeva nella lettura, la scoperta che quel libro nascondesse e al tempo stesso a me solo rivelasse il rumore delle mie lacrime, della mia fame di vita, come se Dante lo avesse scritto proprio per me quello smisurato poema, per me, Marco di Luciana e Vincenzo. Così puoi leggerlo, giovanissimo lettore, e farlo risuonare in te quel canto fatto di tre cantiche fatte di cento canti, come se Dante nell’uscire dalla “selva oscura” della sua disperazione avesse pensato, a te e a nessun altro. Anche a sette secoli di distanza. A costo di sbagliare, di andar fuori strada, di errare: ma l’errare, si sa, è un maestro sorprendente. È un rischio da correre, è quello che ci salva. Siamo in cammino, quindi possiamo inciampare. E perderci. “Nel mezzo del cammin di nostra vita”, così inizia il racconto, in un punto della notte appena prima dell’alba, di un uomo solo e smarrito. E pieno di paura».
È quindi un libro nel nome dei padri, questo: Martinelli affianca con sapienza di stile le proprie memorie ed eventi più recenti alle parole di Dante e ai racconti del suo tempo, facendo dialogare il Due-Trecento con la nostra epoca in un percorso vivo e originale, asciutto e moderno che affonda nella rilettura per il teatro della Commedia, iniziata nel 2017 con Inferno e che, dal prossimo maggio, prevede il debutto di Purgatorio (con la coproduzione di Ravenna Festival-Teatro Alighieri e Fondazione Matera-Basilicata 2019) fino al Paradiso nel 2021, per i sette secoli dalla morte di Dante.
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L’AUTORE
Marco Martinelli, nato a Reggio Emilia, è tra i maggiori registi e drammaturghi del teatro italiano. Il ruolo che meglio lo descrive è quello di “poeta di compagnia”: le sue opere infatti nascono dall’interazione con gli attori del Teatro delle Albe, fondato nel 1983 insieme a Ermanna Montanari, Luigi Dadina e Marcella Nonni. All’inizio degli anni Novanta ha dato vita alla non-scuola, una pratica teatrale che mette in contatto gli adolescenti con i grandi classici del teatro. In lui e in Ermanna Montanari, con la quale condivide la direzione della compagnia, Marco De Marinis vede «due tra i pochi nuovi maestri della scena attuale»; Martinelli «ha firmato», secondo Renato Palazzi, «alcuni degli spettacoli più suggestivi di questi anni», mentre l’esperienza di «meticciato teatrale» tra attori italiani e senegalesi (da anni componente stabile delle Albe) è stata definita da Franco Quadri come «l’ultima riprova che la fabbrica del teatro africano è in Europa, come già ci avevano ammonito Genet e Brook». Ha vinto numerosi premi, tra cui sette volte il Premio Ubu per la drammaturgia, la regia e il progetto non-scuola. I suoi testi teatrali sono stati tradotti e messi in scena in dieci lingue. Il percorso dantesco inizia nel 2017 con Inferno (diretto da Marco Martinelli ed Ermanna Montanari; commissionato da Ravenna Festival) – progetto in tre tappe biennali di messa in scena delle tre Cantiche della Divina Commedia che culminerà nel 2021 (anniversario dei 700 anni della morte del poeta). Sempre nel solco dantesco, fedeli d’Amore è un originale poemetto scenico dove una sola voce (quella stupefacente di Ermanna Montanari) si incarica di farne suonare innumerevoli. Un concerto che evoca la morte del poeta nel 1321, per attingere alla radicalità della sua visione etico-estetica nel tempo presente.
Dal 2016 è stato nominato “presidente onorario” della CUT-Consulta Universitaria del Teatro (il presidente onorario precedente era stato Giuliano Scabia), il più importante organo universitario legato al teatro. Con questa nomina i docenti di tutta Italia hanno voluto rimarcare l’autorevolezza e l’ampia progettualità teatrale sviluppata da Martinelli sul piano della ricerca scenica e pedagogica. Per Ponte alle Grazie ha pubblicato nel 2016 Aristofane a Scampia, divertente e affascinante racconto della non-scuola dalle origini a oggi.