I soldi come molla drammaturgica, la crisi finanziaria di un piccolo istituto di credito di una provincia italiana, il capitale di una ricchissima vedova: nella rilettura registica di Damiano Michieletto, Die lustige Witwe (La vedova allegra) di Franz Lehár, l’operetta per antonomasia, diventa un musical frizzante e brioso ambientato negli Anni Cinquanta.
La nuova coproduzione realizzata dal Teatro dell’Opera di Roma con il teatro La Fenice di Venezia, in scena al Costanzi dal 14 al 20 aprile (sei recite in totale), propone la celeberrima operetta operetta su libretto di Victor Léon e Leo Stein, per la prima volta nella Capitale in lingua originale tedesca (con i sovratitoli in italiano) a restituire dignità e valore musicale a un genere spesso considerato inferiore all’opera.
“L’operetta viene generalmente considerata un genere minore, ma non crediamo sia così almeno nelle versioni più riuscite che possono coesistere in un cartellone d’opera – ricorda il Sovrintendente del teatro romano, Carlo Fuortes – abbiamo riunito un cast di cantanti molto importante, un direttore, Constantin Trinks, al debutto al Costanzi, specialista del genere, Michieletto alla regia che ha spostato l’azione nella provincia italiana rispettando il libretto e mantenendo intatta tutta la leggerezza dell’operetta”.
“La decisione di rappresentare la Vedova in lingua tedesca ne restituisce l’integrità musicale e riesce a farla apprezzare in modo più autentico” spiega il regista veneziano alla quarta presenza a Roma: dopo il bellissimo Trittico pucciniano, lo spettacolare Viaggio a Reims, il geniale La damnation de Faust premio Abbiati come miglior spettacolo dell’anno nel 2017, il regista veneziano trasferisce La vedova allegra fra banca e balere e bandisce ogni divisione di generi ripensando la storia sulla doppia tematica, economica ed amorosa, avvalendosi del fidato gruppo di collaboratori, Paolo Fantin per le scene, Carla Teti per i costumi, Alessandro Carletti per le luci, Chiara Vecchi per i movimenti coreografici.
“Quando ho cominciato a pensare alla Vedova allegra ho pensato anche a un immediato aut aut: proporla in tedesco o non proporla affatto – continua Michieletto spiegando la genesi della sua idea – tradurre l’operetta rappresenta un limite intellettuale che sembra voler mostrare tutti i difetti di un lavoro che necessita di essere tradotto. Sono anche contrario al doppiaggio dei film e in questa occasione mettiamo i sottotitoli alla Vedova proprio come li mettiamo su Mozart. Inoltre le traduzioni in italiano che esistono di questa operetta sono ridicole: credo ci si senta quasi stupidi a pronunciare parole del genere, ma in lingua originale l’operetta non deve abbassarsi alla nazionalità del pubblico e lo spettatore riesce a prenderla più seriamente. Abbiamo asciugato i dialoghi, eliminando il modo stucchevole il modo in cui l’operetta viene raccontata da alcuni personaggi”.
Una convinzione quella del regista che nasce proprio dalla sua esperienza personale a seguito del lavoro di traduzione dal tedesco delle canzoni de L’opera da tre soldi di Brecht. “Un lavoro impegnativo che mi ha fatto apprezzare la bellezza della lingua originale” continua il regista che consapevole che la Vedova sia un lavoro divertente che parla di “economia e di soldi”.
Notissima la storia che racconta di una ricchissima vedova, Hanna Glawari il cui denaro fa gola a un piccolo Stato che qui viene trasformato in una piccola banca in crisi: il direttore Zeta spinge Danilo, playboy scansafatiche e annoiato dipendente della banca, a corteggiare e sposare la ricca vedova per salvare l’istituto dal fallimento. La storia in effetti resta fedele all’originale, ma viene connaturata di maggiore concretezza e verità riportando il pubblico alla piccola provincia italiana magari con tutte le sue meschinità e non senza qualche astuto escamotage del regista.
“Ho traslato l’ambientazione originale dell’ambasciata che mi sembrava troppo sterile e posticcia e ho radicalizzato la storia per conferire veridicità trasformando la banca in una piccola banca di provincia degli anni Cinquanta dove tutti avevano fiducia estrema proprio nell’istituto bancario” sottolinea il regista che riesce ad inserire coerentemente anche gli onnipresenti balli dell’originale declinando le coreografie fra rock’n’roll, boogie-woogie, twist o charleston gli stessi che si facevano allora nelle balere e che adesso non esistono più.
“La vedova allegra parla di soldi: il punto di partenza è stato questo ma è inevitabile che le notizie quotidiane che parlano delle banche e le notizie quotidiane sulle speculazioni delle banche rappresentano un tema che viviamo tutti i giorni – continua Michieletto – Ho scelto di spostare tutto in un’epoca storica dove c’era ancora fiducia nelle banche e nella comunità: mi serviva la possibilità di divertire mantenendo la verve e la freschezza con cui l’opera e stata scritta. Ho scelto l’ambientazione delle banche perché l’idea giusta può essere lontana anni luce ma deve essere radicata con le necessità della storia. Questa lo è”.
Non solo leggerezza e divertimento in scena, ma anche sguardo alla cronaca e alla realtà perché gli anni Cinquanta coincidono “con i cambiamenti della società e rappresentano l’inizio dell’emancipazione femminile, il motore serio da innestare all’interno dell’opera” per il regista che pensa ad Hanna come a “donna frivola e frizzante, ma anche ricchissima che non dipende da nessuno, dettaglio che si nota anche nelle schermaglie con Danilo”.
La leggerezza della musica di Lehár viene affidata al giovane Constantin Trinks, tedesco, che dirige l’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma (Maestro del Coro Roberto Gabbiani), specialista del genere al debutto al Costanzi e al debutto nella collaborazione con Damiano Michieletto.
“Ho trascorso molto tempo a Roma e ho una forte connessione con questo tipo di musica: è la prima volta che dirigo La vedova allegra in versione integrale – ricorda Trinks, specialista del genere, che ha già diretto Il Ratto del serraglio di Mozart o Rosenkavalier di Strauss che hanno la stessa simile freschezza – tutti conoscono la difficoltà del direttore che si trova a dirigere l’operetta, ma questo è un capolavoro dell’operetta viennese con melodie vivaci e orchestrazione colorata che non ha mai perso la sua carica erotica e la sua carica gioiosa”.
In scena per La vedova allegra un cast dalle capacità artistiche complete, in grado di non solo di cantare, ma anche di ballare per soddisfare le complesse richieste del teatro musicale, ma anche di recitare “perché La vedova è un capolavoro assoluto che va fatto seriamente, ma non in modo serioso” sottolinea Alessio Vlad, direttore artistico del teatro.
Nadja Mchantaf è Hanna Glawari, il Conte Danilo Danilowitsch è Paulo Szot, il Barone Mirko Zeta è interpretato da Anthony Michaels-Moore, Valecienne è Adriana Ferfecka, Camille de Rossillon è Peter Sonn, Raoul de Saint-Brioche è Marcello Nardis, il Visconte Cascada è Simon Schnorr, Kromow è Roberto Maietta, Njegus è Karl-Heinz Macek. Ma ci sono ben cinque i talenti di “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera coinvolti in questa produzione, Timofei Baranov nel ruolo di Bogdanowitsch, Rafaela Albuquerque in quello di Sylviane, Irida Dragoti di Olga, Andrii Ganchuk di Pritschitsch, Sara Rocchi Praskowia.
“Non si parla solo di soldi, ma anche amore e la sessualità – conclude il regista – per questo ho utilizzato il personaggio di Njegus che diventa un Cupido simbolico attraverso la gestione di un ventaglio che scatena tradimenti come accade ne il ventaglio di Goldoni e che racconta la storia della moglie di Zeta che tradisce il marito. Njegus diventa un personaggio metateateale che custodisce gli intrecci amorosi per giocare liberamente con il materiale dell’operetta”.
La Lezione di Opera del Maestro Giovanni Bietti su La vedova allegra si terrà lunedì 15 aprile, alle ore 20.00, al Teatro Costanzi, dopo la “prima” di domenica 14 aprile (ore 19), trasmessa in diretta su Rai Radio3, La vedova allegra di Lehár verrà replicata martedì 16, mercoledì 17, giovedì 18 (alle 20), venerdì 19 alle 18 e sabato 20 alle 16.30. Per informazioni: www.operaroma.it.