produzione L’Associazione l’Altro
di Marco Todisco
con Andrea Luceri, Ornella Lorenzano, Federico Baldini, Benedetta Orlando, Luca Perrone, Marco Todisco
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L’omologazione del pubblico alle consuetudini, a livello di fruibilità dell’arte, è asservimento totale alle grandi insegne dei nuovi media. Gli spazi di rappresentazione scenica sono sempre più ristretti (o sono proprio stretti). Le persone sono sempre più impegnate sui social network e faticano a scegliere tra gli innumerevoli eventi sparsi per le grandi città nelle quali vivono ormai tutti. Le prenotazioni non vanno più di moda, perché fino all’ultimo istante non si sa cosa fare, specie se si deve scegliere lo spettacolo di uno sconosciuto di talento. Più passano gli anni e più il peso delle mancate occasioni sferza come un macigno sulle ambizioni degli attori e degli autori che li mettono in scena con cuore e coraggio, incitandoli ad applaudire cretini da cretini. In sostanza, è un po’ quello che sceglie di fare Marco Todisco con i suoi amici e collaboratori: un po’ come intingerli nella tempera e pannellarli designandone le traiettorie sbilenche, così tanto da sbatterli in scena come panni umidi e appiccicosi che non si scrostano più dalle fondamenta dei materiali di cui è fatta la stessa, funzionali all’occasione da palco. Un palco da foto-ricordo, palchetto da rimpatriata tra fedeli del teatro di bassa lega che fatica a creare rumore se non con grida, pernacchie e scorregge, oltre a squallidi riferimenti sessuali da pochi eletti. Perché crederci fino in fondo è sempre un dovere, anche se nel dominio pubblico si fatica a rientrare. Quando le spalle son gracili e malferme e le occasioni scarseggiano, la rovina è dietro l’angolo. Quell’angolo scenico da dove sbucano in continuazione attori e personaggi (gli attori hanno i loro stessi nomi e cognomi, a eccezione di Andrea Luceri che mette in scena l’alter ego dell’autore), voci, improperi, battutacce che valgono quanto stilettate a forma di pernacchia, luci e ombre, tra scena, proscenio, fuori scena, biglietteria e spazio regia. Una dimensione creativa ribaltata, dove lo scambio di ruoli, personaggi, situazioni, ha tratti parossistici tipici della farsa, capace di viaggiare oltre lo schema della commedia degli equivoci, con cambi repentini di punti di vista e un audace gioco degli spazi scenici vagamente lubitschiano. Ne adottano le prerogative con costumi e modularità comiche differenti e gagliardo spirito di ribalta i bravi Ornella Lorenzano, Federico Baldini, Benedetta Orlando, Andrea Luceri e il musicante Luca Perrone, il personaggio più ridicolizzato dalla banda di comici. Ogni tentativo di rappresentazione di sé nel proprio tempo che “s’adda fare”, nonostante c’è chi pensi sempre al reiterarsi quasi musicale de “o cazzo”, è motivo di scherno, discesa verso il ridicolo, sarabanda delle e sulle insolenze, nella quale tutti i personaggi amano sguazzare, latitando nella villania, perché resta poco altro e si rischia di scadere persino nella logorrea degli illusi e dei disillusi. Ma la motivazione intrinseca è chiara, evidente: la scena è tutta loro e nessuno in città potrà togliergliela, almeno per un’ora e mezza abbondante, un’ora e mezza per sperare ancora, nonostante tutto.