Dopo “Terroni” in cui ha portato in scena la testimonianza civile di Pino Aprile sulla sopraffazione subita dal Sud per realizzare l’Unità d’Italia, Roberto D’Alessandro lancia la sua invettiva contro la straripante virulenza politica della Lega, che sta colonizzando il Paese.
Oltre a interpretare con pathos e dirigere con levità il monologo, l’attore calabrese si è anche scritto il testo in cui ha trasposto tutta l’indignazione di appassionato meridionalista che ancora una volta vede il meridione invaso da idee e finalità che non appartengono alla sua storia e alle sue radici culturali.
Su una eterea trama di quotidianità casalinga in cui il protagonista deve affrontare il confronto con la moglie sulle minute problematiche dell’accudimento della figlia e delle spese crescenti, si innesta la questione ideologica di un uomo che si sente tetragono nell’adesione ai suoi valori civili e morali, ma si scopre ricattabile sul fronte economico delle pressioni coniugali.
È un autore teatrale che sta scrivendo il suo nuovo spettacolo per rivelare i soprusi che il Sud continua a subire nella destinazione delle risorse finanziarie, sempre più relegato a un ruolo marginale nel Paese con l’accusa di frenarne l’economia, e le falsità con cui il Nord denigra le potenzialità di una terra e di un popolo sempre più depredato delle sue risorse intellettuali e naturali.
Inaspettatamente e proditoriamente gli arriva la proposta di Ermengarda Brambilla, rappresentante della Lega nella IV circoscrizione dell’Italia meridionale, di candidarlo alle prossime elezioni.
Che fare?
La dirittura morale quale paladino dei diritti negati impone di rifiutare. Le sollecitazioni familiari, considerati gli emolumenti e i benefit riservati ai politici che consentirebbero di sanare l’economia domestica, spingono ad accettare.
Qual è il prezzo degli ideali e quanto il dovere di mantenere la famiglia può piegare la coscienza?
Tra tormenti e cedimenti, il protagonista arranca, opponendo specularmente i valori etici della battaglia per abbattere i pregiudizi radicati sui meridionali e frenare l’ascesa leghista che ingloba coloro che prima definiva “terroni”, agli incontestabili vantaggi economici e pratici che otterrebbe decidendo di indossare la cravatta verde.
Tra ideologia e potere, la verve comica e dissacrante del menestrello delle tematiche del dilaniato meridione d’Italia dà sfogo a un ampio ventaglio satirico, facendo ridere digrignando i denti, contrapponendo perfino la pastiera al panettone. Gli intermezzi musicali di Mariano Perrella e Marco Raoul Marini consentono fisiologiche pause alla foga dialettica.