Una dodicesima edizione particolarmente ricca di proposte culturali per questo Etnofilmfest, il rinomato festival dedicato alla produzione documentaristica italiana, sempre capitanato dal regista e antropologo Fabio Gemo, che quest’anno titola: “Eros e Thanatos”.
A Monselice, Padova, dal 30 maggio al 2 giugno potremo assistere alla visione di straordinari documentari in concorso, giudicati da una giuria d’eccezione. A corollario del concorso cinematografico, come di consueto, un parterre di grandissimi ospiti. Da Vittorino Andreoli a Silvano Agosti, da Cecilia Mangini a Mirco Melanco, da Saturno Buttò a Roberto Tombesi e Corrado Corradi, da Adriano Madaro ad Alessia Zielo e Laura Liberale, tra i tanti altri.
“Una rassegna – dice il presidente della Provincia di Padova – che è diventata un punto di riferimento per chi ama il cinema. Il tema di quest’anno fa riflettere su Eros e Thanatos in quanto elementi complementari nella vita di ogni uomo, sempre stati oggetto di interesse fin dall’antichità. Due eterne facce della stessa medaglia, due forze opposte che regolano la vita, ma proprio per questo indissolubilmente legate l’una all’altra. Sarà una rassegna particolarmente interessante e prestigiosa soprattutto per le occasioni di approfondimento che consentirà ai cittadini. Etnofilmfest, giunta alla dodicesima edizione, è cresciuta moltissimo e porta l’immagine di Monselice nel mondo. Si tratta di un festival praticamente unico a livello nazionale che nel corso degli anni si è radicato intensamente nel territorio”.
“Da sempre la mia indagine di documentarista e antropologo – spiega Fabio Gemo, direttore artistico del Festival – mi ha portato ad investigare i meandri profondi della vita umana. Quest’anno affronteremo Eros e Thanatos, rispettivamente pulsione di vita e pulsione di morte, due poli fondamentali della vita umana: impulsi creatori e distruttori del mondo”.
Un’edizione all’insegna del teatro, della filosofia, dell’antropologia, del cinema, dell’arte e della cultura. Per quattro giorni Monselice diventerà il “place to be”. Sono moltissimi, infatti, gli amanti del festival a giungere nella cittadina padovana per assistere alle proiezioni e per incontrare i mostri sacri del cinema documentaristico.
Il festival seleziona una rosa tra i migliori documentari prodotti in Italia, da sempre fanalino di coda delle grandi produzioni documentaristiche che vedono altri Stati, come Francia, Inghilterra ma anche Spagna, investirvi grandi finanziamenti, nonostante l’Italia vanti, invece, veri e propri mostri sacri nel settore, come ad esempio Cecilia Mangini che anche quest’anno onora l’Etnofilmfest con la sua presenza.
Cecilia Mangini è una delle più importanti esponenti italiane del cinema documentario, e arriva a Monselice reduce dai successi della croisette. Cecilia Mangini, che esordì nel 1958 con Pierpaolo Pasolini e che vanta la regia di oltre 40 documentari, reportage fotografici, e sceneggiature ha recentemente esordito come attrice a Cannes nel film “Vif – argent” di Stéphane Batut, recitando in francese a 91 anni. Il film tratta di una particolare riflessione sul “rapporto interscambiabile tra la vita e la morte”, argomento che ben si collega alla complessità delle tematiche che quest’anno verranno affrontate all’Etnofilmfest. Cecilia Mangini incontrerà il pubblico sabato 1° giugno alle ore 10.00 al Museo San Paolo intervenendo su “Creatività e Montaggio”.
Altro pilastro della cultura cinematografica ospite all’Etnofilmfest quest’anno è Silvano Agosti. Regista e scrittore, nel 1967 esordisce alla regia con il lungometraggio “Il giardino delle delizie” con musiche di Ennio Morricone. Il giardino delle delizie fu invitato da una commissione composta da Fritz Lang, Jhon Ford, Jean Renoir e Monte Hellman all’Expo universale di Montreal come uno dei dieci migliori film prodotti nel mondo in quell’anno, nonostante la censura cui fu sottoposto in Italia. Ma Silvano Agosti è anche il regista del celeberrimo documentario “D’amore si vive”. Incontreremo Agosti il 2 giugno alle 17.00 al Museo San Paolo mentre il suo documentario verrà proiettato dopo la premiazione dei vincitori del concorso il 2 giugno. “D’amore si vive” è una ricerca durata tre anni nella città di Parma. “Ecco il risultato della ricerca: la tenerezza staccata dalla sensualità e dall’amore produce ipocrisia, la sensualità priva di amore e di tenerezza produce pornografia, l’amore senza sensualità e tenerezza produce misticismo – spiega Agosti – Infatti, l’attuale società è una società ipocrita pornografica e mistica”.
Quanto espresso da Silvano Agosti è sicuramente in sintonia con la poetica di Saturno Buttò, uno tra i massimi pittori contemporanei inscritto nel movimento della pittura figurativa italiana d’eccellenza. Etnofilmfest accende i suoi riflettori proprio inaugurando una sua personale “La morte di Re Tsongor” a cura di Barbara Codogno il 30 maggio alle 18.30 a Villa Pisani. L’opera di Saturno Buttò è caratterizzata da una personalissima interpretazione formale dell’arte sacra europea e da una perizia tecnica impeccabile, che ricorda quella dei grandi maestri della nostra tradizione pittorica. Rituali figurati, tableaux vivants, neogotiche pale d’altare sono le creazioni con cui l’artista indaga da sempre gli affascinanti misteri di una “oscura religione”: quella della innata sensualità del corpo e della sua profonda spiritualità.
Interessante la riflessione che affronterà Vittorino Andreoli sabato 1° giugno alle 18.00 al Museo S. Paolo indagando su: “Eros e Thanatos nel tempo presente”. Psichiatra di fama mondiale, autore di innumerevoli saggi, Vittorino Andreoli, è specialista in Psichiatria e Neurologia. Una vera e propria istituzione culturale, sempre in prima linea affrontando temi difficili quali la follia. Testimone attento dei fenomeni sociali che lo psichiatra legge alla luce della sua lunghissima esperienza clinica e grandissima intelligenza e umanità. Andreoli all’Etnofilmfest parlerà di pulsioni, di amore, di vita e di morte. Un aspetto che ha indagato a partire dalla sua personale riflessione sulla vecchiaia, argomento difficile, scomodo, un tabù non ancora sdoganato.
Gli appuntamenti culturali di intrattenimento quest’anno prediligono il teatro. Si comincia con Hamletmachine spettacolo teatrale liberamente tratto dall’Hamletmachine di Heiner Müller ideato e diretto da Fabio Gemo con Elena Agugiaro, Emanuele Boscolo, Vanna Lionello, Anna Matterazzo, Camilla Mingardo, Nicola Pasetti. Scritto nel 1977, liberamente tratto dall’Amleto di Shakespeare, l’opera di Heiner Müller continua ad esercitare la sua agghiacciante influenza sul teatro contemporaneo. “Il mio principale interesse quando scrivo teatro è distruggere le cose. Per trent’anni sono stato ossessionato da Amleto, così ho scritto un breve testo, Hamletmachine, con il quale ho cercato di distruggere Hamlet (…) il mio impulso più forte è quello di ridurre le cose al loro scheletro, strappando la carne e la superficie. (…) Penetrare dietro la superficie per vedere la struttura “(Müller 1996). Lo spettacolo si terrà il 30 maggio alle 21.15 nella ex Chiesa di Santo Stefano.
Altro importante appuntamento teatrale sarà con “Itinerari per SCANO BOA in viaggio con Gian Antonio Cibotto” di e con Fabio Gemo – voce narrante; Roberto Tombesi – canto, organetto, mandola; con la partecipazione di Corrado Corradi – concertina e voce. Lo spettacolo teatrale si terrà sabato 1° giugno alle 21.15 all’ex Chiesa di Santo Stefano. A poco più di un anno dalla scomparsa di Gian Antonio Cibotto, un viaggio tra i paesaggi e le riflessioni di uno dei più importanti interpreti e conoscitori del Polesine e del Veneto. Itinerari per Scano Boa è uno spettacolo teatrale in forma di concerto dove lo sguardo dello scrittore diventa il filo rosso per incontrare paesaggi della terra veneta e figure del mondo culturale care a Toni, da Comisso a Rigoni Stern, da Zanzotto a Palmieri. In un ipotetico viaggio con la sua Mini-Minor, Cibotto ci porta a riflettere sul Veneto di ieri e di oggi, dove spesso la nostalgia di un mondo oramai alle spalle è motivo di meditazione sulla perdita di valori e di rapporti umani assai cari allo scrittore.
La voce narrante di Fabio Gemo e le musiche di Roberto Tombesi si intrecciano in una tela che accompagna lo spettatore a immergersi nella poetica di Cibotto e nei suoi sguardi acuti e pungenti sulla propria terra.
Spazio all’antropologia con Adriano Madaro, giornalista, sinologo, membro del Consiglio direttivo permanente dell’Accademia Cinese di Cultura Internazionale con sede a Pechino, membro del Consiglio direttivo del Ce.Ve.Sco (Centro Veneto Studi sulle Civiltà Orientali) dell’Università di Venezia, Presidente della Italy-China Museums Alliance, autore di 20 libri sulla Cina. Nel suo intervento “Il culto dei morti in Cina” che si terrà il 1° giugno all’ex Chiesa di santo Stefano alle ore 16.30 Madaro racconterà come quella cinese sia l’unica grande civiltà che non ha mai avuto una religione, supplita con le filosofie (Confucianesimo e Taoismo) e con il culto degli antenati, che in definitiva è il culto dei morti. Da qui la specificità della cultura cinese che nei millenni si è sviluppata separatamente dal resto del mondo producendo, nelle varie epoche, modelli sociali diversi e perfino conflittuali, fino a raggiungere, nei tempi moderni, un successo planetario per quanto riguarda lo sviluppo economico. Il legame strettissimo con le filosofie del passato, nelle quali il culto dei morti è centrale perfino a livello politico, chiarisce la “diversità” del mondo cinese rispetto a quello occidentale.
E ancora con Alessia Zielo e Laura Liberale nell’incontro “Dimensioni contemporanee di Eros e Thanatos” che si terrà domenica 2 giugno alle 16.00 sempre nell’ex Chiesa di Santo Stefano e che titola: “Pornografia della morte: paesaggi mediatici contemporanei e finzioni oscene”. Strategie postume e postumane di riscrittura dell’identità: da Platone alla Pandroginia; dalla plastinazione dei corpi all’immortalità digitale. Alessia Zielo è una archeo-tanatologa, docente al Master in Death Studies & The End of Life presso l’Università degli Studi di Padova, ha svolto attività di ricerca nell’ambito della archeologia preprotostorica, occupandosi in particolare dei riti funebri e delle modalità di deposizione delle sepolture. Mentre Laura Liberale è Tanatologa e indologa, filosofa, docente di scrittura al Master in Death Studies & The End of Life presso l’Università degli Studi di Padova, autrice di saggi, raccolte di poesie e romanzi.
Si parlerà ancora di Cinema il 31 maggio alle 10.00 al Museo San Paolo con l’intervento di Mirco Melanco, docente di Cinema del Reale presso l’Università di Padova, che affronta un tema che è parte congenita del cinema e della sua storia: come si riconosce un film del reale? Quali sono gli ingredienti che lo fanno appartenere a questa forma? Come si deve procedere per fare un documentario senza elementi di finzione che lo contaminino? L’intervento anticipa l’uscita del nuovo libro di Melanco (prevista per la fine dell’estate 2019) intitolato “Cinema tra contaminazione del reale e politica” (edito da: Fondazione Ente dello Spettacolo). Mirco Melanco è professore associato all’Università di Padova dove insegna Cinema del reale e Laboratorio di videoscrittura al DAMS e Storia e teoria della sceneggiatura e Laboratorio di sceneggiatura applicata alla Specializzazione Magistrale in Produzioni Multimediali.
I documentari in concorso quest’anno spaziano da dimensioni intime quali l’adolescenza o estreme, come la mafia. Si viaggia dal Kashmir indiano fino ad analizzare il conflitto indopakistano. Si torna in Sardegna per parlare della accabadora una donna che praticava un’antica forma di eutanasia ma anche dei canti dei pastori. Si viaggia fino in Vietnam dove il rapido sviluppo e la richiesta di legname a basso costo stanno trasformando le foreste.
A decretare i vincitori una giuria d’eccezione composta da Donatella Davanzo, antropologa culturale e fotografa documentarista, si dedica allo studio della spazialità, tema approfondito sia in ambito filosofico che antropologico. Luca Immesi, si laurea in Mass communication and Broadcasting. Si specializza in Filmmaking alla New York University e nel 2009 fonda la società Esperimentocinema srl con Giulia Brazzale.
Eduardo Masset, argentino, documentarista, si è laureato in Mezzi di Comunicazione Audiovisivi, per poi specializzarsi in Cinema e Televisione all’Università Nazionale di Córdoba in Argentina. È uno dei creatori del Festival Internacional de Cine de la Patagonia FICP.
Etnofilmfest si è da sempre confermato una importante realtà culturale, divenendo nel tempo punto centrale di una riflessione internazionale che spazia dal cinema documentario fino ai grandi temi della cultura e dell’attualità, con oltre 3.000 presenze nella scorsa edizione.
Il festival quest’anno è dedicato alla memoria di Luigi di Gianni, recentemente scomparso. Un pilastro della documentaristica mondiale, amico fraterno di Fabio Gemo con il quale ha fondato, proprio a Monselice, la prima scuola di documentaristica italiana. Di Gianni che con i suoi documentari ha fermato su pellicola con intimità unica, i rituali magico-religiosi di un sud Italia ormai scomparso, collaboratore dell’antropologo Ernesto De martino, fu uno dei 40 “corsari” della RAI.
Ricordiamo che tutte le proiezioni e gli eventi culturali in calendario sono a ingresso libero.
Per info su programma: www.etnodramma.it
Il festival è patrocinato dalla Provincia di Padova con il contributo del Comune di Monselice.