produzione Baracca Vicidomini
in collaborazione con La Fabbrica dell’Attore
di e con Nicola Vicidomini
e con Miriam Vicidomini, Saro Zero
collaborazione ai testi Gennaro Di Maio
musiche Piero Umiliani
sensori scenici Luca Buoninfante e Claudio Attonito
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In scena ancora il 26 maggio al Teatro Vascello di Roma la furia da comico animale del cosiddetto comico morente Vicidomini.
Il Mito del Fauno romano strascica sulla scena zoccoli e orecchie appuntite del comico morente Nicola Vicidomini, e al suo seguito una figura caprina, totalmente asservita, almeno inizialmente, al suo letterale vomitare sproloqui beffardi. Tutto è ovattato e naturale attorno agli uomini-animali, in scena. Ma il consumismo si affaccia dalle rupi che furono, facendo sprofondare la ragione umana. “Il problema dell’uomo è che si è sempre più allontanato dalle sue origini e abitudini animali”, afferma l’autore/attore che con la sua comicità deborda dalla scena, grazie a quella fisicità tipica di chi, a contatto con la natura, non può che diventare un altro da sé. Il corpo del Fauno, tanto quanto la sua voce, preda di una sorta di possessione “purgatoria” in faccia e in testa al pubblico, travalica i confini del noto televisivo, frulla le cervella disumane generando poltiglia interculturale, pappa reale del nonsense, trama grottesca e bislacca di un’esistenza triviale. Ed è qui che la sessualità, al pari del disfacimento umano e morale, viene a galla, complice la seminudità, in tutta la sua scurrile bestialità. Efetti di luci, voci, disturbi telefonici e comunicazioni di sorta, si rincorrono sulla scena con parodistici effetti minatori. Se nella prima parte dello show, Vicidomini lavora in maniera eccelsa su ritmo, tendenze, cadenze, nella seconda, si accosta decisamente di più, anche se sempre a debita distanza, alla commedia all’italiana: lo scherzo, la barzelletta, il terrore per l’inconoscibile, generano corto circuiti vanesi di realtà parallele che fanno schizzare trame e sottotrame nella memoria lontana, quasi extraterrestre, della lunaticità del folle poeta della trasandatezza e delle volgarità nostrane. Batte e ribatte, sbatte, pilifero uomo di bassa lega eretto a suprema sanguisuga del prossimo, come il prossimo a cui affidarsi quando si è in difficoltà ed è troppo preso dai propri problemi. Tutto questo, dentro un impiantito di effetti sonori di tutto rispetto, dove si nidificano le musiche di Piero Umiliani, tessitura che fa breccia nelle volute disarmoniche di un comico di grande originalità. Egli occupa un posto a sé stante, in questo nuovo atto ulula immonde immondizie del terzo mondo nel guado dei disservizi del Duemila, nell’evidente degrado civile in capo alle fosche nevrosi che hanno finito per intaccare anche il divino. Sembra poter dire: Fauno c’è. Sempre e comunque.