Una mostra per scoprire la potenza e la magia dell’immagine, nell’evoluzione che a poco a poco l’ha trasformata in visione dinamica e finalmente in proiezione cinematografica: “Il giorno e la notte. Dal vedutismo al cinema muto” titola l’affascinante percorso espositivo che, dal 25 maggio al 13 ottobre 2019, sarà di scena nella Galleria Sagittaria di Pordenone. Un progetto a cura di Carlo Montanaro e Giancarlo Pauletto che attinge dal caleidoscopico Archivio Carlo Montanaro e propone acqueforti, cromoliti, albumine, imbibizioni e viraggi, ma anche oggetti come la camera ottica, “mondo novo (o niovo)” e megaletoscopio che ci accompagneranno attraverso il percorso della prima forma di spettacolarizzazione delle immagini, in una “filiera” sino alle soglie della magia del cinema muto.
A tredici anni da un’altra meravigliosa mostra fra immagine e cinema firmata da Carlo Montanaro, ecco dunque un nuovo percorso espositivo, il numero 456 della Galleria Sagittaria di Pordenone, che si inaugura sabato 25 maggio, alle 17.30. Promossa dal Centro Iniziative Culturali Pordenone, organizzata in collaborazione con La Fabbrica del Vedere, la mostra ha il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e di Fondazione Friuli, con la collaborazione de Le Giornate del Cinema Muto. Resterà visitabile fino al 13 ottobre 2019, dal martedì alla domenica, dalle 16.00 alle 19.00. Ingresso libero. In Galleria il catalogo della mostra, con un intervento di Giovanni Montanaro. Attivabili a richiesta le visite guidate per gruppi e scuole. Info CICP tel.0434.553205 www.centroculturapordenone.it
«Ricordiamo con emozione la mostra Prima dei Lumière. Oggetti documenti immagini avanti e attorno al cinema. Dalla collezione Carlo Montanaro di Venezia, allestita nel settembre del 2006 alla Galleria Sagittaria – spiega la presidente CICP Maria Francesca Vassallo. Era una mostra che, al di là della sua piacevolezza, invitava a riflettere sulla potenza della comunicazione non solo cinematografica, e soprattutto, con i suoi materiali, invitava a riflettere sulla deviazione spettacolare e pubblicitaria che la comunicazione stessa poteva assumere, con conseguenze non necessariamente positive. Grazie alla collaborazione con Carlo Montanaro proponiamo oggi un’altra bellissima mostra che gli appassionati certamente apprezzeranno: si va da una grande Veduta del Prato della Valle di Canaletto, strepitosa testimonianza del vedutismo veneziano, a vedute d’ottica di grande impatto visivo, a splendide fotografie ottocentesche, a oggetti ottici di rarissima reperibilità, il tutto precisamente specificato in un prezioso catalogo a cura del Collezionista».
«I grandi artisti e vedutisti veneti, a cominciare da Canaletto – racconta Carlo Montanaro – non solo dipingevano ma anche incidevano paesaggi e scorci urbani delle città allora conosciute, che artigiani meno illustri e capaci copiavano o reinventavano in alte tirature. E finalmente, da una matrice, si cominciava a realizzare copie. Acqueforti che poi, nelle mani di fantasiosi e loquaci intrattenitori, dopo essere state colorate e traforate, e inserite in apparecchiature dotate di lenti d’ingrandimento, potevano essere illuminate dal davanti oppure per trasparenza, ottenendo l’effetto luministico del passaggio dal giorno alla notte. Ecco allora le immagini piuttosto verosimili, realizzate con l’ausilio della camera oscura, uno strumento per prendere appunti, da riportare poi nel proprio atelier. Ed ecco la prospettiva resa automatica dall’utilizzo delle lenti, riletta tramite un ulteriore sistema ottico che la rendeva quasi tridimensionale. Dalle acqueforti, semplificando il procedimento di stampa, si giunge alle meno costose cromolito, dotate di un supporto semitrasparente, per immagini da inserire in maneggevoli apparecchietti-giocattolo. E poi ancora le fotografie in bianco&nero, a loro volta colorate posteriormente e inserite: è accaduto per la prima volta a Venezia nel 1864, con l’ottico Carlo Ponti, nel “Megaletoscopio”, per simulare, con il cambio dell’illuminazione, il passaggio giorno/notte. Come presto accadrà nel visore per le immagini 3D, nel frattempo commercializzato, sempre a partire dagli anni ’60 dell’800. Il “chiaro di luna” trasfigura, con Carlo Naya, a Venezia, i paesaggi più diversi in rappresentazioni tra il romantico e il fiabesco: anche le immagini del “mondo novo” si adegueranno, aiutate dalla tecnica della “dissolvenza incrociata” nel buio della sala da proiezione. E i colori uniformi saranno poi alla base dei racconti del cinema muto …».