Il Django Festival è una nuova realtà ma si è già dimostrato capace proporre un programma artistico di qualità. Giunto quest’anno alla seconda edizione, oltre ad ospitare diversi gruppi già affermati in Italia (Note Noire, Accordi Disaccordi, Four on Six, Melamanouche) il festival è riuscito a portare sul suo palco artisti di calibro internazionale quali Angelo Debarre e Sebastien Giniaux. Come si intuisce dal nome e dai partecipanti il festival è stato dedicato interamente alla musica manouche ed alla figura di Django. Oltre ai concerti il festival si è animato anche grazie alle diverse attività collaterali proposte: esposizioni di liuteria, masterclass di chitarra e balboa e sala da ballo con musica dal vivo. Menzione d’onore va fatta alle numerose jam session; queste, capaci di catalizzare gli appassionati del genere, hanno reso il festival un punto di ritrovo per i cultori della chitarra e non solo un’occasione per sentire buona musica. Lo Spirit de Milan grazie alla sua atmosfera ed alla possibilità di fruire di diversi spazi, all’interno e all’esterno, è stato la cornice perfetta per questa iniziativa.
Angelo Debarre è un mostro sacro della chitarra, uno dei musicisti grazie ai quali oggi conosciamo il manouche. Negli anni Ottanta Angelo è stato protagonista insieme a Stochelo Rosenberg, Biréli Lagrène, Dorado Schmitt e diversi altri, di una grande ondata di revival che ha portato il genere alla fama e diffusione odierna. Angelo Debarre si presenta in trio con il figlio Raangy Debarre alla chitarra ritmica e Fabricio Nicolas al contrabbasso. Per quanto possa sembrare scarno come organico ad Angelo non serve nulla di più: la musica è come una tela bianca e con una sconvolgente naturalezza dipinge la sua fantasia. È chiaro quanto questa musica affondi le sue radici nello stile di Django, anche dopo più di settant’anni Django continua ad essere fonte ed ispirazione inesauribile per gli amatori quanto per i professionisti.
La chitarra di Angelo ha toni caldi nelle frequenze medie e appuntiti e chiari in quelle alte. Nell’alternare lirismo e ossessività il decano della chitarra sfoggia tutta la sua maestria in ornamentazioni a cavallo tra barocco e bebop. Veloce come un fulmine ma chirurgico nei movimenti Angelo regala emozioni vere, rende l’ascoltatore prima meravigliato, poi invidioso e infine commosso. Charles Mingus nella sua autobiografia Peggio di un Bastardo descrive lo swing come “quella cosa che ti fa battere il piede sul due e sul quattro”: definizione più azzeccata non esiste per raccontare l’atmosfera di questa serata. Unica pecca la durata della performance, 40 minuti scarsi, senza nemmeno un bis concesso.